«Il Libano è molto più di un Paese: è un messaggio di pace che va sostenuto»

Il Libano è nato nel 1943 da un patto di intesa nazionale concluso fra le comunità cristiane e musulmane, avrebbe potuto semplicemente sparire dalla carta geografica, sotto la pressione delle forze, o delle congiunture esterne, o disintegrarsi sotto la pressione dei fattori interni, ma ciò fino ad oggi non è stato. Eppure a crisi è seguita crisi, oggi il popolo libanese invade le strade protestando per la situazione economica. Prima del 2011 i libanesi al di sotto della soglia di povertà erano il 6,5%, ora sono oltre il 39,5%; i disoccupati sono passati dal 6% al 38% (dati Caritas Libano). Un quadro pesante che ha avuto un drastico peggioramento dal 2011.

Ne parla Nada Hajjar Hourani, Assistente di direzione delle Pontificie Opere Missionarie (Missio) in Libano. Siamo nel mese missionario straordinario voluto dal Papa e la missione dei cristiani libanesi si chiama far fronte alla crisi economica interna e al sostegno di un milione e 800 mila rifugiati, profughi della guerra siriana. Tutto questo senza dimenticare che il Paese ospita dal 1948, in pianta stabile, 600 mila profughi palestinesi e i loro discendenti. Ed ora c’è il timore dell’arrivo di altri fuggiaschi, quelli della nuova guerra tra turchi e curdi. Le organizzazioni cristiane libanesi si appoggiano sull’aiuto estero, tra cui quello di Missio Svizzera. «Dopo l’ultima ondata di profughi dovuta alla guerra siriana del 2011, uno dei problemi più seri è la scolarizzazione dei bambini rifugiati. Le scuole e le istituzioni cristiane sono in prima linea per far fronte all’emergenza ma bisogna pensare che questa situazione si è prodotta in un momento in cui la gestione ordinaria era già precaria, accrescendo quindi l’emergenza e la penuria di risorse economiche per l’istruzione», racconta Nada. In Libano la gestione dei profughi infatti grava moltissimo sulla comunità cristiana, fronte l’attuale precarietà istituzionale.

Progetti con aiuto svizzero

L’aiuto dall’estero è vitale. Missio Svizzera grazie all’ «Infanzia Missionaria» sostiene in Libano tre realtà: un centro delle suore Missionarie del Santissimo Sacramento a Beit Hekkab dove sono ospitate e curate 85 ragazze orfane in grande disagio famigliare (i cui genitori sono separati, disabili di guerra, morti o prigionieri). Vengono garantiti i pasti, l’istruzione, le cure mediche e i medicinali e viene dato loro un supporto spirituale. Il secondo progetto è presso la scuola di San Francesco d’Assisi di Menjez che sorge al confine siriano. Qui sono accolti i bambini dei villaggi (musulmani e cristiani). Il progetto riguarda la ristrutturazione di una sezione che ospita 52 bimbi con disabilità varie. Il terzo progetto è a Antélias (Beirut) dove alcune religiose si occupano di bambini e anziani di strada. Durante il giorno i bambini hanno la possibilità di seguire una scolarizzazione. Per dare loro svago, si vuole costruire un campo da basket. «Il Libano è più di un Paese, è un messaggio di pluralismo per l’Oriente e l’Occidente, diceva San Giovanni Paolo II. Siamo grati per il vostro sostegno, – conclude Nada- perché grazie ad esso possiamo continuare a rappresentare un messaggio di convivenza pacifica in tutto il Medio Oriente».

Intanto in queste ore gli alti prelati di Chiese e comunità cristiane libanesi prendono le distanze dalla dirigenza politica nazionale, e davanti alla crisi provano a rivendicare il ruolo di «profeti» inascoltati.

Cristina Vonzun

25 Ottobre 2019 | 12:42
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