Commento

Il balsamo dell’ecumenismo

Il 31 ottobre 2016, la visita di Papa Francesco a Lund, in Svezia, ha segnato ufficialmente l’inizio della commemorazione comune della Riforma protestante di cinquecento anni fa. Il segretario generale della Federazione luterana mondiale ha osservato, a proposito di questo evento: «Ciò che sembrava impossibile è accaduto».
Era il 31 ottobre 1517 quando Martin Lutero affisse le sue novantacinque tesi sulla porta della cattedrale del castello di Wittenberg, dando avvio a una serie di fatti che sarebbero passati alla storia con il nome di Riforma protestante. Il 2017 offre dunque una proficua opportunità per riflettere sulle relazioni tra la Chiesa cattolica e alcune delle principali comunità ecclesiali cristiane d’occidente nate dalla Riforma, riconoscendo ciò che è stato nel frattempo realizzato sul cammino ecumenico verso la comunione piena e visibile. È compito del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, fin dalla sua istituzione avvenuta per volontà di Giovanni XXIII alla vigilia del concilio Vaticano II, il 5 giugno 1960, far avanzare la Chiesa verso l’unità, attraverso dialoghi teologici, incontri ecumenici e preghiere.
Una delle prime comunità ecclesiali con le quali la Chiesa cattolica ha allacciato un dialogo ecumenico a seguito del concilio Vaticano II è l’Alleanza mondiale delle Chiese riformate (Amcr). Tre anni dopo la conclusione del concilio, nel 1970, è stato infatti avviato il primo dialogo ufficiale. L’Amcr si era formata dalla fusione di due gruppi riformati più piccoli: l’Alleanza delle Chiese riformate che, presente in tutto il mondo, seguiva il sistema presbiteriano (1875), e il Consiglio internazionale congregazionalista, che aveva adottato il sistema congregazionalista (1891). Entrambe le comunità affondavano le loro radici nella Riforma del XVI secolo guidata da Giovanni Calvino, John Knox, Ulrich Zwingli, come pure in altri movimenti precedenti guidati da Jan Hus e da Peter Waldes.
Nei trentaquattro anni successivi, tre fasi di dialogo hanno avuto luogo al fine di approfondire l’intesa reciproca e di promuovere la riconciliazione tra le due comunità. Le discussioni si sono incentrate intorno a tre temi fondamentali: la cristologia, l’ecclesiologia e la testimonianza cristiana nel mondo. A conclusione di ciascuna fase quinquennale di dialogo, è stato pubblicato un rapporto finale contenente i frutti delle discussioni tenute dalle commissioni bilaterali. Tre rapporti sono stati pubblicati fra il 1970 e il 2004: La presenza di Cristo nella Chiesa e nel mondo (1970-1977); Verso una comprensione comune della Chiesa (1984-1990); La Chiesa come comunità di testimonianza comune del Regno di Dio (1998-2005).
Il secondo di questi dialoghi è stato particolarmente significativo, perché è iniziato con un’interpretazione comune sia degli eventi che, nel XVI secolo, hanno condotto alla Riforma, sia della risposta del concilio di Trento. Il dialogo ha permesso anche di esaminare i fatti che hanno originato il reciproco allontanamento e l’ostilità nutrita gli uni nei confronti degli altri. Il rapporto finale si conclude con una nota di speranza: «I nostri cinque anni di dialogo ci hanno convinti che una nuova situazione esiste ora tra la Chiesa cattolica romana e le Chiese riformate».
Nel frattempo, il 31 ottobre 1999, nel dialogo cattolico-luterano si è verificata una svolta cruciale destinata a schiudere nuovi orizzonti per l’unità dei cristiani. La Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione è stata firmata dalla Federazione luterana mondiale e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ad Augsburg, in Germania, come risultato di trent’anni di colloqui bilaterali su una delle più importanti controversie della Riforma. La dichiarazione afferma che «le Chiese luterane e la Chiesa cattolica […] sono ormai in grado di enunciare una comprensione comune della nostra giustificazione operata dalla grazia di Dio per mezzo della fede in Cristo». Il documento di consenso sulla dottrina della giustificazione, seppure non esente da critiche, è considerato come una delle pietre miliari del cammino ecumenico fra la Chiesa cattolica e le Chiese nate dalla Riforma. Circa sette anni più tardi, nel luglio 2006, il Consiglio metodista mondiale ha aderito ufficialmente alla dichiarazione congiunta. Tale convergenza ecumenica non ha lasciato indifferenti le Chiese riformate, che hanno studiato attentamente il documento sulla giustificazione, al fine di discernere una risposta adeguata.
