Papa Francesco. (Foto di archivio)
Chiesa

Francesco ai vescovi CEI: «Mescoliamoci alla città degli uomini»

L’aveva detto all’inizio dell’incontro con i vescovi che quella preparata per la 70° assemblea generale della Cei era più una «meditazione» che un «discorso introduttivo». Per questo Francesco aveva annunciato di voler consegnare il testo senza leggerlo. Ma la meditazione, densa di riferimenti alle Lettere alle Chiese con cui si apre l’Apocalisse, traccia di fatto indicazioni concrete per il nuovo percorso dell’episcopato italiano.

Il Papa innanzitutto ricorda che se lo Spirito Santo non ci invade «restiamo prigionieri delle nostre paure, incapaci di riconoscere che siamo salvati solamente dall’amore: ciò che in noi non è amore, ci allontana dal Dio vivente e dal suo popolo santo». Quindi invita a non temere «i momenti di contrasto: affidatevi allo Spirito, che apre alla diversità e riconcilia il distinto nella carità fraterna». E spiega che questo lavoro collegiale, il dialogo e il confronto, questo «camminare insieme è la via costitutiva della Chiesa; la cifra che ci permette di interpretare la realtà con gli occhi e il cuore di Dio; la condizione per seguire il Signore Gesù ed essere servi della vita in questo tempo ferito».

«Respiro e passo sinodale – ha detto il Papa – rivelano ciò che siamo e il dinamismo di comunione che anima le nostre decisioni. Solo in questo orizzonte possiamo rinnovare davvero la nostra pastorale e adeguarla alla missione della Chiesa nel mondo di oggi; solo così possiamo affrontare la complessità di questo tempo, riconoscenti per il percorso compiuto e decisi a continuarlo con parresia».

Un cammino, questo, che «è segnato anche da chiusure e resistenze: le nostre infedeltà – spiega Bergoglio – sono una pesante ipoteca posta sulla credibilità della testimonianza del depositum fidei, una minaccia ben peggiore di quella che proviene dal mondo con le sue persecuzioni». Parole che quasi riecheggiano quelle con le quali Benedetto XVI nel 2010, viaggiando verso Fatima ricordava che la vera persecuzione per la Chiesa non veniva dai nemici esterni, ma dal peccato dentro la Chiesa stessa.

«Chiediamo la grazia di saper ascoltare ciò che lo Spirito oggi dice alle Chiese» continua il Papa, riconoscendo che «forse a volte anche noi abbiamo abbandonato l’amore, la freschezza e l’entusiasmo di un tempo… Torniamo alle origini, alla grazia fondante degli inizi; lasciamoci guardare da Gesù Cristo».

Prendendo esempi dalle Lettere alle Chiesa, Bergoglio ha poi detto: «Forse anche noi nei momenti della prova siamo vittime della stanchezza, della solitudine, del turbamento per l’avvenire; restiamo scossi nell’accorgerci di quanto il Dio di Gesù Cristo possa non corrispondere all’immagine e alle attese dell’uomo «religioso»: delude, sconvolge, scandalizza. Custodiamo la fiducia nell’iniziativa sorprendente di Dio, la forza della pazienza».

«Forse anche noi – prosegue – talvolta cerchiamo di far convivere la fede con la mondanità spirituale, la vita del Vangelo con logiche di potere e di successo, forzatamente presentate come funzionali all’immagine sociale della Chiesa. Il tentativo di servire due padroni è, piuttosto, indice della mancanza di convinzioni interiori. Impariamo a rinunciare a inutili ambizioni e all’ossessione di noi stessi per vivere costantemente sotto lo sguardo del Signore, presente in tanti fratelli umiliati: incontreremo la Verità che rende liberi davvero».

«Siamo forse esposti – aggiunge Francesco – alla tentazione di ridurre il cristianesimo a una serie di principi privi di concretezza. Si cade, allora, in uno spiritualismo disincarnato, che trascura la realtà e fa perdere la tenerezza della carne del fratello. Torniamo alle cose che contano veramente».

«Possiamo forse essere sedotti dell’apparenza, dall’esteriorità e dall’opportunismo, condizionati dalle mode e dai giudizi altrui. La differenza cristiana, invece – spiega il Pontefice – fa parlare l’accoglienza del Vangelo con le opere, l’obbedienza concreta, la fedeltà vissuta; con la resistenza al prepotente, al superbo e al prevaricatore; con l’amicizia ai piccoli e la condivisione ai bisognosi. Lasciamoci mettere in discussione dalla carità, facciamo tesoro della sapienza dei poveri, favoriamone l’inclusione; e, per misericordia, ci ritroveremo partecipi del libro della vita».

Il Papa invita i vescovi a buttarsi «nella realtà senza timidezze: il Regno è la pietra preziosa per cui vendere senza esitazione tutto il resto e aprirci pienamente al dono e alla missione. Attraversiamo con coraggio ogni porta che il Signore ci schiude davanti. Approfittiamo di ogni occasione per farci prossimo. Anche il miglior lievito da solo rimane immangiabile, mentre nella sua umiltà fa fermentare una gran quantità di farina: mescoliamoci alla città degli uomini, collaboriamo fattivamente per l’incontro con le diverse ricchezze culturali».

Infine l’invito a lasciare «la tiepidezza del compromesso, l’indecisione calcolata, l’insidia dell’ambiguità. Sappiamo che proprio su questi atteggiamenti si abbatte la condanna più severa». «Lasciamoci scuotere, purificare e consolare», conclude Francesco.

(Andrea Tornielli / Vatican Insider)

 

Papa Francesco. (Foto di archivio)
23 Maggio 2017 | 07:15
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