Fiaccolata ACS per i cristiani perseguitati a Balerna, don Marco Notari: «Per noi si tratta di ricordare, di riportare al cuore»

Sarà con una fiaccolata a cui parteciperà anche il vescovo caldeo di Teheran, mons. Ramzi Garmou, che Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) farà memoria quest’anno delle Chiese, dei sacerdoti, delle religiose e dei laici perseguitati, nel mondo. In tutto sono 200 milioni. L’appuntamento è per questa sera alle ore 20 a Balerna, nella chiesa di Sant’Antonio. Il vicario della parrocchia don Marco Notari commenta così l’iniziativa:

Un volantino che mostra venti diversi volti, accanto ad essi i loro venti nomi e i luoghi del loro martirio. Così viene annunciata la Giornata nazionale di preghiera e solidarietà per i cristiani discriminati e perseguitati organizzata da Aiuto alla Chiesa che Soffre. Dietro all’espressione «cristiani perseguitati» ci sono persone in carne ed ossa, ciascuno con la propria storia, ma solo alcune di esse giungono alla nostra conoscenza. Quest’anno il momento comunitario della Giornata di preghiera, si terra a Balerna venerdì 26 ottobre alle 20.00 nella forma di una fiaccolata dalla piccola chiesa di Sant’Antonio alla Chiesa Collegiata. Presente il vescovo caldeo di Teheran (Iran), Ramzi Garmou.

Può sembrare strano, forse anche ingiusto o almeno indelicato parlare di cristiani perseguitati, pregare per loro in un paese, Balerna, che ancora recentemente ha visto morire sul suo territorio giovani migranti, che però erano di fede musulmana. Il caso più mediatizzato fu Youssuf Dikite, o «Victor», il nome provvisorio che gli avevamo dato il 27 febbraio 2017 per non riferirci a lui come «lo sconosciuto». Potrebbe sembrare di volersi arrogare il diritto, come cristiani, di essere gli unici a subire ingiustizie, sofferenza e martirio. Il nostro gesto, la testimonianza del Vescovo, la nostra preghiera potrebbero essere interpretati come volti a distogliere lo sguardo dalle migrazioni che causano vittime sulla porta di casa e in tutte le culture e religioni. Potrebbe. Ma non è così. Il nostro è un atto della nostra fede, pregare per gli uni non significa dimenticarsi gli altri. Si tratta per noi di ricordare, riportare al cuore, la memoria di chi si è trovato e si trova in condizioni di testimoniare la fede in contesti difficili, a volte persecutori, rischiando la vita, per annunciare il Vangelo, la Buona Notizia di un Dio che non ha promesso una vita in discesa, non ha promesso vie preferenziali, ma ha insegnato un amore più grande, rivolto a chiunque, anche nemico e capace di trasformare in profondità le relazioni umane.

In molti luoghi i cristiani vengono scacciati, le loro richieste ignorate o fatti saltare in aria, la domenica, mentre sono a messa. Uomini e donne che vengono eliminati perché hanno osato alzare la voce contro gli scempi ambientali, le mafie locali o ancora, contro il commercio di armi o droghe. Il Crocefisso, la sua vita e la sua passione redentrice sono «scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani, ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio» (1 Cor 1,23-24). Questa potenza e questa sapienza oggi come al tempo in cui Paolo scrive, mette in crisi e suscita gioiosa accoglienza o feroce opposizione, ma non smette di rinnovare la fede. La nostra preghiera e l’ascolto di un testimone sono necessari per rinnovare in noi il desiderio di vivere di quella stessa forza.

26 Ottobre 2018 | 10:20
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missione (221)
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