Commento

Il volto sorprendente della Chiesa nella culla dell’Islam

Ad Abu Dhabi, dal 2017, c’è una moschea dedicata a Maria, la «madre di Gesù». È stato il principe Sheikh Mohammad Bin Zayed Al Nahyan, vice-comandante supremo delle Forze armate degli Emirati Arabi Uniti, a chiedere che il luogo di culto musulmano venisse ri-intitolato con il nome di «Maryam ›umm Isa». Una scelta – spiegò a suo tempo il principe – messa in atto per «consolidare i legami di umanità fra fedeli di religione diversa» e richiamare «i molti punti in comune tra islam e cristianesimo».

Nel Paese della Penisola arabica che Papa Francesco si appresta a visitare, l’attuale leadership punta ad accreditare la tolleranza inclusiva come distintivo della propria strategia politica interna e internazionale. Tre anni fa i governanti hanno istituito il Ministero della Felicità e della Tolleranza, che ha anche il compito di «affermare la tolleranza come valore fondamentale della società degli Emirati Arabi Uniti». Sull’avveniristico canale di Dubai è stato costruito anche il «Ponte della Tolleranza».

La Chiesa dei lavoratori

Negli Emirati, come in altre nazioni della Penisola arabica, l’ordine costituito di matrice islamica ha funzionato da scenario paradossale per un singolare fenomeno di fioritura ecclesiale. Negli ultimi decenni, i flussi di migrazione per motivi economici (gli stessi che in Europa sembrano angosciare sedicenti difensori della identità europea e delle sue «radici cristiane») hanno fatto confluire nei Paesi della penisola anche milioni di cristiani in cerca di lavoro. Nei soli Emirati vivono più di 800mila cattolici di decine di nazionalità diverse, a cominciare dagli indiani e dai filippini.

Una cristianità multilingue e multicolore, cresciuta in maniera gratuita, non «organizzata», senza il concorso di alcuna strategia missionaria di evangelizzazione, sorta a partire da interessi vitali e concreti che spingevano e spingono milioni di persone a lasciare le proprie terre d’origine per cercare uno stipendio decente presso i pozzi di petrolio, nei cantieri dell’espansione edilizia, nelle case dei ricchi locali, o nelle reti di servizi e infrastrutture che crescono con lo sviluppo economico e finanziario dell’area.

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| © unsplash
1 Febbraio 2019 | 12:35
Tempo di lettura: ca. 1 min.
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