Ticino e Grigionitaliano

La conversione è alla portata di tutti quanti

Il vangelo di domenica 27 settembre – XXVI domenica del tempo ordinario – ci invita a meditare su due virtù che sono indispensabili per il cammino di fede: la penitenza e la perseveranza. Ancora una volta, Gesù ci offre una parabola ambientata in una vigna. La vigna è nel linguaggio evangelico il simbolo della comunità dei credenti, ossia della Chiesa. Domenica scorsa avevamo visto che la paga del padrone, ossia di Dio, va oltre misura a causa del suo amore infinito, che sa vedere i bisogni reali di ciascuno. Un amore pertanto gratuito, perché in sovrabbondanza, ma non privo di condizioni: bisogna comunque lavorare nella vigna, anche solo per un’ora, per ricevere la paga.

La parabola di oggi si collega direttamente a quest’ultima considerazione. Ancora una volta, il padrone della vigna – cioè il Signore – chiama a lavoro altri personaggi. Questa volta non si tratta di gente inoccupata nelle piazze, cioè non si riferisce a coloro che sono persi e inattivi. Questa volta si tratta di coloro che già conoscono la vigna, sono cioè i credenti battezzati. I figli sono due, perché due sono i possibili atteggiamenti che il battezzato può avere nei confronti della vocazione alla santità, che costituisce il fine ultimo del lavoro di perfezionamento su se stessi.

Il primo atteggiamento è quello di colui il quale, chiamato a lavoro, rifiuta: «non ne ho voglia» (Mt 21,29). Il verbo greco è molto forte: ou thèlo – «non lo desidero». Pur avendo ricevuto il battesimo, desideriamo altre cose, che ci distraggono dalla vera meta, e rimandiamo il da farsi a tempi migliori ma indeterminati. Eppure, il richiamo di Dio, che all’epoca di Gesù si era manifestato nella predicazione di Giovanni Battista e che continua ancora oggi negli appelli e negli insegnamenti della Chiesa, getta spesso un seme nel cuore dell’uomo, un seme che genera pentimento, cioè tristezza per il male compiuto, per il bene rifiutato. Il pentimento muta la volontà ed ecco che il primo figlio si volge indietro e va a lavorare nella vigna per diventare santo. Gesù paragona questo primo modello di credente con i pubblicani e le prostitute, coloro che, pur avendo vissuto secondo i desideri della carne (il danaro, il sesso, etc.), accolgono la predicazione e cambiano vita, perseverando nella grazia.

Il secondo atteggiamento è quello di colui il quale, chiamato a lavoro, aderisce entusiasticamente. Tuttavia, anche la volontà di questo secondo figlio è debole. Si tratta di una debolezza diversa, che si palesa quando si comprende che il lavoro nella vigna include fatica e nascondimento tra le viti. È una debolezza causata anch’essa da desideri contrari, ma si tratta di desideri diversi da quelli del primo figlio, desideri che non si manifestano nella carne, ma nello spirito: superbia e invidia. Sono i peccati degli scribi e dei farisei, che Gesù paragona a questo secondo modello di credenti. Anch’essi appartengono al popolo eletto – immagine della Chiesa – eppure non fanno la volontà del Padre. Niente paura: anche il secondo figlio può cambiare vita e perseverare come il primo. Per questa ragione Gesù rivolge questa parabola ai farisei, senza stancarsi, così come ancora oggi la Chiesa continua ad annunciare questo meraviglioso messaggio di salvezza.

(gaetano masciullo)

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27 Settembre 2020 | 07:29
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