Papa e Vaticano

Il Papa chiede di pregare per il Myanmar

«C’è un’iniziativa che mi sta molto a cuore: quella della Chiesa birmana. che invita a pregare per la pace riservando per il Myanmar un’Ave Maria del rosario quotidiano». «Ognuno di noi si rivolge alla mamma, quando è nel bisogno o in difficoltà: noi in questo mese chiediamo alla nostra Madre del Cielo di parlare al cuore di tutti i responsabili del Myanmar, perché trovino il coraggio di percorrere la strada dell’incontro, della riconciliazione e della pace». Lo ha detto il papa dopo la preghiera mariana del Regina Coeli che in questo tempo liturgico sostituisce l’Angelus. Un’urgenza quella della solidarietà e della preghiera nei confronti del popolo birmano confermata da fonti del Paese che hanno rivelato alle agenzie di stampa che «nelle principali città, da Yangon a Mandalay, domina il panico. Finora l’esercito birmano, ha ucciso più di 700 civili, tra i quali una cinquantina di bambini. Non solo per chi protesta, ma anche per i lavoratori uscire di casa è diventato mortale. I militari hanno occupato e trasformato in loro basi gli ospedali statali, le pagode e le scuole chiuse per il coronavirus. E sparano in modo indiscriminato, entrano nelle case degli oppositori politici o di famiglie scelte a caso per diffondere il terrore».

La maratona di preghiera contro la pandemia

«Siamo entrati nel mese di maggio – ha poi spiegato il Papa ai fedeli di piazza San Pietro e ai milioni di persone che lo seguivano in mondovisione – in cui la pietà popolare esprime in tanti modi la devozione alla Vergine Maria», ha detto Papa Francesco al Regina Caeli. «Quest’anno esso sarà caratterizzato da una maratona di preghiera attraverso importanti santuari mariani per implorare la fine della pandemia. Ieri sera è stata la prima tappa nella Basilica di San Pietro».

Il commento al Vangelo del giorno: la vite e i tralci

«Prima di lasciare questo mondo e andare al Padre – ha sottolineato ancora il papa affrontando il Vangelo di questa domenica – Gesù vuole rassicurare i suoi discepoli che possono continuare ad essere uniti a Lui«. Ma il rimanere di Gesù non è «un rimanere passivo, un addormentarsi dal Signore»; ma piuttosto «un rimanere attivo, e anche reciproco” perché «i tralci senza la vite non possono fare nulla, hanno bisogno della linfa per crescere e per dare frutto», ma «anche la vite ha bisogno dei tralci, perché i frutti non spuntano sul tronco dell’albero«. Questo significa, ha detto Francesco, che prima di tutto abbiamo bisogno di Gesù, che «prima dell’osservanza dei suoi comandamenti, prima delle beatitudini, prima delle opere di misericordia, è necessario essere uniti a Lui, rimanere in Lui». Solo così si può essere buoni cristiani, perché «con Lui possiamo tutto». Allo stesso tempo, Gesù «ha bisogno di noi, ha bisogno della nostra testimonianza«, ed è proprio quello il frutto che dobbiamo dare, «la testimonianza della nostra vita cristiana». Dopo che Gesù sale al padre, i discepoli continuano ad annunciare il Vangelo «testimoniando il suo amore», che è «il frutto da portare», perché «attaccati a Cristo, riceviamo i doni dello Spirito Santo, e così possiamo fare del bene al prossimo e alla società, alla Chiesa». Papa Francesco ha ammonito però che «la fecondità della nostra vita dipende dalla preghiera», e per questo «possiamo chiedere di pensare come Lui, agire come Lui, vedere il mondo e le cose con gli occhi di Gesù. E così amare i nostri fratelli e sorelle, a cominciare dai più poveri e sofferenti, come ha fatto Lui, e amarli con il suo cuore e portare nel mondo frutti di bontà, di carità e di pace».

2 Maggio 2021 | 13:16
Condividere questo articolo!