La straordinaria avventura ancora oggi di dire «Sì alla vita» nella Svizzera italiana

«Penso – scriveva la scrittrice italiana Natalia Ginsburg – che la questione dell’aborto è forse la questione più complicata, più delicata, più triste che esista; una zona dove muoversi è ben difficile».

È proprio in questa zona «difficile» che l’associazione «Sì alla vita» della Svizzera italiana, si muove da esattamente 45 anni, da quando, cioè, il dibattito sull’interruzione volontaria della gravidanza è divenuto, in Svizzera, un tema politico. Sin dal suo nascere l’associazione sceglie la via del lavoro discreto sul terreno, rispetto ai toni accesi che il dibattito pubblico terrà intorno al tema e che culminerà nel 2002 in una legge federale che introdurrà la cosiddetta «soluzione dei termini» che prevede la depenalizzazione dell’interruzione della gravidanza nelle prime 12 settimane. Scenari d’altri tempi, verrebbe da dire, perché oggi l’interruzione di gravidanza sembra aver cessato di smuovere animi e coscienze ed essere scivolata dai banchi dei politici e dalle manifestazioni di piazza, nel ristretto, privatissimo spazio della decisione individuale. Per lo più delle sole donne anzi, spesso, della donna sola. È in questo incontro ravvicinato, che da sempre «Sì alla vita», opera.

Chi sono oggi, avvocato Carlo Luigi Caimi, presidente di «Sì alla vita», le donne che si rivolgono a voi?

La tipologia iniziale, quella di ragazze molto giovani, è rimasta. A questa si è aggiunta quella delle donne, intorno ai quarant’anni che rimaste incinta entrano in conflitto con se stesse e la loro cerchia familiare ».

E vengono da voi per dei colloqui o per ricevere degli aiuti concreti?

«Per entrambe le cose. Dopo aver visto la documentazione, siamo molto rapidi nell’entrare in materia e offrire il nostro aiuto. L’ente pubblico, invece, ha i propri tempi e le proprie regole da seguire».

Quindi, al contrario di quanto forse si è portati a pensare, voi date una mano importante non solo perché un bambino possa venire al mondo, ma anche perché famiglie con bambini possano vivere dignitosamente…

«Sì, è accaduto anche durante questa pandemia: mi sono trovato confrontato con canoni di locazione arretrati, con fatture di cassa malattia non pagate… In epoca Covid-19, ci siamo spinti ad aiutare famiglie con bambini già quasi adolescenti…»

Immagino che in 45 anni sia cambiato anche il vostro modo di lavorare?

«Certo. Se in passato molti erano i gruppi locali, che su base volontaria nelle singole parrocchie, sostenevano le attività di «Sì alla vita», oggi chi lavora all’interno dell’associazione, ha una formazione professionale. I nostri collaboratori sono professionisti del settore, anche perché la collaborazione coi servizi sociali esige che siano sullo stesso piano».

«Oggi – conclude Carlo Luigi Caimi – per fortuna non esiste più che una donna sola rimasta incinta, venga pubblicamente additata, però resiste lo stigma sociale. Soprattutto per le persone che provengono da realtà culturali diverse dalle nostre. Però è bello vedere che alla fine, anche situazioni che all’inizio sembravano disperate, possano evolvere: un bimbo è sempre portatore di cambiamento! Eh sì: è davvero una fantastica avventura la nostra!».

Per ulteriori informazioni rinviamo al sito (sìallavita.org) o allo 091 966 44 10.

17 Maggio 2020 | 18:00
Tempo di lettura: ca. 2 min.
Condividere questo articolo!