Francesco: la Macedonia del Nord, paese natale di Madre Teresa, è un bel mosaico in cui ogni tessera è necessaria

È la prima volta che un Pontefice si reca nella Repubblica della Macedonia del Nord. Incontrando le autorità del Paese, tra cui il Presidente Gjorge Ivanov, il Papa ricorda che questa terra è un «ponte tra oriente e occidente». È un «punto di confluenza di numerose correnti culturali», osserva Francesco, che custodisce una cultura millenaria impreziosita da «raffinate testimonianze del passato bizantino e ottomano», da «ardite fortezze tra i monti» e da «splendide iconostasi delle sue antiche chiese». Tale ricchezza culturale, aggiunge il Santo Padre, è solo lo specchio di un più prezioso e valido patrimonio: «la composizione multietnica e multireligiosa».

Integrazione con i Paesi europei
Da «questo crogiuolo di culture e di appartenenze etniche e religiose», spiega il Papa, è scaturita «una pacifica e duratura convivenza, nella quale le singole identità hanno saputo e potuto esprimersi e svilupparsi senza negare, opprimere o discriminare le altre». Ha anche preso forma «una tessitura di rapporti e di situazioni» che sono un esempio «per una convivenza serena e fraterna, nella distinzione e nel rispetto reciproco»:

Queste speciali caratteristiche sono nel medesimo tempo di rilevante significato sulla via di una più stretta integrazione con i Paesi europei. Auspico che tale integrazione si sviluppi positivamente per l’intera regione dei Balcani occidentali, come pure che essa avvenga sempre nel rispetto delle diversità e dei diritti fondamentali.

Un mosaico bello ed originale
Nella Macedonia del Nord, osserva il Pontefice, la mescolanza di popoli e di pagine di storia si riflette in un composito mosaico:

Qui, infatti, tanto la differente appartenenza religiosa di Ortodossi, Musulmani, Cattolici, Ebrei e Protestanti, quanto la distinzione etnica tra Macedoni, Albanesi, Serbi, Croati e persone di altra origine, ha creato un mosaico in cui ogni tessera è necessaria all’originalità e bellezza del quadro d’insieme. Bellezza che raggiungerà il suo maggior splendore nella misura in cui saprete trasmetterla e seminarla nel cuore delle nuove generazioni.

Futuro di pace e di fecondità
Dopo aver ricordato la bellezza di questo ricco mosaico, il Pontefice sottolinea che «non saranno mai vani» tutti gli sforzi che si compiono «affinché le diverse espressioni religiose e le differenti etnie trovino un terreno d’intesa comune nel rispetto della dignità di ogni persona umana e nella conseguente garanzia delle libertà fondamentali». Tali sforzi, spiega Francesco, «costituiranno la necessaria semina per un futuro di pace e di fecondità».

Accoglienza di migranti e profughi
Il Papa ricorda, in particolare, «il generoso sforzo compiuto dal Paese «nell’accogliere e prestare soccorso al gran numero di migranti e profughi», provenienti da diversi Stati medio-orientali, che «fuggivano dalla guerra o da condizioni di estrema povertà». Nel 2015 e 2016, aggiunge il Papa, hanno varcato i confini della Macedonia del Nord, «diretti in massima parte verso il nord e l’ovest dell’Europa», trovando in questo Paese «un valido riparo»:

La pronta solidarietà offerta a coloro che si trovavano allora nel più acuto bisogno per aver perso tante persone care oltre alla casa, al lavoro e alla patria, vi fa onore e parla dell’anima di questo popolo che, conoscendo anche le privazioni, riconosce nella solidarietà e nella condivisione dei beni le vie di ogni autentico sviluppo. Auspico che si faccia tesoro della catena solidale che ha contraddistinto quell’emergenza, a vantaggio di ogni opera di volontariato a servizio di molte forme di disagio e di bisogno.

Sulle orme dell’apostola della carità
Francesco ricorda poi una illustre concittadina degli abitanti della Macedonia del Nord che, «mossa dall’amore di Dio, ha fatto della carità verso il prossimo la suprema legge della sua esistenza suscitando ammirazione in tutto il mondo e inaugurando uno specifico e radicale modo di porsi al servizio degli abbandonati, degli scartati, dei più poveri»:

Mi riferisco chiaramente a colei che è universalmente conosciuta come Madre Teresa di Calcutta. Ella nacque in un sobborgo di Skopje nel 1910 col nome di Anjezë Gonxha Bojaxhiu e svolse il suo apostolato, fatto di umile e totale donazione di sé, in India, e per mezzo delle sue sorelle ha raggiunto i più diversi confini geografici ed esistenziali.

