Ecumenismo

Gesti di riconciliazione

Nel bacio di Francesco alle croci pettorali del metropolita ortodosso Gennadios Zervos e dell’arcivescovo anglicano David Moxon c’è il sigillo ecumenico del suo pontificato, teso a costruire ponti verso la riconciliazione tra tutti i cristiani. Il gesto del Papa, al momento del congedo con i due rappresentanti ecumenici, è avvenuto nella basilica Ostiense a conclusione della celebrazione dei secondi vespri della festa della Conversione di san Paolo che, da cinquant’anni, coincide con la conclusione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. E così San Paolo fuori le Mura si conferma luogo di gesti significativi: cinquantotto anni fa Giovanni XXIII vi annunciò a sorpresa il concilio Vaticano II e diciassette anni fa Giovanni Paolo II aprì la porta santa «a sei mani», con due rappresentanti ecumenici.E proprio con due rappresentanti ecumenici — Gennadios Zervos, arcivescovo metropolita d’Italia e Malta, esarca per l’Europa meridionale, in rappresentanza del Patriarcato ecumenico, e David Moxon, arcivescovo rappresentante personale a Roma dell’arcivescovo di Canterbury e direttore del Centro anglicano — il Papa ha presieduto la celebrazione dei vespri.

Ad accompagnarli, nella processione, anche il cardinale Kurt Koch e il vescovo Brian Farrell, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, dieci rappresentanti di altre chiese e confessioni e i monaci benedettini di San Paolo, guidati dall’abate Roberto Dotta e dall’abate primate dell’ordine, dom Gregory John Frederick Polan.
Sempre con il metropolita Gennadios e l’arcivescovo Moxon, Francesco ha compiuto altri gesti significativi: prima hanno pregato proprio davanti alla tomba dell’apostolo Paolo, poi il Papa li ha chiamati accanto a sé per il canto del Magnificat e del Padre nostro e per impartire insieme la benedizione finale. I due rappresentanti ecumenici hanno anche letto le orazioni dopo i salmi. E nelle intercessioni una preghiera del tutto particolare è stata rivolta a Dio, in armeno, per «i cristiani vittime delle persecuzioni».

Al termine della celebrazione, il cardinale Koch ha subito rilanciato i contenuti dell’omelia del Papa, mettendo in evidenza soprattutto che l’impegno per la riconciliazione costituisce «una delle priorità pastorali del pontificato». In particolare, il cardinale ha fatto riferimento alle iniziative per il quinto centenario della Riforma, ricordando la dichiarazione congiunta firmata in Svezia dal Pontefice. «La storia della Riforma — ha detto — è segnata non solo dalla riscoperta del Vangelo della grazia gratuita di Dio, ma anche da dolorose divisioni». Per il cardinale Koch, «il pentimento e la purificazione della memoria storica devono avvenire sotto il segno della riconciliazione, riconciliazione che può nascere soltanto dall’iniziativa di Dio e che rappresenta il dono che Dio fa a noi uomini e all’intero cosmo». Perciò «nel lasciarci riconciliare da Dio in Cristo, dobbiamo noi stessi annunciare la riconciliazione di Dio, ci dobbiamo impegnare nella promozione della riconciliazione tra i cristiani e dobbiamo lasciarci spingere dall’amore di Cristo». Consapevoli, ha aggiunto, che «l’amore è il motore di ogni sforzo ecumenico» e che «il vero amore non cancella le legittime differenze tra le Chiese cristiane, ma le conduce insieme, riconciliate, a una più profonda unità».

A San Paolo, come ogni anno, erano riunti insieme numerosi rappresentanti di altre chiese e confessioni, accolti dal sotto-segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, monsignor Andrea Palmieri. Significativa la presenza della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali. Al termine dei vespri, Francesco ha voluto personalmente salutare personalmente tutti i rappresentanti ecumenici. E anche alcuni studenti della Graduate school dell’istituto ecumenico di Bossey, in visita di studio a Roma. Accanto a loro i giovani che studiano a Roma con il sostegno del comitato di collaborazione culturale con le Chiese ortodosse che opera nel dicastero ecumenico.

Erano presenti quindici cardinali, tra cui il segretario di Stato e l’arciprete di San Paolo, Harvey, che ha salutato il Papa al suo arrivo. Tra i presenti, gli arcivescovi Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, e l’assessore monsignor Borgia. La preghiera vespertina è stata cantata dal coro della cappella Sistina, diretto da monsignor Palombella, con il prestigioso coro anglicano di Westminster Abbey, diretto da James O’Donnell.

27 Gennaio 2017 | 07:45
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