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Il discernimento in un libro del gesuita P. Schiavone

«Non prestate fede a ogni spirito, ma mettete alla prova gli spiriti, per saggiare se provengono veramente da Dio» (1 Giovanni, 4, 1). Non ogni spirito proviene da Dio, ammonisce san Giovanni. Laddove l’uomo si incammina verso il cuore della rivelazione divina, non di rado si scopre di essere agitato e provato da vari spiriti. È perciò necessario individuare l’origine degli spiriti che ci muovono. Vi sono, insegna una lunga tradizione che risale all’Antico Testamento, fondamentalmente due spiriti: lo spirito di Dio e lo spirito del serpente (cfr. Genesi, 3), lo spirito di Cristo e lo spirito dell’anticristo, lo spirito dell’«umile servizio» da una parte, lo spirito di «onore del mondo» e «immenso orgoglio» dall’altra.

Due spiriti che segnano due vie alternative: «la vita e il bene, la morte e il male» (Deuteronomio, 30, 15), corrispondenti alle intenzioni opposte del «sommo capitano e Signore nostro» e, al contrario, quella del «nemico della natura umana» (sant’Ignazio di Loyola). Per contrastare quest’ultimo che prende spesso la forma della «mondanità asfissiante», i cristiani devono, avverte Francesco, imparare a «assaporare l’aria pura dello Spirito santo, che ci libera dal rimanere centrati in noi stessi, nascosti in un’apparenza religiosa vuota di Dio».
Nel volume intitolato Discernere la volontà di Dio. Finalità e dinamiche(Milano, Edizioni Paoline, 2018, pagine 156, euro 14) appena uscito in vista del prossimo sinodo dei vescovi sui giovani e il discernimento vocazionale, il gesuita Pietro Schiavone riporta queste parole del Papa, ma anche l’ammonimento della lettera giovannea, che già all’inizio degli anni ottanta del secolo scorso Bergoglio prendeva come base di un invito a una «sagacia che racchiude saggezza e si esercita nel discernimento».
Il discernimento, egli spiegava allora, «non è un mero esercizio del proprio spirito, è riconoscere l’opera di Dio e le tentazioni del demonio in un cuore disposto dalla presenza attiva dello Spirito santo». Il discernimento è possibile «soltanto attraverso l’apertura all’azione di Dio». Infatti, «lo spirito superficiale, pieno di sé, ne è incapace: si lascia affascinare dalla parvenza di verità che ostentano tutti i profeti della menzogna e della vanagloria». Non si può non rilevare con piacere la sintonia con la quale il gesuita italiano, conosciuto per i suoi sapienti scritti, si trova con l’attuale «vicario di Cristo in terra» e rallegrarsi del suo contributo al buon esito dell’assemblea sinodale di ottobre.

J. Servais (tratto da L’Osservatore romano)

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25 Luglio 2018 | 11:13
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