La Chiesa: no al gioco d'azzardo, devasta le famiglie

Il gioco d’azzardo è un fenomeno sempre più dilagante in Italia con migliaia di slot machine. Nel 2016 la raccolta dei proventi è cresciuta dell’8% rispetto all’anno precedente, raggiungendo la quota record di 95 miliardi. Da sempre la Chiesa è in prima linea per arginare il fenomeno. Al microfono di Elisa Mariella, don Maurizio Mirilli, parroco della chiesa del Santissimo Sacramento, nel quartiere romano di Tor de’ Schiavi, da dove ha dato il via alla campagna «Non giocarti la vita»:

R. – È una situazione tenebrosa quella che esiste. La nostra realtà è quella di tante famiglie che si giocano letteralmente gli stipendi, la vita, le case, per il gioco d’azzardo, per le slot machine. Il fenomeno è molto più vasto di quanto si possa immaginare. Io mi sono trovato di fronte a tante situazioni di pensionati che si giocano la pensione, di padri di famiglia che rischiano di rimanere per strada, di persone attaccate dagli usurai perché poi magari loro sono i primi a darti i 50 euro che ti servono per continuare a giocare. E dai 50 euro poi si passa tranquillamente alle migliaia, le decine di migliaia di euro: gente che è costretta a vendersi le case pur di pagare i debiti. Insomma, è una piaga veramente molto dolorosa.

D. – A Tor de’ Schiavi, dove lei opera, quante sono le persone coinvolte? Di quante storie è ormai abituato a sentir parlare? Quante persone ha aiutato?

R. – Nei due anni da quando sono parroco qui, ho affrontato una decina di casi. Naturalmente sono tanti di più, perché coloro che escono un po’ allo scoperto sono la minoranza. Ce ne sono tantissimi altri che avrebbero bisogno di essere aiutati, ma che invece rimangono nel nascondimento perché c’è tanta vergogna. Io dico sempre che non è che si deve vergognare colui che in qualche modo è vittima di questa malattia; si dovrebbero vergognare coloro che lucrano sulla pelle di queste persone ammalate.

D. – Di quante slot machine stiamo parlando?

R. – Tante! In questi ultimi anni, molti esercizi commerciali, molti bar, a volte anche per affrontare i loro problemi economici, si affidano alle slot machine per avere un guadagno piuttosto facile. Il fenomeno sta dilagando, per cui sotto casa chiunque è tentato da queste macchinette. Addirittura ci sono locali in cui, 24 ore su 24, si può andare a giocare, anche di notte.

D. – Qual è più o meno l’età media? È anche possibile trovare magari dei ragazzini, dei diciottenni, dei ventenni?

R. – Il problema è che questa ludopatia comincia sin da bambini e non finisce più. Io mi sono trovato di fronte a padri di famiglia di 50 anni, come donne anziane, come anche a ragazzini di quindici anni. Anzi: la soglia si abbassa sempre di più, perché il controllo di fatto non c’è.

D. – Nel momento in cui si ha a che fare con un ragazzino, come si fa a far capire a questo ragazzo che è il caso di smettere?

R. – Come tutte le dipendenze, l’approccio deve essere duplice: da un lato, ovviamente, ci deve essere l’aspetto repressivo, il controllo. Bisogna evitare di avere queste macchinette sotto casa. C’era stata la proposta di legge che diceva che queste slot dovevano essere almeno a 500 metri di distanza dalle scuole, dalle chiese, ecc. Poi purtroppo, con mio rammarico, devo dire che lo Stato è complice su questa cosa, perché questa legge non è passata. La repressione è fondamentale: evitare che ci siano occasioni di tentazioni sotto casa. E adesso sotto casa nei hai quattro o cinque di questi posti. Poi, ovviamente, c’è tutto il discorso preventivo educativo: i genitori sin da bambini devono aiutare i ragazzi a evitare di crescere anche con i giochi sul cellulare, per esempio. C’è infatti questa tendenza, purtroppo, di alcuni genitori, di fare la ricarica telefonica per far giocare i bambini, i ragazzi, ai giochetti sul cellulare, online. Proprio lì inizia la dipendenza, perché dal gioco banale poi si passa facilmente al gioco ripetitivo, continuativo, davanti alle slot machine.

(Da Radio Vaticana)

13 Febbraio 2017 | 12:01
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