Ticino e Grigionitaliano

Il ricordo di Edda Frigerio, la «mamma» del Madagascar

Un quarto di secolo di volontariato e attività «sul campo», in Madagascar. È un traguardo significativo quello raggiunto dall’Associazione per la raccolta dei fondi Ambalakilonga Madagascar (ARFAM), con sede a Chiasso. I festeggiamenti sono però accompagnati da un velo di tristezza. Edda Frigerio, anima e cuore dell’associazione e residente da anni nel Paese africano con il marito Marzio, è infatti deceduta negli scorsi giorni.

«Mamma, consigliera, guida spirituale: fino a sei mesi fa, prima che la malattia insorgesse, Edda ha potuto essere per le ragazze malgasce un punto di riferimento insostituibile». A parlare è padre Cristiano Baldini di Cugnasco, amico di lunga data della coppia e impegnato a far conoscere la loro opera. 10 anni fa si era recato a Fianarantsoa, in Madagascar, con uno dei figli della coppia, Paolo, per conoscere da vicino il progetto.

Nata per assistere gli orfani dell’Orfanotrofio cattolico di Fianarantsoa – una delle città più popolate del Madagascar, ubicata in zona collinare nel centro sud del paese – la cooperativa ARFAM, nel tempo, ha iniziato anche a sostenere la formazione professionale necessaria all’inserimento dei giovani malgasci nella vita attiva. A tale fine nel 2006 è stato costruito il foyer dell’Orfanotrofio centro professionale nel quale le ragazze – in buona parte provenienti dall’orfanotrofio – imparano l’arte della sartoria garantendosi un futuro ed il mantenimento in un paese tra i più poveri al mondo.

«L’idea di Edda e Marzio è stata, fin dall’inizio, quella di offrire dignità ai giovani malgasci attraverso il lavoro e la fede, con uno stile tipicamente evangelico», racconta padre Cristiano.

«La loro esperienza – ricorda – inizia dopo una vacanza a Haiti, in cui, usciti dall’ambito turistico, si sono trovati confrontati con l’impressionante povertà del luogo. Da persone di fede molto sensibili, in quell’occasione si resero conto di dover fare qualcosa per tutte quelle persone che, nel mondo, vivevano in condizioni di estrema povertà. Si indirizzarono così ai Gesuiti di Milano, per ricevere una formazione che li aiutasse poi a ripartire per aiutare. Furono proprio i Gesuiti a indirizzarli verso il Madagascar».

«Di scuole in Madagascar ce ne sono tante perché tante sono le congregazioni religiose che nel tempo si sono interessate al luogo. Quello che mancava erano però i posti di lavoro, la possibilità cioè per i ragazzi, una volta usciti dalle scuole, di impiegare il sapere acquisito, invece di finire sul ciglio di una strada a chiedere la carità. I coniugi Frigerio hanno intercettato proprio questa necessità, quella di lavorare, che è l’esigenza primaria di qualsiasi essere umano».

«Edda, in questo senso, aveva il compito di consulente professionale per le ragazze, ma non solo: come una mamma, dispendiava loro consigli sulla maternità e la vita di famiglia; un punto di riferimento, a cui si aggiungevano le conoscenze del marito nel campo del management».

I risultati non tardano ad arrivare; la Copperativa aiuta oggi circa 70 ragazzi, tutti stipendiati, cui si aggiungono 10 tirocinanti e 5 custodi per un totale di 80-85 famiglie concretamente aiutate dal lavoro dei coniugi Frigerio. Ad animare Edda e Marzio, soprattutto, il desiderio di aiutare in modo pratico la gente del posto: «A un certo punto si ventilava anche la possibilità di acquistare un terreno per una cappella, ma guardandosi attorno si resero conto che grazie a tutte le congregazioni e famiglie religiose presenti sul territorio le chiese erano già tante. Mancava invece un luogo che accogliesse i figli delle ragazze madri, che frequentavano la scuola e poi il tirocinio presso la Cooperativa. È così che, a poca distanza dal centro è nato anche un asilo».

«Grazie alla cooperativa le ragazze vivono dello stipendio che guadagnano. Con il tempo la qualità del lavoro svolto ha permesso al Centro di farsi conoscere; ad oggi il lavoro non manca, vengono commissionate alle ragazze molti lavori». La preoccupazione dei coniugi era quella di dare continuità all’opera. Per questo si è pensato di investire sulla formazione dei giovani, affinché fossero resi capaci non solo di realizzare qualcosa, ma anche di gestire autonomamente il proprio lavoro.

«Questa bellissima storia – conclude padre Cristiano – denota quanto una coppia possa essere feconda; una fecondità che va al di la del fatto generativo e che permette cose come queste, un’opera che è arrivata ad abbracciare 80 e più vite».

L.Q.

11 Gennaio 2020 | 13:08
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