La situazione drammatica di Aquarius si sblocca

Si è sbloccata la situazione della nave Aquarius della ong SOS Mediterranée che era in attesa da sabato notte del permesso di attraccare in un porto della Sicilia per fare sbarcare i 629 migranti che ha salvato in diverse operazioni nei giorni precedenti. Il governo italiano ha negato alla Aquarius il permesso di arrivare in Italia e ha chiesto al governo di Malta di farsi carico dell’accoglienza dei migranti a bordo. Malta ha rifiutato sostenendo che spetti all’Italia ricevere la nave in base al diritto internazionale. Mentre aspetta di ricevere istruzioni su cosa fare, la Aquarius sta navigando in modo circolare tra Malta e la Sicilia. In condizioni normali, dopo grandi operazioni di salvataggio come quelle degli ultimi giorni, la Aquarius sarebbe arrivata in un porto del sud Italia per fare sbarcare tutti i migranti. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha però deciso di negare alla nave il permesso di attraccare in un porto italiano. Nelle ore precedenti c’erano già stati due grossi sbarchi di migranti in Italia: 232 erano sbarcati sabato nel porto di Reggio Calabria, soccorsi dalla nave della ong Sea Watch, e altri 220 circa erano sbarcati a Pozzallo. Ora è il premier spagnolo ad accordare alla nave il permesso di attraccare nel porto di Valencia per far sbarcare i migranti in Spagna.

La situazione dei migranti sulla nave

«Questa è una nave che può ospitare al massimo 500-550 persone, perciò siamo oltre il limite. Abbiamo cibo, medicine e coperte ancora per pochi giorni, non più di 2 o 3. Poi non so che accadrà…». Aveva dichiarato alcune ore fa Aloys Vimard, il capo progetto di Medici Senza Frontiere a bordo della nave Aquarius. «Per noi — sospira il dottore — la salvezza dei rifugiati dovrebbe venire prima di ogni considerazione politica…». «Quando sono saliti a bordo — racconta Vimard — erano evidenti su molti di loro i segni del lungo viaggio, della fuga dalla Libia, delle violenze subìte dai trafficanti di uomini. Erano tutti disidratati, ma ora li abbiamo nutriti, reidratati e stanno abbastanza bene. Non ci sono casi gravi, per ora».

Papa Francesco e quella prima visita a Lampedusa

È ancora vivissima nelle nostre memorie la visita di papa Francesco cinque anni fa proprio a Lampedusa. Nell’omelia della messa che aveva tenuto sull’Isola gremita di lampedusani e immigrati, aveva parlato chiaro:  «La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti «innominati», responsabili senza nome e senza volto. «Adamo dove sei?», «Dov’è tuo fratello?», sono le due domande che Dio pone all’inizio della storia dell’umanità e che rivolge anche a tutti gli uomini del nostro tempo, anche a noi. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro! Ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni».

«Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io», aveva proseguito, «ma Dio chiede a ciascuno di noi: «Dov’è il sangue di tuo fratello che grida fino a me?». Oggi nessuno si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parla Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo «poverino», e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza».

«Tanti di noi, mi includo anch’io, siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri. E quando questo disorientamento assume le dimensioni del mondo, si giunge a tragedie come quella a cui abbiamo assistito».

Tragedie che, purtroppo, anche oggi, in queste ore, si ripetono. `Per comprendere di più il lavoro della nave Aquarius, rivedi il documentario del nostro giornalista Francesco Muratori e di Mauro Triani.

Agenzie/red

11 Giugno 2018 | 10:47
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