Ticino e Grigionitaliano

La scuola riparte anche se non si è mai fermata

Chiusura della scuola, 13 marzo 2020: una data che allievi, docenti e genitori non dimenticheranno mai. La scuola in pochi giorni ha dovuto reinventarsi «a distanza», in un contesto difficile, nel solco profondo di un’onda emotiva che ha colpito tutti. 

Sfruttando le risorse dei docenti, la loro creatività e le moderne  tecnologie, si è cercato di preservare il nocciolo del triangolo educativo allievo – docente – sapere, nonostante gli evidenti limiti della scuola a distanza (che non sarà mai come la scuola in presenza). Per la prima volta nella storia la scuola, per non abbandonare la sua missione, è letteralmente entrata nelle case delle famiglie, con video lezioni, piattaforme didattiche o schede lasciate nella buca lettere. 

Questi due mesi di isolamento sociale sono stati come una bolla spazio-temporale in cui abbiamo dovuto rinunciare a molte libertà, ad affetti, a pratiche di vita che davamo per scontate. Sono convinto che i nostri bambini, ragazzi e giovani vadano pubblicamente ringraziati perché hanno dimostrato un enorme senso civico, maturità e perseveranza nel compiere il loro dovere sia di discenti (continuando con il loro apprendimento) che di cittadini (con il distanziamento sociale). 

Oggi, lunedì 10 maggio, ci sarà un nuovo inizio, una specie di nuovo primo giorno di scuola, anche se l’atmosfera sarà strana, con effettivi ridotti, norme di igiene e di distanza sociale, mentre attorno è primavera inoltrata… In questo nuovo cambio di paradigma (un’ennesima sfida per i docenti e le direzioni scolastiche), in cui la scuola ripartirà seppur continuando ancora a distanza, occorrerà guardarsi negli occhi e assieme che cosa è capitato negli appartamenti e nel cuore di ragazzi e giovani che hanno passato due mesi «sospesi». 

Mentre si vanno delineando scenari socio-economici poco rassicuranti sul futuro, la scuola rappresenta un baluardo esistenziale a cui affidare il compito di ripartire e di ritracciare il futuro. Credo che la scuola – nella bellissima definizione di Massimo Recalcati – debba essere un luogo di un’educazione intesa anche come un «ex-ducere«,  da tradurre come un «portare altrove, in un altro luogo«. Sarà necessario darsi il tempo di ritrovarsi, di ascoltarsi, di capirsi, per andare oltre e ritrovare i luoghi rassicuranti del sapere e della cultura.  Sarà necessario capire chi siamo diventati e come siamo cambiati, che corde interiori sono state toccate. Ma la memoria e la comprensione del presente dovranno sfociare anche in uno sguardo di futuro: ora bisogna immaginare, sognare e tracciare nuove traiettorie, nuovi scenari, nuovi futuri. Saranno i giovani – con noi dietro – a ripartire.

Il mondo della scuola si deve ora interrogare sulla sua missione. Il corrente anno scolastico è un vero e proprio laboratorio di sperimentazione con tre tipi diversi di scuola (in presenza, a distanza e mista) che nonostante tutto sta mettendo in evidenza la possibilità di integrare maggiormente le tecnologie (piattaforme ma anche social) con gli insegnamenti tradizionali.  Il covid -19 ha imposto una specie di «scuola che verrà» (bocciata dal popolo) costruita con insegnamenti su griglie flessibili, modalità di insegnamento personalizzate, differente collocazione tra lavoro in aula e lavoro a domicilio (modello della «classe rovesciata»). 

Ogni ripartenza è una nuova occasione. Don Dino Pirri, prete italiano attivo sui social, su twitter ha scritto: «spero che alla fine di questi giorni strani non diventiamo migliori, ma nuovi«.

Davide De Lorenzi

11 Maggio 2020 | 09:57
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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