Festa dell’amicizia tra due Chiese dove l’unità è sempre più necessaria

La Romania è stato il primo Paese a maggioranza ortodossa (89% della popolazione) ad accogliere, nel 1999, papa Giovanni Paolo II, giunto in visita nella capitale Bucarest su invito della Chiesa Ortodossa Romena. Era dal 1054, l’anno dello scisma tra la Chiesa d’Oriente e quella d’Occidente, che non accadeva che un papa e un patriarca ortodosso si incontrassero. Chi potrà mai dimenticare il grido «Unitate, unitate!» che proveniva dalla folla dei partecipanti alla preghiera comune tra il patriarca Teoctist e il papa? Era un grido spontaneo, che testimoniava la grande fede del popolo romeno e rispondeva alle parole di Gesù: «Padre, siano anch’essi uno in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato». Come realizzare questo desiderio del Signore se non ci incontriamo, non dialoghiamo e non preghiamo insieme? Conoscendo bene il mio popolo, sono certo che anche papa Francesco sarà accolto con altrettanto calore. Il papa questa volta arriva in Romania su invito del presidente della repubblica Klaus Johannis e farà una visita di Stato e un viaggio pastorale di tre giorni – il suo viaggio più lungo, fino ad oggi – nella capitale e in varie regioni del Paese. Il papa, ha scelto per l’occasione un motto significativo, che esprime il suo desiderio di fare un altro passo verso l’unità dei cristiani: «Camminiamo insieme!» Se non camminiamo insieme non possiamo essere credibili in un mondo secolarizzato in cui la corruzione, l’avidità e l’ingiustizia causano disuguaglianza e divisione.

La Chiesa Ortodossa Romena è oggi molto dinamica e impegnata in tante opere culturali e sociali e, secondo i sondaggi, è considerata dai romeni l’istituzione nazionale più credibile. Nei vecchi e nei moltissimi nuovi monasteri della Romania vivono oggi più di seimila monaci e monache ortodossi. Nel corso dei secoli è sempre stata l’autorità spirituale del monachesimo a orientare, soprattutto nei momenti difficili, la vita della Chiesa.

Domani, durante la messa a Blaj, il papa beatificherà sette vescovi greco- cattolici, neo-martiri dell’epoca comunista, che sono stati reclusi per anni nelle prigioni del regime e dove due di loro sono anche morti. C’è da sperare che anche la Chiesa Ortodossa Romena, seguendo questo esempio e quello della Chiesa Ortodossa Russa, farà presto lo stesso passo per onorare la memoria di questi testimoni che hanno subito nelle prigioni comuniste, una persecuzione più terribile di quella dei tempi di Diocleziano.

Il papa porta in Romania la sua nuova visione del magistero ecclesiastico più pastorale, attenta alla condizione della gente comune e in particolare, ai poveri. So che la lotta contro la corruzione è un tema che gli stava a cuore già quando era ancora vescovo in Argentina, e certamente è al corrente del grave problema della corruzione che in Romania affligge le istituzioni dello stato. Penso quindi che la sua visita costituirà un incoraggiamento per i cristiani che si oppongono a questo stato di cose. Anche se rimangono differenze di ordine dogmatico e dottrinario, l’unità dei cristiani è in questo contesto non solo possibile, ma anche necessaria.

Trovo interessante anche il fatto che la visita del papa segua immediatamente le elezioni parlamentari europee. La Romania è membro dell’Unione Europea dal 2007 e il motto «Camminare insieme» può applicarsi anche alla riflessione comune di ortodossi e cattolici sui problemi e le provocazioni che entrambe le Chiese devono affrontare in un contesto sempre più internazionale e globalizzato. La visita di papa Francesco è una festa dell’amicizia tra le due Chiese sorelle, Ortodossa e Cattolica, un’occasione per respirare con i due polmoni dell’Oriente e dell’Occidente.

Padre Mihai Mesesan, Parroco della Comunità Ortodossa romena della Svizzera Italiana

1 Giugno 2019 | 06:30
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