Il Vaticano per la prima volta alla Biennale Architettura di Venezia

La Santa Sede partecipa per la prima volta alla Biennale di Architettura di Venezia con un padiglione di dieci cappelle costruite nell’isola di San Giorgio da altrettanti architetti provenienti da tutto il mondo.

 

«Questa iniziativa è il punto terminale di un lungo itinerario cominciato con una esperienza negativa e spero possa continuare dopo di me», ha detto il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, presentando l’evento in Sala stampa vaticana. «Tra fine Ottocento e prima metà del secolo scorso vi è stato una sorta di divorzio dell’arte e della fede, due sorelle che per secoli avevano camminato insieme sia perché percorrevano spesso percorsi paralleli e sia perché la Chiesa è stata non di rado grande committente delle opere che si trovano nelle nostre città. Ora, invece, le loro strade si erano divaricate. La Chiesa se n’è andata per conto suo, costruendo anche brutti edifici sacri: ne ho anche io esperienza quando celebro l’eucaristia in luoghi impressionanti, sale, o, per citare Turoldo, garage sacrali con i fedeli parcheggiati di fronte a Dio… La causa di tutto questo risiede in due limiti: il primo è che tante volte si sono voluti ricalcare gli stili precedenti, e così troviamo chiese neogotiche, chiese neoclassiche, copie insomma, che come sempre rispetto all’originale sono sgraziate. E, in secondo luogo, nella formazione ecclesiastica si è un po’ abbandonata la formazione estetica e artistica, e così la sensibilità è venuta meno e si è voluto inseguire il moderno soltanto orecchiandolo. L’arte, da parte sua, se n’è andata su una strada sua, con percorsi a volte molto autoreferenziali. Eppure il dialogo tra arte e fede è ancora necessario. Marc Chagall non esitava a dire che «per secoli i pittori hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che era la Bibbia», il «grande codice» della cultura occidentale, come la definiva un altro artista, William Blake. È un dialogo che in architettura ha già registrato tappe significative e che, a livello generale, è iniziato già a metà del secolo scorso non solo attraverso l’opera di teologi e di pastori ecclesiali sensibili ma anche nella voce dello stesso magistero ufficiale della Chiesa, a partire da Paolo VI col suo incontro nel 1964 nella Cappella sistina con gli artisti, per procedere poi con la lettera a loro indirizzata nel 1999 da san Giovanni Paolo II, col nuovo incontro di Benedetto XVI nella stessa Cappella sistina nel 2009». E che, ora, dopo che la Santa Sede ha già partecipato alla Biennale d’Arte di Venezia (nel 2013 con un padiglione che ruotava attorno all’«In principio Dio creò il cielo e la terra…» della Genesi e nel 2015 con l’incipit del Nuovo Testamento, «In principio era il Verbo… e il Verbo carne divenne»), fa un ulteriore passo avanti.

 

La XVI Mostra internazionale di Architettura, che si svolgerà dal 26 maggio al 25 novembre ed è diretta da Yvonne Farrell e Shelley McNamara, è intitolata quest’anno Freespace, che, spiega la stessa Biennale, rappresenta la generosità e il senso di umanità che l’architettura colloca al centro della propria agenda, concentrando l’attenzione sulla qualità stessa dello spazio. La mostra sarà affiancata da 65 partecipazioni nazionali negli storici «Padiglioni ai Giardini», all’arsenale e nel centro storico di Venezia. Sono sette i paesi presenti per la prima volta: Antigua & Barbuda, Arabia Saudita, Guatemala, Libano, Mongolia, Pakistan, e, appunto, Santa Sede.

 

Il padiglione vaticano non sarà composto da modelli grafici o progetti architettonici, ma una vera e propria sequenza di dieci cappelle costruite da altrettanti architetti nella suggestiva cornice del bosco dell’isola di San Giorgio, nella laguna. «La visita alle dieci Vatican Chapels – ha spiegato Ravasi – sarà una sorta di pellegrinaggio, un itinerario nel bosco che in tutte le tradizioni è il luogo del silenzio, della meditazione, della penombra dove la luce schermata permette lo sviluppo dell’interiorità».

 

Il progetto per il padiglione della Santa Sede – le cui spese sono sostenute dai costruttori «mecenati» e dagli studi architettonici coinvolti – ha spiegato in conferenza stampa il suo curatore, Francesco Dal Co, deriva da un modello preciso, la «cappella nel bosco» costruita nel 1920 dal celebre architetto Gunnar Asplund, ma mentre questi realizzò la sua opera nel cimitero di Stoccolma, gli artisti chiamati a realizzare le dieci cappelle hanno lavorato senza alcun riferimento ai canoni comunemente riconosciuti e senza poter contare su alcun modello dal punto di vista tipologico. Da qui, una grande varietà di modelli, materiali utilizzati sempre nel rispetto dell’ambiente particolare in cui si inseriscono le cappelle, retroterra culturali, dal celebre architetto britannico Norman Foster al giapponese Terunobu Fujimori, esperto architettura zen, dall’italiano Francesco Cellini allo statunitense Andrei D. Barman, dal paraguaiano Javier Corvalan Espinola ai catalani Flores&Prats, dalla giovane brasiliana Carla Juacaba al cileno Smiljan Radic Clarke, dal portoghese Eduardo Souto de Moura allo studio veneziano di Francesco Magnani e Traudy Pelzel all’autraliano Sean Godsell che, allievo dei Gesuiti, ha inteso la sua opera come una cappella mobile che può viaggiare in giro per il mondo. «Sono cappelle più grandi di quanto si possa immaginare, potrebbero anche rimanere dove vengono costruite», ha chiosato Dal Co.

 

Il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, presente in Sala stampa vaticana per l’occasione, ha sottolineato che «l’iniziativa si inserisce profondamente nella storia di Venezia, nella storia di incontri che l’hanno resa grande e nella sua cifra di universalità», auspicando che il Padiglione possa sviluppare ulteriormente la «vocazione costante di Venezia che guarda a Occidente, a Oriente e a tutto il mondo».

 

Paolo Baratta, presidente della Biennale, ha sottolineato che solitamente l’organizzazione non fa pressioni affinché i paesi partecipino, «ma in questo caso – ha detto – mi sono permesso di sollecitare la partecipazione di un soggetto, la Santa Sede, che nella storia è stata protagonista di opere e spazi pubblici che hanno plasmato le nostre città».

Iacopo Scaramuzzi – VaticanInsider

21 Marzo 2018 | 07:30
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