Giornata di preghiera per i missionari martiri

La cattedrale maronita di Sant’Elia ad Aleppo, la Chiesa di San Paolo a Mosul, il Colosseo a Roma si tingeranno di rosso, la notte del 24 febbraio prossimo, in occasione della Giornata di preghiera per i missionari martiri, accendendo i riflettori sulla realtà dei cristiani perseguitati e discriminati per la loro fede, in tutto il mondo. Non sono questi ultimi, una manciata di irriducibili e la persecuzione religiosa non è un fenomeno legato al passato. Sono oggi 200 milioni le persone per le quali manifestare la loro fede costituisce un reato. E la statistica, anno dopo anno, è al rialzo. Tra i ventitré Paesi che capeggiano la classifica negativa dell’intolleranza religiosa e dove gravissime ne sono le violazioni, troviamo l’’Arabia Saudita, il Bangladesh, l’Afghanistan, l’Iraq, la Siria, la Somalia. In questi Paesi morire a causa della propria fede, è un’eventualità che accompagna la vita di chi si professa cristiano. Si muore per un’appartenenza religiosa, per un simbolo esposto, per non conoscere a memoria il Corano, per essersi trovati in Chiesa al momento dello scoppio di una bomba. In molti Paesi, alle minoranze cristiane non vengono riconosciuti gli stessi diritti: non c’è scuola, lavoro, casa decente, vita sociale, possibilità di carriera, partecipazione alla vita politica, per chi è cristiano. E la discriminazione, l’intolleranza, l’odio, per chi non professa la religione «giusta», diventano fenomeni sempre più diffusi, che toccano anche i Paesi dove la libertà religiosa è sancita dalla Costituzione. Pensiamo qui agli atti terroristici che hanno sconvolto la Germania, l’Inghilterra, la Francia. Che hanno avuto per vittime ragazzi, anziani, donne, bambini che ballavano, passeggiavano, vivevano la loro normalità per le strade delle loro città. Si tratta di episodi dalla chiara matrice confessionale e che oltre alle vite che falcidiano, gettano ombre sinistre sul clima sociale, contrapponendo fronti, esacerbano animi, seminano intolleranze e razzismi, che si speravano superati. La realtà non ci parla solo di un islam sfuggito ad un controllo da parte degli Stati, ma anche di Paesi dove è egli stesso, il primo che calpesta il diritto alla libertà religiosa. Accade in Corea del Nord, in Eritrea, in Myanmar, in Pakistan dove discriminazione e persecuzione sono sancite dalla costituzione. E dove chi difende a livello istituzionale i diritti delle minoranze, come il ministro cristiano Shahbaz Bhatti in Pakistan, per esempio, paga questo suo impegno, con la morte.

«Aiuto alla Chiesa che Soffre» invita pertanto a voler ricordare la giornata del 24 febbraio dedicata ai missionari martiri e ricorda che in Svizzera l’ultimo fine settimana di ottobre è dedicato in particolare al ricordo e alla preghiera per quanti soffrono per non poter vivere la propria fede in maniera manifesta e libera e vedono la loro esistenza pesantemente segnata a causa della fede che professano. Nel mese di novembre, inoltre, uscirà il nuovo «Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo», uno dei rapporti più autorevoli su questo tema, che rileva e denuncia tutte le situazioni dove la libertà religiosa è violata.

22 Febbraio 2018 | 07:00
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