Nel giugno 2010, il Consiglio ecumenico riformato, una più piccola associazione internazionale riformata comprendente circa cinque milioni di persone, si è unito all’Amcr per formare la Comunione mondiale delle Chiese riformate (Wcrc). La nuova comunione conta ora 229 Chiese membro in 108 paesi, che rappresentano complessivamente circa ottanta milioni di fedeli. In occasione della creazione di questo nuovo organismo, Benedetto XVI ha inviato un messaggio di saluto al consiglio generale riunitosi a Grand Rapids, in Michigan, affermando: «L’esortazione di Paolo risuona con non meno vigore oggi e ci dà la fiducia che il Signore non abbandonerà mai i suoi discepoli nella ricerca dell’unità».
Nel contesto di questi significativi eventi ecumenici, nel 2011 è stato avviato un nuovo dialogo, il quarto, che si è concluso nel maggio 2016, sul tema Giustificazione e sacramentalità: la comunità cristiana come operatore di giustizia. Questo dialogo ha affrontato il tema della giustificazione da un punto di vista riformato, studiando con particolare attenzione la relazione tra giustificazione e giustizia. Come risultato del dialogo e di un continuo discernimento, la Wcrc ha recentemente annunciato la sua intenzione di aderire ufficialmente alla dichiarazione congiunta nel luglio 2017 a Wittenberg, in Germania. Questo evento si terrà, simbolicamente, nel luogo stesso in cui Martin Lutero pubblicò le sue tesi, offrendo ai presenti l’opportunità di pregare per l’unità dei cristiani proprio là dove ha avuto inizio la Riforma protestante. Ciò testimonia la crescente importanza che la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione sta assumendo come piattaforma ecumenica di consenso per le Chiese nate dalla Riforma, nella promozione dell’unità dei cristiani.
Le origini del movimento anabattista, derivato anch’esso dalla Riforma protestante, risalgono a Ulrich Zwingli e al Consiglio comunale di Zurigo. I leader locali Conrad Grebel e Felix Manz e altri simpatizzanti di Zwingli dettero avvio al movimento quando promossero passi più radicali, come la fondazione di una Chiesa completamente autonoma, libera dall’interferenza del governo. Essi miravano non soltanto a una riforma della Chiesa, ma anche e soprattutto a un ripristino della sua semplicità originaria. Per questo, il loro movimento prese il nome di «riforma radicale». A differenza di altre correnti del protestantesimo, gli anabattisti ebbero un approccio radicale anche nei confronti del discepolato e del battesimo, non riconoscendo il battesimo dei bambini ma solo quello dei «credenti», ovvero il battesimo degli adulti che scelgono consapevolmente di essere battezzati. Gli anabattisti erano quindi soliti ri-battezzare quei cristiani che desideravano unirsi alla loro comunità; assunsero così il nome di «anabattisti», che significa «coloro che battezzano di nuovo». Poiché il movimento optava per la non-violenza, i suoi membri rifiutavano inoltre di prestare il servizio militare.
Oggi la Conferenza mennonita mondiale è l’organismo anabattista più grande del mondo, con sede in Colombia. Rispetto ad altre Chiese storiche protestanti, gli anabattisti sono un gruppo relativamente piccolo, ma la loro voce si fa sentire, acquisendo sempre più influenza nel mondo. Essi rappresentano 1.700.000 fedeli appartenenti a 243 conferenze nazionali di Chiese presenti in ottantatré paesi. Circa due terzi dei credenti battezzati sono africani, asiatici e latino-americani. Il primo incontro tra cattolici e mennoniti dopo il concilio Vaticano II è avvenuto il 17 ottobre 1998. Risultato di tale incontro è stato un lungo rapporto che, pubblicato nell’ottobre del 1998 con il titolo Chiamati insieme a essere operatori di pace, affronta il tema della Chiesa, dei sacramenti e della pace. Significativa è la prima sezione, in cui a ciascuna parte è stata data la possibilità di spiegare la propria interpretazione degli eventi principali della storia della Chiesa. I mennoniti hanno ritenuto necessario illustrare il loro modo di intendere non solo le circostanze che hanno condotto alla Riforma, ma anche la storia della Chiesa sviluppatasi sulla scia dell’era costantiniana. I cattolici hanno ribadito la continuità storica della Chiesa apostolica istituita da Cristo attraverso i secoli in virtù della successione apostolica del ministero episcopale. Gli anabattisti hanno parlato invece di una «caduta costantiniana», dopo cui il cristianesimo è stato sempre più identificato, ufficialmente, con il potere politico imperiale. Ai loro occhi, tale sviluppo rende necessario un ritorno alla Chiesa «apostolica».
Nonostante queste differenze fondamentali, è stato comunque possibile pervenire a un importante accordo sui fondamenti cristiani della fede, quali il concetto di Chiesa come popolo di Dio, come Corpo di Cristo e come dimora dello Spirito santo.
