Ticino e Grigionitaliano

Il commento al Vangelo domenicale

Calendario romano (Anno B / Mt 28,16-20 / Santissima Trinità)

Un ponte tra cielo e terra, tra passato e futuro

di Dante Balbo, dalla rubrica televisiva Il Respiro spirituale di Caritas Ticino in onda su TeleTicino e online su YouTube

La Trinità viene definita in teologia come «tre ipostasi individuali», cioè tre Persone o sussistenze, che hanno e vivono in un’unica essenza o sostanza comune. E non abbiamo parlato della processione, chi viene da chi, su cui si bisticciano cattolici e ortodossi a proposito dello Spirito Santo! Nulla da eccepire, salvo che detta così, questa domenica rischia di restare in cielo, alle altezze a cui è relegata dal nobile tentativo di orientarsi in un fatto rivelato e nascosto, allo stesso tempo. Per fortuna ci viene incontro don Willy Volonté, con una vita spesa accanto alle famiglie, che per narrare la bellezza di questa festa ricorre ad una frase dello scrittore russo, Andrej Sinjavskij: «Prima di impugnare il cucchiaio, il contadino cominciava col farsi il segno della croce e con questo solo gesto riflesso si legava alla terra e al cielo, al passato e al futuro». La Trinità si spiega così, come un abbraccio, più evidente nel gesto orientale del segno di croce, che dalla testa arrivava ai piedi, comprendendo tutta la persona. La croce è il segno della nostra salvezza, in essa è riassunto il dono totale di Dio il Padre, nel Figlio, rinnovato ad ogni istante dallo Spirito Santo. Scritto sul nostro corpo, perché in esso, nella sua fragilità, ritroviamo il principio e la meta, l’immagine di Dio, così come l’orizzonte verso il quale ci muoviamo. Ci basta riscoprire questo semplice gesto, immenso riassunto dell’attimo in cui leviamo gli occhi al cielo e dell’eternità che in quell’istante si manifesta. Poi possiamo scendere nell’abisso di un amore che nessuna parola umana potrà mai contenere, cercando di inebriarci alle pallide scintille che intravediamo, con la crescente consapevolezza di non poter raccogliere il mare in un secchio. Come ogni amore anche quello della Trinità è così semplice da racchiudersi in un gesto quotidiano con il quale il nostro sguardo si apre all’infinito.

Calendario ambrosiano (Anno B / Gv 15, 24-27 / Santissima Trinità)

La sfida dell’uomo: accettare il mistero di Dio

di don Giuseppe Grampa 

Mostrami il tuo volto, chiede Mosè a Dio, nella prima lettura. Questa richiesta non proviene da un uomo scettico che vuole mettere alla prova Dio: «Se ci sei, se esisti, fatti vedere!». No,Mosèèl’amicodiDio,conluiDio parlava appunto come un amico parla al suo amico. Mostrami il tuo volto: è l’invocazione del credente che vorrebbe vedere Colui al quale si affida. Eppure questo Volto, tanto amato, non si mostra. Con una figura simbolica assai significativa Dio risponde: «Potrai vedere solo la mia schiena, non il mio volto». Avrai un indizio della mia presenza ma i tuoi occhi non potranno scrutare i miei: resto per te, uomo, un mistero. Questa stupenda scena ci invita ad avvicinarci al mistero di Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo non con la pretesa di «com-prendere», cioè prender dentro i nostri concetti e le nostre definizioni la misteriosa realtà di Dio. Dio non sarà mai un oggetto di cui noi possiamo disporre, così come disponiamo degli oggetti della nostra conoscenza. La tradizione ebraica ha rigorosamente custoditoladistanzatraDioel’uomo: l’uomononpuònemmenonominare Dio, non può in alcun modo raffigurarlo e così neppure all’amico Mosè è dato di vedere il volto di Dio. Spesso noi cristiani pensiamo che quel che non è stato dato a Mosè è invece dato a noi: il volto di Gesù di Nazareth non è forse il volto di Dio? Al discepolo Filippo che gli chiedeva di vedere il Padre, Gesù risponde: «Chi vede me vede il Padre». Ma il volto di Gesù è quello di un uomo. Il volto di Dio ci è rivelato sì nel volto di Gesù ma ci è nascosto nei tratti della sua umanità. E quando tracciando sul nostro corpo il segno della croce invochiamo il Padre, il Figlio e lo Spirito santo guardiamoci dalla presunzione di aver dissolto il mistero. Questa parola, Trinità, che non troviamo in nessuna pagina della Scrittura Sacra, è un tentativo di esprimere quella singolare relazione che è Dio stesso. E dire che Dio è Padre, Figlio e Spirito significa riconoscere al principio di tutto un nodo di relazioni, un legame, una comunione.

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30 Maggio 2021 | 06:13
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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