Il dialogo è donna. A Roma il network Women of Faith for Peace

Salvatore Tropea – Città del Vaticano

La donna come creatrice di ponti e dialogo, attenta ai bisogni delle persone. Questo il tema della tavola rotonda promossa ieri a Roma dal Pisai, il Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica e dall’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo della Cei. Il dibattitto ha preso spunto dalle testimonianze di alcune donne che fanno parte del network internazionale «Women of Faith for Peace» di religione cristiana, ebraica e musulmana, come racconta a Vatican News don Valentino Cottini, preside dell’Istituto.

Piccoli passi verso la pace

Quello che è emerso durante la tavola rotonda è che «nessuna delle presenti – come spiega don Cottini – ha parlato di grandi e astratti progetti di pace, ma tutte hanno sottolineato l’importanza dei gesti quotidiani, ovvero dei piccoli ma fondamentali passi da compiere». Quindi il messaggio che è passato è stato, secondo il preside del Pisai, che «il dialogo vero e autentico non è fatto da grandi proclami». Inoltre, le donne, spiega don Cottini, «nel rispondere ai bisogni primari hanno molta più capacità di dialogo sulle cose più semplici, che sono quelle che davvero caratterizzano la vita». E su questo aspetto cita poi Papa Francesco: «come dice il Santo Padre, non c’è bisogno di grandi prospettive interreligiose, ma semplicemente dell’incontro tra le persone».

Donne per il cambiamento

Ciascuna delle donne presenti è promotrice di iniziative che sostengono percorsi di incontro e dialogo. Tra queste Adina Bar Shalom, israeliana ed ebrea, è la fondatrice della prima università charedì di Gerusalemme – una delle forme più ortodosse dell’ebraismo –  ed è impegnata da anni per il superamento delle discriminazioni di genere. Prendendo la parola ha affermato che compito di tutti, ed in particolare delle donne, è quello di «cambiare il cuore e il futuro attraverso i nostri figli, educandoli a non uccidere, a rispettare la vita, a scegliere sempre la via della pace e non quella dell’odio». A farle eco Nuha Farran, anch’essa israeliana ma cristiana, avvocato che da anni si occupa di diritti umani e che, per le minacce ricevute, è stata costretta a lasciare Gerusalemme e andare a vivere ad Haifa. «Vogliamo cambiare il mondo? – ha affermato – Cominciamo a cambiare noi stessi».

Un Network per il dialogo

Il gruppo «Women of Faith for Peace» è stato fondato nel 2009 da Lia Beltrami e si propone di promuovere la pace soprattutto in Terra Santa. Per le sue attività è stato insignito a Venezia, lo scorso settembre, del Leone d’oro per la pace 2017. Fanno parte del network anche l’araba musulmana Faten Zenaty, che gestisce il «Lod Community Centre», un centro sociale aperto a ragazzi e ragazze sia ebrei che musulmani; Hedva Goldschmidt, una delle più importanti distributrici di cinema ebraico ed Evelyn Anita Stokes-Hayfor, una cristiana protestante che è stata per anni ambasciatrice del Ghana in vari Paesi e oggi lavora al fianco di giovani donne per favorire il dialogo a partire dalla fede. Dopo Roma il gruppo si recherà a Rovereto, dove ai rintocchi della campana dei caduti si pregherà per la pace.

18 Aprile 2018 | 18:45
Tempo di lettura: ca. 2 min.
Condividere questo articolo!