Nel dicembre 2012 ha preso avvio per la prima volta un dialogo trilaterale tra mennoniti, luterani e cattolici su Battesimo e incorporazione nel Corpo di Cristo, la Chiesa, tema di cruciale importanza. Il dialogo ha permesso ai tre interlocutori non solo di guardare alle differenze teologiche tra battesimo dei bambini e battesimo dei «credenti», ma anche di considerare la possibilità di un reciproco riconoscimento del battesimo. Durante l’ultimo incontro di questo dialogo trilaterale, tenutosi nel 2016 a Bogotá, in Colombia, si è discusso della crescente tensione fra teoria e pratica nel quadro della formazione cristiana, della partecipazione in Cristo e della testimonianza pubblica. Mennoniti, luterani e cattolici hanno riconosciuto il fatto che le strutture obsolete della formazione cristiana (soprattutto dopo l’iniziazione alla fede) sono inadeguate per le nuove generazioni.
Il 16 maggio 2016 rappresentanti dell’Alleanza battista mondiale (Abm) e del Pontificio Consiglio si sono incontrati a Roma per discutere di una terza fase di dialogo battista-cattolico. Battisti e cattolici sono in dialogo dal 1984. Le conversazioni con i battisti sono uniche nel loro genere, in quanto essi hanno un loro specifico approccio all’ecumenismo: non sono animati dal desiderio di un grande progetto di riunione di tutti i cristiani in un’unica struttura. Le origini dei battisti risalgono all’Inghilterra e all’Olanda della prima metà del XVII secolo e derivano dal movimento puritano-separatista della Chiesa d’Inghilterra. John Smyth e Thomas Helwys dettero vita al movimento battista dopo essere stati esiliati ad Amsterdam, dove entrarono in contatto con mennoniti olandesi (anabattisti) e aderirono al battesimo dei «credenti».
I battisti vivono oggi per la maggior parte negli Stati Uniti, ma milioni di fedeli sono presenti anche in Africa, in Asia e in America latina. L’Abm, che comprende quarantadue milioni di persone, è la più grande organizzazione di Chiese battiste in tutto il mondo. La prima serie di conversazioni con la Chiesa cattolica ha avuto luogo dal 1984 al 1988, intorno al tema Chiamati a testimoniare Cristo nel mondo di oggi. Essa ha permesso di individuare convergenze su varie tematiche, quali la rivelazione salvifica di Dio in Gesù Cristo, la necessità di un impegno personale davanti a Dio in Cristo, l’opera permanente dello Spirito santo e l’imperativo missionario che emerge dall’azione redentrice di Dio nei confronti dell’umanità. Una seconda serie di conversazioni teologiche si è tenuta dal dicembre 2006 al 2010. Nel 2013 è stato pubblicato il rapporto finale dal titolo La Parola di Dio nella vita della Chiesa: scrittura, tradizione e koinonia, nel quale vengono evidenziate importanti aree di accordo: la scrittura e la tradizione, la Vergine Maria, il significato del battesimo, l’origine e la missione della Chiesa.
Se guardiamo ai cinquecento anni dall’inizio della Riforma protestante, il progresso ecumenico degli ultimi cinquant’anni sembra miracoloso. Gran parte dell’ostilità e dell’amarezza che una volta esisteva tra i cattolici e le comunità riformate, anabattiste e battiste si è dissolta; gli amari ricordi del passato sono stati per lo più guariti con il balsamo dell’ecumenismo spirituale e dell’ecumenismo pratico. Tuttavia, mentre rendiamo grazie per i progressi compiuti, dobbiamo anche riconoscere che a partire dal concilio Vaticano II sono emerse nuove sfide e nuove divisioni. Oggi, alcune comunità protestanti, dopo aver realizzato la piena comunione visibile le une con le altre, sperimentano fratture al proprio interno a causa di nuovi disaccordi su questioni antropologiche ed etiche, che hanno un impatto anche sulle loro relazioni con la Chiesa cattolica e con le Chiese ortodosse. Una delle sfide attuali è anche la crescente influenza culturale del secolarismo, del relativismo e del consumismo. Papa Francesco, commentando il legame tra questi fenomeni, ha affermato: «Il processo di secolarizzazione tende a ridurre la fede e la Chiesa all’ambito privato e intimo. Inoltre, con la negazione di ogni trascendenza, ha prodotto una crescente deformazione etica, un indebolimento del senso del peccato personale e sociale e un progressivo aumento del relativismo» (Evangelii gaudium, 64). Tutto questo mostra quanto sia urgente sviluppare nuove strategie e nuovi approcci che facciano progredire il cammino verso l’unità dei cristiani, tenendo a mente le sagge parole dei padri del concilio Vaticano II: «Ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in una fedeltà più grande alla sua vocazione» (Unitatis redintegratio, 6).
(Osservatore Romano)
24 Gennaio 2017 | 09:59
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