I commenti ai Vangeli della Domenica

calendario Romano (Mc 5, 21-43 / XIII Domenica del Tempo ordinario)

Basta un passo: al resto ci pensa Dio

di Dante Balbo, dalla rubrica televisiva Il Respiro spirituale di Caritas Ticino in onda su TeleTicino e online su YouTube

Torna il tema del male, nelle letture di questa domenica in cui la creazione risulta opera buona di Dio, alterata radicalmente per l’invidia del diavolo. Solo un essere personale può modificare la relazione dell’uomo con Dio, con sé e con la natura. La morte, la separazione radicale che non ha rimedio, è entrata nel mondo per l’invidia del «diabolos» (il divisore). Gesù con la sua opera di guarigione, narrata nel Vangelo, per la figlia di Giairo così come per la donna che da anni soffriva di emorragie, è venuto a risanare questa frattura, a ridare speranza al mondo, a dire che Dio non ha abbandonato l’uomo a se stesso. La figlia del rabbino sta entrando nella pubertà, manifestando la sovrabbondanza della vita così come pensata dal Creatore, quando viene stroncata dalla morte; la donna emorroissa manifesta nelle sue perdite il flusso della vita che scorre inesorabile via da lei. Gesù viene a ripristinare il disegno originario, in realtà per portarlo alla pienezza, dopo aver attraversato la strada dell’uomo fino in fondo, distruggendo in se stesso, la morte. I miracoli, le guarigioni, che san Giovanni chiama segni, sono la testimonianza, l’anticipazione della vittoria definitiva dell’uomo Gesù, che trascina con sé tutti noi.

Per questo don Willy Volonté, commentando le letture domenicali, esclama con ammirato stupore: «Non c’è motivo per essere coraggiosi e in pace?!». Per parafrasare sant’Agostino, tuttavia, colui che ci ha creati senza chiedere il nostro consenso, non può salvarci senza la nostra volontà. Perciò Gesù compie la sua opera se noi facciamo un passo, un atto di fede in lui, un piccolo gesto, come quello della donna che tra la folla si disse: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata» e fu risanata all’istante. Il Signore ci viene incontro, ma come in ogni relazione, entrambi si muovono l’uno verso l’altro, perché sia libera e vera.

calendario Ambrosiano (Gv 12, 35-50 / Domenica V dopo Pentecoste)

La vita dell’uomo è storia di luce

di don Giuseppe Grampa

La prima parola che Dio, il Creatore, pronuncia è «Sia la luce. E la luce fu. E Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre
e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattino: primo giorno» (Gen 1,3). Il primo gesto creatore è stato quello che ha dissipato le tenebre, l’oscurità, il caos primordiale e ha portato la luce, principio dell’intera creazione. E l’ultima pagina della Scrittura sacra è di nuovo nel segno della luce: «La città non ha bisogno della luce del sole né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello» (Ap 21, 23). Possiamo allora dire che l’intera storia dell’umanità sta tra la luce del primo mattino del mondo e la luce dell’ultimo giorno, quando la luce che è Dio stesso illuminerà l’intera umanità. Possiamo dire che la storia umana è storia di luce. Non si dice forse, con espressione significativa, che nascere è «venire alla luce», mentre il morire è entrare nell’oscurità? Per questo, secondo la Scrittura sacra l’intero cammino della vita è un andare rischiarati dalla lampada che è la parola del Signore: «Lampada ai miei passi la tua parola e luce al mio cammino» (Sal 118,105). Non sorprende allora che Gesù si presenti a noi come luce. Questo simbolo ritorna nelle pagine evangeliche. In particolare il quarto evangelo, che presenta Gesù come luce: «Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9; 3,19; 8,12; 9,5). E nell’evangelo di oggi: «Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre» (12,46). Ma che cosa significa questo simbolo della luce? Privi di questa luce che è Gesù siamo inesorabilmente nelle tenebre, ovvero siamo nella condizione di non poter vedere dove mettiamo i piedi, siamo disorientati. Anche questa parola è significativa. Se non ci apriamo a questa luce.


27 Giugno 2021 | 06:48
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