I 49 migranti della Sea Watch sbarcano! E adesso?

Sbarcano sull’isola di Malta i 49 poveri migranti «intrappolati» per giorni e giorni sulla Sea Watch e sulla Sea Eya   in  mezzo al Mediterraneo, in balia di freddo e onde, dopo aver vissuto un inferno in Libia. È stato il premier maltese, Joseph Muscat, ad annunciare il via libera all’accordo europeo sui migranti a bordo delle due imbarcazioni, precisando che la redistribuzione riguarderà anche altre 175 persone, già accolte dall’isola nelle scorse settimane. La Valletta ha trasferito sulle proprie navi i 49, che saranno poi redistribuiti in otto paesi dell’Unione Europea: Italia, Germania, Olanda, Francia, Portogallo, Irlanda, Romania e Lussemburgo.

E adesso? Prima di chiedermi e chiederci cosa sarà di loro, domanda legittima e che preoccupa al pari di tante altre domande che ci poniamo ogni volta che  poveretti come loro, sbarcano su una costa o sull’altra del Sud Europa, vorrei tornare sui fatti e sulle parole di questi giorni. Si è parlato, legittimamente, di «indifferenza».  All’inizio della vicenda forse, ma dopo, giorno dopo giorno, con il montare della polemica e delle risposte «politiche» cosa abbiamo visto e letto? Indifferenza, infatti, vuole dire che volgo lo sguardo altrove. No, qui lo sguardo non è stato volto «altrove», qui, in questa brutta storia che ha coinvolto «solo» 49 persone e non 49 mila o 490 mila, non è stato più sufficiente dire «no» ed essere indifferenti; qui -ad un certo punto- si è dovuto motivare quel «no» , azzardare quindi delle risposte, tentare una motivazione, inventare ipotesi. Così l’indifferenza è stata oltrepassata per sconfinare nel terreno preoccupante di qualcosa di ben più discutibile dell’indifferenza. Lascio a voi riflettere sulle parole che abbiamo sentito e letto, sui messaggi che circolavano nei social, sulle immagini che abbiamo visto, sui numeri (49 non 490 mila o 49 mila). Lascio riflettere, rendendo attenti che in questa fase è statisticamente provato (dal 2017) un drasticissimo calo dell’arrivo dei migranti, diminuzione avvenuta ben prima delle politiche a cui assistiamo oggi. E allora, ripeto e chiedo, è la parola «indifferenza» quella adeguata a descrivere le reazioni a cui abbiamo assistito e i «no» gridati, arricchiti da tentativi di giustificazione?  Io penso di no, penso che il «Rubicone» della sola indifferenza sia stato superato da un pezzo, e si dovrebbe usare qualche altra parola che preoccupa perché porta la società lontana da diritti che parevano acquisiti per sempre.

9 Gennaio 2019 | 19:00
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