I cristiani sono fautori di pace in Iraq

L’Iraq, che accoglierà Papa Francesco dal 5 al 8 marzo prossimi, è un Paese inserito nella cornice del complesso quadro del Medio Oriente, destabilizzato da decenni di conflitti e piegato dalla pandemia del Covid 19. Vale la pena ricordare che stiamo parlando di una delle terre che videro sorgere le prime comunità cristiane formate dai discepoli che hanno dato vita alla Chiesa universale.
Suor Yola Girges, religiosa francescana siriana delle Missionarie del Cuore immacolato di Maria, si trova a Bagdad dal 3 dicembre scorso per aiutare le comunità cristiane locali e mandare avanti l’asilo che accoglie anche bambini musulmani.
«Siamo molti felici di accogliere il Papa – racconta suor Yola – anche se ci dispiace che qui a Bagdad papa Francesco non incontrerà il popolo ma solo le autorità religiose e civili, per motivi di sicurezza. La popolazione della capitale è molto fiaccata, le Chiese non sono gremite come negli anni passati a causa della pandemia e del continuo esodo dei cristiani. Serve un segnale di forte speranza per andare avanti».

I cristiani in Iraq erano circa 1.500.000 nel 2003. Oggi sono ridotti a circa 500mila unità e la loro fuga dalla Piana di Ninive e dalle altre roccaforti cristiane è tamponata anche grazie ai progetti umanitari di Aiuto alla Chiesa che Soffre.
La religiosa evidenzia la gravità della situazione economica: «Gli iracheni erano tra i più benestanti della regione e ora la gente è costretta a vivere di espedienti per mangiare. Molte famiglie hanno persino allestito un orto nel giardino delle loro case e molti laureati sono costretti a fare i lavori più umili per portare pochi soldi alle loro famiglie».
Molto apprezzato è l’asilo gestito dalle religiose. «I musulmani vogliono che i loro figli siano educati moralmente – racconta suor Yola – e ci chiedono di aprire anche le elementari e le scuole superiori. Hanno fiducia nell’educazione cristiana, non solo a livello didattico ma anche etico-morale».

Secondo la religiosa i cristiani sono la chiave di volta per la pacificazione di tutta la regione: «Non siamo ospiti di queste terre ma una parte fondamentale del Medio Oriente. Basta pensare che l’antica città di Ur in Iraq diede i natali al patriarca Abramo. Per questo bisogna fermare in ogni modo l’esodo dei cristiani dall’Iraq e dalla Siria». In questa prospettiva suor Yola chiede di fermare le sanzioni che colpiscono la Siria e hanno come unico risultato quello di affamare la popolazione più fragile. «Non possiamo dire alle famiglie irachene e siriane di avere pazienza se non hanno da mangiare – prosegue – servono aiuti concreti, noi facciamo il possibile, siamo una fonte di speranza importante ma non possiamo aiutare tutti».
Lanciando il suo grido di dolore per il Medio Oriente, suor Yola desidera scuotere le coscienze dell’Occidente: «Dobbiamo rompere il muro di silenzio, nessuno parla del dramma dei cristiani d’Oriente, delle persecuzioni subite e dell’esodo. Ristabilire la verità e raccontarla a tutto il mondo è il primo passo per aiutare tutti i popoli del Medio Oriente».

interris.it/red

1 Marzo 2021 | 06:20
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