Fede e persecuzione

Di seguito il contributo del vescovo Nona al volume della giornalista del gdp Maria Acqua Simi che si intitola L’ora prima del miracolo che è stato presentato giovedì 28 gennaio in Ticino.

Il 16 gennaio 2010 arrivai a Mosul, all’epoca la città più pericolosa di tutto l’Iraq. Venni chiamato come nuovo vescovo di una diocesi antica, la cui comunità risale alla fine del primo secolo. Ma pur essendo stata la seconda diocesi più grande del Paese, era diventata nel tempo spopolata, soprattutto dopo il 2003.  Con la persecuzione dei cristiani, infatti, la maggior parte dei fedeli era fuggita. La diocesi era dunque rimasta senza vescovo per due anni, dopo il rapimento e l’uccisione del mio predecessore Mons. Farag Raho.

Viene da chiedersi come sia possibile decidere di vivere in una situazione come quella che ha vissuto e vive Mosul oggi. Com’è possibile vivere di fronte a una nuova ondata di violenze, dopo l’arrivo dei miliziani dell’ISIS?

Io penso che la domanda da porsi tuttavia sia un’altra:  come si affronta la persecuzione partendo dalla fede cristiana?

In un’omelia alla mia gente, la gente di Mosul,  ho detto loro che vale la pena vivere la nostra vita pienamente, con gioia e forza in ogni momento. Se altri voglio ucciderci e se anche dovessimo morire fra un’ora, bisogna vivere bene, felici, coraggiosi e pieni di forza. Anche in questo momento. L’arma più forte davanti al terrore è una vita felice e pienamente cristiana.

I terroristi islamici sanno bene che «piantare» la paura negli altri è l’unico modo che hanno per rafforzarsi e portare avanti i loro tristi progetti. Allora la nostra arma come cristiani è vivere senza paura, mostrando loro che noi amiamo la vita e facciamo tutto il possibile per viverla bene non rinunciandovi mai.

Sapendo di questa nostra coraggiosa scelta, i terroristi non possono fare altro che praticare gli attentati in diversi modi: ma sono sconfitti alla base.

Noi con la nostra vita cristiana combattiamo la loro ideologia e i loro principi distorti.

In realtà possiamo solo vivere felici, non pieni di paura come succede sempre dopo un attentato terrorista – ad esempio quello di Parigi. Dalla mia esperienza a Mosul, ho scoperto che si può vincere il male che è incarnato nel terrorismo islamico attraverso la solida vita cristiana e tramite una pienezza di gioia che ci fa affrontare ogni male con forza e ce lo fa testimoniare agli altri. I terroristi temono molto una vita cristiana felice. Allora cominciamo essere cristiani, cominciamo a essere felici della nostra fede per sconfiggere il terrorismo. Grazie cara Maria Acqua e caro Andrea, per le parole coraggiose di questo libro.

 

Amel NONA

Archbishop of  St. Thomas Chaldean Diocese of Australia & New Zealand

19/11/2015

 

 

 

31 Gennaio 2016 | 07:00
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