Fieri di Madre Teresa
Le parole di Francesco precedono un altro significativo evento del suo 29.mo viaggio apostolico: il momento di preghiera nel Memoriale dedicato a Madre Teresa, «costruito nel luogo dove sorgeva la chiesa del Sacro Cuore di Gesù» e in cui la Santa nata a Skopje fu battezzata. Dal Papa, anche una speciale esortazione: «Siete giustamente fieri di questa grande donna. Vi esorto a continuare a lavorare con impegno, dedizione e speranza affinché i figli e le figlie di questa terra possano, sul suo esempio, scoprire, raggiungere e maturare la vocazione che Dio ha sognato per loro».

Uno dei momenti clou è proprio la visita al Memoriale di Madre Teresa, a Skopje, città natale della Santa, figura di riferimento, assieme a San Giovanni XXIII, di questo 29.mo viaggio apostolico. Si tratta di una costruzione moderna, inaugurata nel 2009 che ospita un piccolo museo con foto, oggetti e alcune reliquie di Madre Teresa. La prima parte di questa tappa è scandita dalla preghiera, prima in silenzio davanti alla della Santa, poi nella cappella della struttura, dove sono riuniti i leader delle comunità religiose del Paese e due cugini della Santa, oltre alla Madre Superiora e alle tre suore, il Papa rivolge la sua Preghiera in onore di Madre Teresa. Sull’altare sono esposte una reliquia della Santa, alcuni suoi oggetti personali e cinque candele a rappresentare proprio le confessioni religiose.

Anche nell’omelia della santa Messa celebrata in Piazza Macedonia, al centro di Skopje, Papa Francesco porta come esempio Madre Teresa. che conosceva bene la fame di pane, di fraternità, di Dio. La sua vita poggiava su due pilastri inseparabili: «Gesù incarnato nell’Eucaristia e Gesù incarnato nei poveri», l’amore che si riceve e l’amore che si dona. E’ nell’Eucaristia che il Signore si spezza per noi e ci invita a fare altrettanto per gli altri. Riprende le parole di Gesù nella pagina del Vangelo di oggi: «Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete». Gesù si rivolge alla folla, impressionata e festante per la moltiplicazione del pane, dimostrazione della sollecitudine di Dio per i suoi figli e della fraternità espressa nella condivisione. Il Papa invita ad immaginare tutte quelle persone che l’avevano seguito, improvvisamente cambiate da quel miracolo. Ma la fame che quella gente scopre dentro di sé, prosegue Francesco, non è solo quella del pane, è «fame di Dio, fame di fraternità, fame di incontro e di festa condivisa». Anche noi ci scopriamo ancora affamati, dopo aver creduto di poter saziare il nostro cuore e la nostra esistenza con ciò che si è rivelato falso e il Papa fa alcuni esempi: ci siamo nutriti di disinformazione, dice, «e siamo finiti prigionieri del discredito»; ci siamo adeguati al conformismo «e abbiamo finito per abbeverarci di indifferenza»; abbiamo avuto sogni di grandezza «e abbiamo finito per mangiare distrazione, chiusura e solitudine»; prigionieri della comunicazione virtuale, «abbiamo perso il gusto e il sapore della realtà» e della fraternità.

Diciamolo con forza e senza paura: abbiamo fame, Signore… Abbiamo fame, Signore, fame del pane della tua Parola capace di aprire le nostre chiusure e le nostre solitudini; abbiamo fame, Signore, di fraternità dove l’indifferenza, il discredito, l’infamia non riempiano le nostre tavole e non prendano il primo posto a casa nostra. Abbiamo fame, Signore, di incontri in cui la tua Parola sia in grado di elevare la speranza, risvegliare la tenerezza, sensibilizzare il cuore aprendo vie di trasformazione e conversione.

Solo il Signore, continua il Papa, è capace di rompere le nostre abitudine e i nostri stereotipi, insegnandoci a condividere «la compassione del Padre per ogni persona», specialmente per i dimenticati o i disprezzati. Gesù ci chiede di uscire da noi stessi e di camminare verso di Lui.

«Venite», ci dice il Signore: un venire che non significa solo spostarsi da un posto all’altro, bensì la capacità di lasciarci smuovere, trasformare dalla sua Parola nelle nostre scelte, nei sentimenti, nelle priorità per avventurarci a fare i suoi stessi gesti e parlare col suo stesso linguaggio, «il linguaggio del pane che dice tenerezza, compagnia, dedizione generosa agli altri», amore concreto e palpabile perché quotidiano e reale.

(Fonte: Vatican News)

7 Maggio 2019 | 11:42
Tempo di lettura: ca. 5 min.
Condividere questo articolo!