Marco Lavizzari con la moglie e i sei figli.
Ticino e Grigionitaliano

La storia di Marco, venuto alla luce due volte

Dalle tenebre alla luce: sembra ironico utilizzare questa espressione per introdurre la storia di un non vedente, eppure il racconto di Marco Lavizzari racchiude proprio una storia di resurrezione interiore, nella quale dalla sentenza della malattia che lo condanna alla cecità, riesce a trovare il coraggio per rialzarsi e la forza per testimoniare ogni giorno che la vita è bella e val la pena di essere vissuta anche nelle situazioni più difficili.

Marco con il cane Unja.

Nato a Bellinzona ma residente da anni a Poschiavo, sposato con sei figli e dieci nipoti, Marco, che allora aveva 40 anni, inizia ad avere problemi di vista nel 1994 e al termine dell’anno seguente la perde completamente a causa di un glaucoma. Le numerose operazioni che si succedono in quegli anni nulla servono e Marco diventa cieco, anche se in lui rimane viva la speranza nella medicina, perché un giorno possa regalargli «la possibilità di riavere anche solo un po’ della vista per poter tornare a rivedere il volto di mia moglie e dei miei cari». È lui a confidarci il racconto di questa «seconda vita» cominciata in salita: «All’inizio – racconta Marco – non è stato facile accettare questa nuova situazione che mi ha ostacolato la quotidianità fino ad impedirmi di continuare a lavorare come disegnatore professionista. Mi sono ritrovato al buio, totalmente inerme con tutta la mia fatica. Grazie alla mia famiglia e ai miei figli ho trovato la forza per andare avanti; il Signore non mi ha mai abbandonato, in Lui ho sentito fin da subito il sostegno spirituale di cui avevo bisogno. Ho impiegato più di due anni ad accettare la mia situazione: un giorno, grazie ai miei figli, è scattato qualcosa in me e ho riniziato a vivere. Mia moglie è sempre stata la mia luce, il lume che mi faceva andare avanti: se non sono andato in depressione è grazie a lei. La famiglia è stata fondamentale». «La mia professione – continua Marco – non l’ho più potuta fare ma ho imparato a fare altre cose e a coltivare tante passioni sportive. Adoro ad esempio stare in mezzo alla natura, dove attraverso gli altri sensi e alla persona che mi accompagna riesco a percepirne la bellezza che mi circonda. Negli anni ho trovato la mia autonomia anche grazie al cane che mi accompagna dappertutto».

Ma perché il Signore permetteva una sofferenza tanto grande proprio a lui, giovane padre di famiglia? Una domanda che nei primi anni assillava Marco e alla quale non riusciva a trovare risposta. «Col tempo ho capito che il Signore ha permesso questa situazione perché attraverso di essa potevo portare una buona testimonianza agli altri». Marco, come strumento nelle mani di Dio, inizia a portare la sua storia nelle scuole o negli incontri di catechismo per sensibilizzare i ragazzi, educandoli alla relazione con i non vedenti. «È meglio accendere un lume che maledire l’oscurità», è la frase che Marco pronuncia sempre al termine dei suoi incontri, «perché quando ci si trova in difficoltà, che sia a causa di una malattia o di un grave problema, ci si lascia spesso maledire dallo sconforto, e invece è bene lasciare sempre aperto uno spiraglio di luce, perché fino a quando c’è vita c’è speranza in tutto. Aver perso la vista ha significato dovermi riorganizzare in tutto, cambiare il mio stile di vita e le mie abitudini, rendere più forti gli altri sensi per poterli utilizzare in sostituzione degli occhi, ma sono convinto che la vita rimanga sempre e comunque qualcosa di stupendo».

A questo link la puntata di Strada Regina del 18 aprile 2020 con la storia di Marco: https://rsi.ch/play/tv/redirect/detail/12954071

Silvia Guggiari

Marco Lavizzari con la moglie e i sei figli.
5 Aprile 2021 | 19:27
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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