Papa e Vaticano

Il Papa a Palermo ai giovani: siate liberi e denunciate sfruttamento e malaffare

«Sono contento di incontrarvi al culmine di questa giornata!». La giornata a Palermo è stata lunga ma Francesco si mostra radioso con gli oltre centomila ragazze e ragazzi che incontra in Piazza Politeama. «È stata una giornata stancante, ma bella, bella. Grazie ai palermitani!», esordisce il Pontefice. Musica e canti, applausi e cori, palloncini e striscioni, salutano il suo arrivo all’appuntamento conclusivo della visita pastorale nel capoluogo siciliano.

Su un grande palco dove campeggia la gigantografia del Papa insieme alla immagine del beato padre Pino Puglisi, due ragazze e un ragazzo – Emmanuel di Monreale, Gaia di Caltanissetta, Francesca da Palermo – pongono tre domande a Bergoglio che, come spesso accade durante gli incontri con la gioventù, mette da parte il discorso scritto e risponde a braccio dopo aver preso appunti su una cartellina bianca.

Il discorso del Papa è una iniezione di fiducia per tutti i giovani scandita da inviti e incoraggiamenti come essere uomini e donne «veri», uomini e donne «di speranza», che costruiscono il futuro, che sognano in grande, che non hanno paura di denunciare lo «sfruttamento» e il «malaffare», che si appassionino alla legalità. Il tutto nella certezza che «tutto può cambiare».

«La speranza sorgerà a Palermo, in Sicilia, in Italia, nella Chiesa a partire da voi», afferma il Vescovo di Roma. «Voi avete nel cuore e nelle mani la possibilità di far nascere e crescere speranza». E allora, con una responsabilità così grande nelle mani, non si può rimanere seduti o in poltrona, non si può essere pigri ma bisogna ascoltare la voce del Signore. «Dove? Voi avete il numero di telefonino del Signore per chiamarlo?».

Sicuramente non si ascolta Dio facendo «vita comoda». «Ti assicuro che ascolterai qualsiasi cosa meno il Signore», rimarca il Papa. «La parola di Dio è dinamica. Dio si scopre camminando… Dio detesta la pigrizia e ama l’azione, mettetevelo bene nel cuore e nella testa. I pigri non potranno ereditare la voce del Signore, capito?». Si tratta di «muovere il cuore», perché – il Papa lo ripete ancora una volta – «è brutto vedere un giovane pensionato a 22 anni, invecchiato troppo presto».

Altrettanto brutto è vedere giovani «chiusi in se stessi» o che si rifugiano nei social, nella televisione o, peggio, «davanti allo specchio». «Questo è un pericolo… Non cercate Dio nella vostra stanzetta, chiusi in voi stessi a ripensare al passato o a vagare col pensiero in un futuro ignoto». No, «Dio parla nella relazione». Allora «condividete esperienze forti, fate gruppo, fate una camminata, fate degli amici, fate Chiesa così», incoraggia il Papa. «Il Vangelo è scuola di vita» e la vita, afferma citando Pirandello, «si vive, non si spiega».

«Gesù – incalza – sempre chiama a prendere il largo: non accontentarti di guardare l’orizzonte dalla spiaggia! Gesù non vuole che rimani in panchina, ti invita a scendere in campo. Non ti vuole dietro le quinte a spiare gli altri o in tribuna a commentare, ma in scena. Mettiti in gioco! Hai paura di fare qualche figuraccia? Ma falla pazienza, tutti ne abbiamo fatte tante. Perdere la faccia non è il dramma della vita. Il dramma della vita è non metterci la faccia, quello è il dramma, non donare la vita! Meglio cavalcare i sogni belli con qualche figuraccia che diventare pensionati del quieto vivere, pancioni. Meglio buoni idealisti che pigri realisti: meglio essere Don Chisciotte che Sancho Panza!».

Francesco esorta poi a sognare «in grande» e «alla grande» e «non accontentarsi dei propri bisogni del momento». «Abbiamo bisogno di uomini e donne vere, non quelli che fanno finta di esserlo». U omini e donne che «denunciano il malaffare e lo sfruttamento. Non abbiate paura di denunciare, di sgridare. Abbiamo bisogno di uomini e donne che vivono relazioni libere e liberanti, che amano i più deboli e si appassionano di legalità, specchio di onestà interiore».

No al «gattopardismo dilagante», allora. No alle «pennellate di vernice» con cui si dipinge la vita; sì invece all’impegno, alla lotta, ai sogni, al «giocarsi la vita con un ideale». «Siete chiamati a essere «albe di speranza»», dice il Papa ai giovani. Per esserlo «bisogna alzarsi ogni mattina con cuore giovane, speranzoso, lottando per non sentirsi vecchi, per non cedere alla logica dell’irredimibile, è una logica perversa «questo non va, non cambia, tutto è perduto». È il pessimismo secondo cui non c’è salvezza per questa terra. No!».

Non c’è spazio, secondo il Papa, per «fatalismo» e «pessimismo», tantomeno per la «rassegnazione». I giovani, rimarca, possono «generare una civiltà nuova, accogliente, fraterna, civiltà dell’amore». E «tutto può cambiare». Anche questa crisi che si vive nel mondo in diverse forme – guerre, problemi finanziari, disoccupazione – questa crisi «che fa ballare nell’incertezza», può essere superata. L’importante è non perdere la speranza e i valori.

Anche è importante mettersi al servizio degli altri: «Servire, fare qualcosa per gli altri, sempre verso gli altri, non ripiegato su te stesso. «Io, me, con me, per me». Alla fine finisce come l’aceto, così brutto».

Ai giovani di Palermo il Papa ricorda l’identità del popolo siciliano, incrocio di culture, lingue, persone e tradizioni. «Siete un popolo dell’incontro», afferma. Questo «è un messaggio di fede»: «Favorite gli incontri, perché il mondo di oggi è un mondo di scontri, di guerre, dove la gente non si capisce». Siate solidali con gli altri, perché «un cristiano non solidale non è cristiano», chiosa Bergoglio. E questo bisogna tenerlo bene in mente in questo momento in cui «c’è carestia di amore».

«Siamo bravi a fare distinzioni, anche giuste e fini, ma per vivere non si può solo distinguere, spesso per giustificarsi; bisogna coinvolgersi, spendersi per gli altri. Lo dico in dialetto? Bisogna sporcarsi le mani». E se vi sentite tristi, soli, amareggiati, quello è un «termometro» per capire «che la temperatura dell’accoglienza, di servire gli altri è troppo bassa».

Il Papa conclude esortando ancora una volta a parlare e ascoltare «i vecchi». «»No, padre dicono sempre lo stesso». Parlate, a scoltate, anche litigate con gli anziani, perché se tu litighi con loro, loro parleranno più profondamente e ti daranno le radici che poi nelle tue mani saranno lavoro di speranza che fiorirà nel futuro». «Un giovane senza appartenenza in società famiglia cultura è un giovane senza identità, senza faccia», ripete Papa Francesco. Che conclude con una raccomandazione: «Non siate giovani sradicati, gassosi, senza radici». 

«Scusate – aggiunge a braccio il Papa – voi siete in piedi, io vi ho parlato seduto ma le caviglie mi facevano tanto male a quest’ora». Da qui la benedizione finale, con una premessa: «So che tra voi ci sono giovani cattolici, cristiani di altre tradizioni, anche alcuni agnostici: per questo darò la benedizione a tutti e chiederò a Dio che benedica quel seme di inquietudine nel vostro cuore».

 

15 Settembre 2018 | 19:52
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