Il Covid-19 nelle bidonville dove la Chiesa sfama gli ultimi

L’Ecuador è uno dei paesi latinoamericani più colpiti dal Coronavirus, soprattutto la città di Guayaquil, tre milioni e mezzo di abitanti. «In questa megalopoli due terzi della popolazione vive in necessità o in estrema necessità. Le autorità hanno giustamente ordinato di stare in casa, ma come è possibile fare la quarantena, 5 o 6 persone, in una abitazione di pochi metri quadrati, una casa fatta di lamiere, una attaccata all’altra? Ora, pensate al calore, sotto il sole cocente che rende impossibile permanere a lungo all’interno di abitazioni così piccole». A descriverci la situazione con la calma determinazione di un esperto missionario è il vescovo ausiliare di Guayaquil, Antonio Crameri, nato a Locarno, di famiglia poschiavina, da anni in Ecuador con i padri cottolenghini. Il 29 febbraio 2020 padre Antonio è stato ordinato vescovo ausiliare di Guayaquil.

Vescovo Antonio, la Caritas dell’Ecuador ha lanciato ieri un nuovo appello per la raccolta di aiuti, soprattutto alimentari a favore dei gruppi vulnerabili più colpiti dall’emergenza. Qual è la situazione? Migliaia di persone, da sempre, vivono alla giornata. Ora, se i genitori non possono uscire e non possono lavorare, chi darà da mangiare ai loro bambini? Così i poveri si ritrovano davanti a questa alternativa: o fare la quarantena e morire di fame, o infettarsi di coronavirus e forse morire per poter portare a casa qualcosa da mangiare per i figli. Le Caritas stanno rispondendo. A Guayaquil sono stati distribuiti 20mila kit alimentari, evidentemente insufficienti. Da qui l’appello ai donatori. Le parrocchie stanno raccogliendo a loro volta e successivamente ridistribuendo. Ma è una goccia nell’oceano.

Poi ci sono i bisogni spirituali di queste ore, i morti soli, i malati… Da Guayaquil abbiamo visto immagini drammatiche, di cadaveri lasciati nelle strade… È vero che ci sono tanti morti, che la gente ha tenuto in casa i corpi dei propri cari per giorni, evidentemente favorendo il contagio. Questo inizialmente era dovuto anche a problemi burocratici, che ora sono in fase di risoluzione. In città si continua a morire per la situazione estrema in cui vive una parte della popolazione e per le strutture sanitarie che sono un disastro, per mancanza di mezzi. Ci sono state anche operazioni di disinformazione create da gruppi di oppositori al governo: non è vero – ad esempio- che sono stati bruciati dei cadaveri in mezzo alla strada. Per il resto, c’è il coprifuoco dalle 14 alle 5 della mattina. I sacerdoti, costretti alla mobilità ridotta, hanno deciso di adottare nella loro preghiera del Santo Rosario un moribondo che probabilmente non si riuscirà a seguire di persona. Allo stesso modo preghiamo per i sanitari e coloro che devono esporsi.

Anche in Ecuador i fedeli a Pasqua non andranno a Messa. Come sarete loro vicini? I nuovi mezzi di comunicazione aiutano. Poi i gesti, attesi in un paese di grandi tradizioni popolari. In elicottero, un vescovo ausiliare ha sorvolato la città di Guayaquil per benedirla dall’alto. Il nunzio apostolico ha fatto la stessa cosa nelle città della Sierra. Dall’alto abbiamo dato la benedizione del Santissimo il giovedì Santo e il venerdì Santo quella del Cristo del Consuelo. Lunedì sono andato per le strade a benedire i rami esposti dalla gente davanti alle porte delle case. Mentre camminavo, debitamente protetto con la mascherina, si fermavano anche le macchine, la gente si inginocchiava e chiedeva la benedizione.

Cosa le dice questa sua prima, particolare, Pasqua da vescovo? Una Pasqua preceduta da una Quaresima di questo tipo, mi ha fatto meditare ancora di più cosa vuol dire camminare con Cristo che sale il Calvario carico della croce, che è la croce di ciascuno di noi. È il Crocifisso che si fa presente nei «crocifissi» di oggi: i malati di tutti i tipi, non solo di coronavirus. Questo mi dice di non dimenticarmi della Croce e dell’amore: amore e croce sono un binomio inscindibile. Una mamma che dà alla luce un figlio, vive un dolore dopo il quale riemerge l’amore. Siamo chiamati a riconciliarci con la Croce, a tenere presente che essa fa parte della vita ma non ha l’ultima parola: l’ultima parola è la risurrezione!

Cristina Vonzun

13 Aprile 2020 | 20:06
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