La fede di un innocente condannato al carcere

Ha fatto scalpore la notizia dell’incontro avvenuto ieri, a margine dell’udienza in piazza San Pietro, tra papa Francesco e Tomasz Komenda, un quarantunenne polacco condannato nel 2000, a causa di qualcuno che aveva sporto una falsa testimonianza al carcere. Una prigionia che si è conclusa 18 anni dopo quando i giudici della corte suprema, riaprendo il processo, hanno accertato la sua innocenza. All’epoca della falsa accusa Tomasz aveva 23 anni e venne condannato per violenza ed omicidio di una ragazza polacca di appena 15 anni.

Il carcere -come a raccontato Tomasz ieri all’Osservatore romano- è stata «un’esperienza particolarmente dura, anche per il trattamento che viene riservato a quanti sono accusati di delitti così gravi e di abusi contro i minori». Eppure, confida, non solo non ha perso la fede ma proprio la preghiera e l’unione con Gesù lo hanno letteralmente salvato.

E così il suo primo atto «da uomo libero» è stato venire a Roma in pellegrinaggio. In cella non ha mai perso la speranza di poter pregare, un giorno, davanti alla tomba di san Giovanni Paolo II. Di più, «l’abbraccio e le parole di Papa Francesco — confida — mi danno quel coraggio di rimettermi in gioco e fare di quei diciott’anni d’inferno un motivo di riscatto».

(agenzie/red)

14 Giugno 2018 | 06:05
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