Francesco contro la mafia: «La politica corrotta la alimenta. Tutelare i testimoni di giustizia»

La lotta alle mafie è una priorità, ma lo è ancora di più la lotta alla «corruzione», perché essa «nel disprezzo dell’interesse generale, rappresenta il terreno fertile nel quale le mafie attecchiscono e si sviluppano». Francesco punta al cuore di uno dei più grandi mali dell’Italia dell’ultimo secolo, la mafia, potere oscuro che ha mietuto vittime in ogni luogo e in ogni anno, incluse personalità del calibro di Rosario Livatino, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, di cui il Papa ricorda la testimonianza nell’udienza di oggi in Vaticano con i membri della Commissione Parlamentare Antimafia, guidati dalla presidente Rosy Bindi che porta in dono una copia in scala della Pala del Caravaggio «Natività con i Santi Lorenzo e Francesco», trafugata dalle cosche di Palermo nel 1969.

 

Una udienza che non ha precedenti e che offre lo spunto a Francesco per ribadire l’urgenza di estirpare questo male che spesso si presenta come «sistema alternativo» ad una politica debole e tardiva, in quei territori «dove mancano i diritti e le opportunità: il lavoro, la casa, l’istruzione, l’assistenza sanitaria». No, ribadisce Bergoglio, bisogna estirparlo alla radice. Anzitutto partendo dal «cuore dell’uomo», un «abisso» in cui «la persona è esposta a tentazioni di opportunismo, di inganno e di frode, rese più pericolose dal rifiuto di mettersi in discussione». «Quando ci si chiude nell’autosufficienza si arriva facilmente al compiacimento di sé e alla pretesa di farsi norma di tutto e di tutti. Ne è segno anche una politica deviata, piegata a interessi di parte e ad accordi non limpidi», avverte. «Si arriva, allora, a soffocare l’appello della coscienza, a banalizzare il male, a confondere la verità con la menzogna e ad approfittare del ruolo di responsabilità pubblica che si riveste».

 

Proprio la politica è il successivo campo di battaglia su cui proseguire la lotta alla criminalità organizzata. La politica, però, «autentica», chiarisce Bergoglio, «quella che riconosciamo come una forma eminente di carità» e che «opera per assicurare un futuro di speranza e promuovere la dignità di ognuno», e che proprio per questo «sente la lotta alle mafie come una sua priorità, in quanto esse rubano il bene comune».

 

Diventa allora «decisivo opporsi in ogni modo al grave problema della corruzione» che, sottolinea il Pontefice, «trova sempre il modo di giustificare sé stessa, presentandosi come la condizione «normale», la soluzione di chi è «furbo», la via percorribile per conseguire i propri obiettivi». Laddove essa è invece un punto di non ritorno: «Ha una natura contagiosa e parassitaria, perché non si nutre di ciò che di buono produce, ma di quanto sottrae e rapina», denuncia il Papa, «è una radice velenosa che altera la sana concorrenza e allontana gli investimenti». In fondo, la corruzione «è un habitus costruito sull’idolatria del denaro e la mercificazione della dignità umana, per cui va combattuta con misure non meno incisive di quelle previste nella lotta alle mafie», raccomanda Francesco.

 

Dunque non si tratta solo di «reprimere», ma anche di «bonificare, trasformare, costruire». Impegno che si riversa anche nell’ambito economico «attraverso la correzione o la cancellazione di quei meccanismi che generano dovunque disuguaglianza e povertà». Oggi, annota Bergoglio, «non possiamo più parlare di lotta alle mafie senza sollevare l’enorme problema di una finanza ormai sovrana sulle regole democratiche, grazie alla quale le realtà criminali investono e moltiplicano i già ingenti profitti ricavati dai loro traffici: droga, armi, tratta delle persone, smaltimento di rifiuti tossici, condizionamenti degli appalti per le grandi opere, gioco d’azzardo, racket».

 

Questo duplice livello, politico ed economico, ne presuppone un altro non meno essenziale, che è «la costruzione di una nuova coscienza civile», la sola che può portare ad «una vera liberazione dalle mafie», assicura il Papa. E loda l’Italia perché dovrebbe sentirsi «orgogliosa» di aver messo in campo contro la mafia «una legislazione che coinvolge lo Stato e i cittadini, le amministrazioni e le associazioni, il mondo laico e quello cattolico e religioso in senso lato». «I beni confiscati alle mafie e riconvertiti a uso sociale rappresentano, in tal senso, delle autentiche palestre di vita. In tali realtà i giovani studiano, apprendono saperi e responsabilità, trovano un lavoro e una realizzazione. In esse anche tante persone anziane, povere o svantaggiate trovano accoglienza, servizio e dignità».

 

Francesco conclude con un accorato pensiero verso i testimoni di giustizia, «persone – sottolinea – che si espongono a gravi rischi scegliendo di denunciare le violenze di cui sono state testimoni», per le quali chiede maggiore tutela e valorizzazione. «Va trovata una via che permetta a una persona pulita, ma appartenente a famiglie o contesti di mafia, di uscirne senza subire vendette e ritorsioni», è l’appello di Francesco. Soprattutto le donne: sono tante le mogli e le madri «che cercano di farlo, nel rifiuto delle logiche criminali e nel desiderio di garantire ai propri figli un futuro diverso. Occorre riuscire ad aiutarle, nel rispetto, certamente, dei percorsi di giustizia, ma anche della loro dignità di persone che scelgono il bene e la vita».

Salvatore Cernuzio – VaticanInsider

21 Settembre 2017 | 18:00
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