Internazionale

Il laotiano Ling dal carcere alla porpora

Il papa lo ha conosciuto di persona nel gennaio scorso quando, con l’altro vescovo laotiano Tito Bachong, Louis-Marie Ling ha raccontato a Francesco il periodo trascorso in carcere, al tempo in cui il Laos, nazione del sud-est asiatico, era governato dai comunisti Pathet Lao. Bergoglio rimase impressionato dalla sua storia, dal racconto mite e sereno. Soprattutto perchè Ling riconosce la mano di Dio nelle sue sofferenze: «Il carcere fu un tempo di privazione materiale, ma non spirituale: non potevo celebrare messa ma ero io stesso un sacrificio vivente gradito a Dio. Quello che ogni battezzato è chiamato a essere nella vita», ha raccontato il vescovo laotiano in una intervista a Vatican Insider.

Louis-Marie Ling Mangkhanekhoun, vicario apostolico di Paksè e amministratore apostolico nella capitale Vientiane, è stato scelto da papa Francesco per diventare il primo cardinale del Laos. Un evento storico per la piccola Chiesa locale (circa 45mila persone, meno dell’1% della popolazione di 7 milioni di abitanti), formata da mini-comunità sparse nei villaggi rurali, nella foresta pluviale o sulle impervie montagne. Comunità tribali composte anche da poche famiglie, molto diverse tra loro per etnia, usi, costumi: sono i gruppi indigeni hmong, khmou, akha, oltre a mon, khmer, tibeto-birmani, e altri.

A uno di questi gruppi, i khmou (presenti nel nord del Laos e nel sud della Cina) appartiene il 73enne vescovo Ling, che attualmente guida il Vicariato di Paksè, territorio dove vivono 1,3 milioni di persone ma solo 15mila cattolici, con sette preti, nove religiosi e 16 suore. Unico figlio maschio in una famiglia con cinque sorelle, il piccolo Louis-Marie è stato battezzato nel 1952 dalla mamma, che si era convertita al cattolicesimo, dopo l’arrivo dei missionari nel suo villaggio. La famiglia ha accettato con onore ma anche con un filo di fatica il suo desiderio di studiare in seminario. Nata la vocazione al sacerdozio, Ling è stato inviato in Canada per gli studi di Filosofia e Teologia. Lì si unisce all’Istituto Voluntas Dei.

Tornato in Laos, trova una nazione nel pieno della guerriglia, scatenata dai militanti comunisti che prenderanno il potere nel 1975. La sua ordinazione sacerdotale avviene in fretta e furia, nel 1972, in un campo profughi, e il giovane Prete vive anni di attesa e di timori, durante i quali non manca un soggiorno in carcere, dal 1984 al 1987, condiviso con l’altro confratello sacerdote Tito Bachong.

Liberato, dopo alcuni anni Ling può tornare nella sua provincia natale, Paksè, prima come prete, poi come vicario apostolico. Da 17 anni Ling guida la comunità locale in un cammino che l’ha vista crescere gradualmente nella testimonianza evangelica, resa con uno spirito di mitezza e benevolenza in un contesto a volte ostile. Solerti funzionari locali, infatti, restano interpreti fin troppo rigorosi di una legislazione sulla libertà religiosa che – sia pur sancita pienamente nella Costituzione del 1991 – risente ancora del restrittivo approccio comunista.

Da alcuni anni la condizione dei cattolici laotiani è visibilmente migliorata: i vescovi hanno un’unica Conferenza episcopale con i presuli cambogiani, godono di libertà di movimento, partecipano alle attività organizzate dalla Santa Sede (come il Sinodo o le visite ad limina), hanno intessuto buone relazioni con le autorità civili.

È felice il vescovo Ling quando pensa che solo pochi mesi fa la sua comunità ha vissuto un evento storico: la celebrazione pubblica di beatificazione dei martiri laotiani, una festa con oltre 7mila fedeli, che definisce «un vero miracolo per noi».

Una celebrazione impensabile fino ad alcuni fa, che sancisce l’inizio di una nuova era per la Chiesa locale. Nella liturgia tenutasi l’11 dicembre 2016 nella cattedrale di Vientiane sono stati beatificati 17 martiri, tra missionari e laici laotiani. Tra loro anche il sacerdote Joseph Thao Tien, il primo prete laotiano, ucciso nel 1954, e cinque catechisti indigeni.

Nel 2017 il vescovo Ling potrà ordinare un nuovo sacerdote e, nel suo vicariato, diverranno otto i preti, tutti laotiani. Anche questo è un passo importante: le attività pastorali procedono con serenità, con visite alle famiglie cattoliche, celebrazione dei sacramenti, corsi di catechismo. «Tutto è opera di Dio. Noi seguiamo solo l’ispirazione dello Spirito Santo», confida il Vescovo.

Ling è uomo di speranza e, nel vivere la sua esperienza di fede, guarda al futuro della sua patria e della Chiesa laotiana con fiduciosa attesa: con l’apertura economica e politica del Laos e l’ingresso nello spazio dell’Asean (l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico), tutto è divenuto più facile. L’aiuto pastorale di preti e suore da Thailandia, Vietnam, Cambogia potrà aiutare la Chiesa locale, dato che i cittadini dei paesi Asean non necessitano del visto per l’ingresso in Laos.

La storia di Ling ricorda, in piccolo, quella dell’arcivescovo vietnamita Nguyen Van Thuan, poche settimane fa proclamato venerabile dalla Santa Sede. La sua porpora è un segno di grande incoraggiamento per la comunità dei battezzati in Laos che Ling ama chiamare «la mia chiesa bambina». E che quindi affida «alle mani amorevoli della Madre Maria».

(Paolo Affatato / Vatican Insider)

26 Maggio 2017 | 12:12
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