Francesco saluta i fedeli radunati per l'udienza.
Papa e Vaticano

Il Papa esorta a ripartire dal vero amore che «non conosce la cultura dello scarto»

«La crisi che stiamo vivendo a causa della pandemia colpisce tutti; possiamo uscirne migliori se cerchiamo tutti insieme il bene comune; al contrario, usciremo peggiori».

Sono le parole di Papa Francesco pronunciate questa mattina all’inizio della catechesi tenutasi per la seconda volta all’interno del cortile di San Damaso in Vaticano con la presenza di fedeli, ovviamente nel rispetto delle misure i sicurezza.

«La risposta cristiana alla pandemia e alle conseguenti crisi socio-economiche si basa sull’amore, anzitutto l’amore di Dio che sempre ci precede (cfr 1 Gv 4,19). Lui ci ama per primo, Lui sempre ci precede nell’amore e nelle soluzioni. Lui ci ama incondizionatamente, e quando accogliamo questo amore divino, allora possiamo rispondere in maniera simile»… «L’amore vero, che ci rende fecondi e liberi, è sempre espansivo e inclusivo. Questo amore cura, guarisce e fa bene. Tante volte fa più bene una carezza che tanti argomenti, una carezza di perdono e non tanti argomenti per difendersi. È l’amore inclusivo che guarisce».

Il Papa prosegue dunque il ciclo di catechesi su come guarire il tessuto personale e sociale ferito ancor più profondamente dalla pandemia, con frequenti richiami al prezioso tesoro della Dottrina sociale della Chiesa. Se nella precedente catechesi si era concentrato sulla solidarietà e, ancora prima, sulle ingiustizie e i danni anche al creato causate da un’economia malata, stamani il focus è sull’amore come strada per il bene comune.

«Poiché siamo esseri sociali e politici, una delle più alte espressioni di amore è proprio quella sociale e politica, decisiva per lo sviluppo umano e per affrontare ogni tipo di crisi. Sappiamo che l’amore feconda le famiglie e le amicizie; ma è bene ricordare che feconda anche le relazioni sociali, culturali, economiche e politiche, permettendoci di costruire una «civiltà dell’amore», come amava dire San Paolo VI [1] e, sulla scia, San Giovanni Paolo II. Senza questa ispirazione, prevale la cultura dell’egoismo, dell’indifferenza, dello scarto, cioè scartare quello a cui io non voglio bene, quello che io non posso amare o coloro che a me sembra sono inutili nella società. Oggi all’entrata una coppia mi ha detto: «Preghi per noi perché abbiamo un figlio disabile». Io ho domandato: «Quanti anni ha? – Tanti – E cosa fate? – Noi lo accompagniamo, lo aiutiamo». Tutta una vita dei genitori per quel figlio disabile. Questo è amore. E i nemici, gli avversari politici, secondo la nostra opinione, sembrano essere disabili politici e sociali, ma sembrano. Solo Dio sa se lo sono o no. Ma noi dobbiamo amarli, dobbiamo dialogare, dobbiamo costruire questa civiltà dell’amore, questa civiltà politica, sociale, dell’unità di tutta l’umanità. Tutto ciò è l’opposto di guerre, divisioni, invidie, anche delle guerre in famiglia. L’amore inclusivo è sociale, è familiare, è politico: l’amore pervade tutto!».

L’amore, poi, è espansivo. Tante volte fa più bene una carezza di perdono che non tanti argomenti per difendersi: «Un virus che non conosce barriere, frontiere o distinzioni culturali e politiche deve essere affrontato con un amore senza barriere, frontiere o distinzioni. Questo amore può generare strutture sociali che ci incoraggiano a condividere piuttosto che a competere, che ci permettono di includere i più vulnerabili e non di scartarli, e che ci aiutano ad esprimere il meglio della nostra natura umana e non il peggio. Il vero amore non conosce la cultura dello scarto, non sa cosa sia. Infatti, quando amiamo e generiamo creatività, quando generiamo fiducia e solidarietà, è lì che emergono iniziative concrete per il bene comune. […] Se tu in famiglia, nel quartiere cominci con l’invidia, con la lotta, alla fine ci sarà la «guerra». Invece, se tu incominci con l’amore, a condividere l’amore, il perdono, allora ci sarà l’amore e il perdono per tutti».

«Per costruire una società sana, inclusiva, giusta e pacifica – continua il Pontefice che poco prima aveva messo in guardia su coloro che «vorrebbero appropriarsi di possibili soluzioni, come nel caso dei vaccini e poi venderli agli altri» -, dobbiamo farlo sopra la roccia del bene comune».

Lo sguardo del Papa si posa anche sulla politica che, nota, «spesso non gode di buona fama, e – dice – sappiamo il perché». Questo non vuol dire che «i politici tutti siano cattivi». Francesco esorta dunque a non rassegnarsi a questa visione negativa ma a reagire mostrando che «è doverosa una buona politica» che metta al centro bene comune e persona umana.

La Giornata internazionale della tutela dell’educazione dagli attacchi

«Oggi – ha concluso il Pontefice – si celebra la prima Giornata internazionale della tutela dell’educazione dagli attacchi, nell’ambito dei conflitti armati. Invito a pregare per gli studenti che vengono privati così gravemente del diritto all’educazione, a causa di guerre e terrorismo. Esorto la Comunità internazionale ad adoperarsi affinché vengano rispettati gli edifici che dovrebbero proteggere i giovani studenti. Non venga meno lo sforzo per garantire ad essi ambienti sicuri per la formazione, soprattutto in situazioni di emergenza umanitaria».

A questo link il testo completo della catechesi di mercoledì 9 settembre 2020.

Francesco saluta i fedeli radunati per l'udienza.
9 Settembre 2020 | 12:39
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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