Il missionario italiano don Bruno Rossi sulla S. Messa a Bangkok con Papa Francesco
Una messa che si è svolta nel migliore dei modi, sia per il Papa «certo stanco a causa dell’elevata umidità climatica, ma molto felice» sia per i fedeli, che hanno potuto contare su una grandissima organizzazione. Così don Bruno Rossi, il missionario italiano che vive nel nord della Thailandia e che nei giorni scorsi ha incontrato una quindicina di pellegrini ticinesi dell’ODP in viaggio nel Paese asiatico, ripensando alla celebrazione eucaristica con Papa Francesco nello Stadio nazionale di Bangkok, svoltasi giovedì e a cui il missionario ha preso parte assieme ad altri 50’000 fedeli, «anche di altre confessioni religiose, tra cui molti giovani, perché le scuole cattoliche in Thailandia sono composte da ragazzi di fede diversa». «Alcuni dei partecipanti hanno affrontato fino a 15 ore di pullman per raggiungere lo stadio, anzi, gli stadi: è stato infatti necessario aprire uno stadio adiacente per permettere a tutti i fedeli di poter assistere alla Santa Messa. La partecipazione è stata così alta perché il popolo thailandese è molto unito al Papa, lo prende come punto di riferimento costante. Seguiamo da vicino il suo magistero, anche quello ecologico». Una messa tra l’altro anche molto colorata e allegra, ci spiega don Bruno, «perché la scenografia è stata ideata con canti e balli dei vari popoli thailandesi, segno di un’accoglienza calorosa». Nell’omelia il Papa ha commentato: «Senza il lavoro dei primi missionari al cristianesimo sarebbe mancato il vostro volto; sarebbero mancati i canti, le danze che rappresentano il sorriso thai». Ma le parole del Papa sono andate anche oltre, fino ad insinuarsi nelle ferite del popolo thailandese per sanarle: «Papa Francesco ha chiesto ai cattolici thailandesi di uscire per le strade, farsi discepoli missionari, come i primi evangelizzatori, e invitare alla mensa del Signore tutti i fratelli thai che ancora mancano». Tra loro bambini e donne esposti a prostituzione e tratta, i giovani schiavi della droga, i migranti spogliati di casa e famiglia, i pescatori sfruttati e i mendicanti ignorati. «Effettivamente, capire la dignità di chi abbiamo accanto è una cosa fondamentale in un Paese come quello thailandese dove purtroppo il fenomeno della prostituzione è all’ordine del giorno», commenta don Bruno. Inoltre, per il missionario la visita del Papa ha anche un altro scopo preciso: «Si tratta di far conoscere al mondo i cristiani thailandesi, sebbene siano l’1% della popolazione complessiva; data l’eco mediatica possiamo dire di esserci riusciti. Ma si tratta anche di fare in modo che questi stessi cristiani si possano conoscere tra di loro, in un’occasione di aggregazione così importante come quella di questi giorni. Durante la messa ci siamo davvero sentiti, come in poche altri momenti, una grande famiglia che si riunisce».
Laura Quadri