Famiglia diventa ciò che sei

Intervista a don Willy Volonté, delegato vescovile per la Pastorale della famiglia nella diocesi di Lugano a cura di Federico Anzini.

La famiglia, «piccola chiesa domestica» perché è di vitale importanza?

È fuori dubbio, che la famiglia negli ultimi decenni è diventata oggetto di attenta riflessione teologica e di altrettanta attenta preoccupazione pastorale. Non può che essere così. La Chiesa sta o cade su un’adeguata presa di coscienza del valore del matrimonio e della famiglia. Ma subito sottolineo che il punto di partenza resta comunque il matrimonio. Non esiste per il credente un’autentica famiglia nella sua completezza, se non è generata da quel luogo sacramentale e santo che è il Matrimonio. Comunione d’amore indissolubile tra un uomo e una donna che ha come destino anzitutto di essere sulla terra il segno visibile ed esperimentabile della totalità di amore che Cristo ha per la sua Chiesa. Purtroppo, affermare questa visione, in quell’oggi confuso che stiamo vivendo, è come parlare di «marziani». A dire il vero neppure è presente, come coscienza matura e acquisita, all’interno della Chiesa stessa e della sua visione pastorale. Eppure, da San Giovanni Paolo II a papa Francesco, passando per papa Benedetto XVI, solo per citare gli ultimi Pontefici, pur con accenti differenti, hanno riproposto alla riflessione dei fedeli e dei teologi la fondamentale importanza che il matrimonio e la famiglia siano il «principale soggetto» della pastorale nella Chiesa. È sufficiente indicare i due recenti Sinodi dei Vescovi dedicati alla famiglia, per attestare quanto questa preoccupazione si sta facendo strada come preoccupazione prioritaria nella Chiesa.

 

La Pastorale familiare è sempre più «frequentata». Come mai?

Perché credo in un cammino di fede vissuta. È, infatti questo, il compito dell’azione «pastorale» nella Chiesa particolare; non è certo quella di organizzare prioritariamente degli eventi, bensì è quello di tradurre, secondo il genio proprio, l’indicazione che la Chiesa Universale sta offrendo a tutti. La Commissione Diocesana per la Pastorale della famiglia sta tentando di operare in questo senso. Evidentemente, come ogni cammino, occorre procedere per tappe. Noi, con l’approvazione del nostro Vescovo Valerio, con il quale siamo costantemente in contatto, abbiamo pensato di privilegiare:

1) Anzitutto una formazione di base che presenti la variegata ricchezza del mistero coniugale: qual è la ricchezza inestimabile della visione cristiana sull’amore coniugale? Quando un uomo e una donna si uniscono nel sacramento del matrimonio che cosa cambia nella loro vita? Questa unione che impronta offre alle loro scelte quotidiane? Senza la presa di coscienza dei «fondamentali», l’edificio cresce pericolante e fragile. Ritornare alle sorgenti del Vangelo della famiglia è la condizione imprescindibile per ben affrontare la vita coniugale. Ma questo richiede un lavoro assiduo e perseverante di riflessione e di personalizzazione. Non può limitarsi a qualche saltuario richiamo moralistico sul matrimonio e famiglia. Solo da una conoscenza adeguata della «vocazione coniugale» può nascere una appassionata esperienza esistenziale.

Per tenere vivo questo approfondimento organizziamo, due volte l’anno, delle vacanze formative di tre o quattro giorni per le famiglie, perché possono guardare con occhi nuovi e più profondi il Mistero che hanno celebrato all’inizio della loro vita coniugale; perché le famiglie abbiano l’occasione di dialogare insieme su ciò che è loro accaduto riferendolo e confrontandolo con la profondità del mistero umanissimo di Cristo, Figlio di Dio, che assume la nostra carne, il nostro corpo, divenendo così «lo Sposo» dell’umanità.

 

2) Una seconda preoccupazione è l’itinerario di preparazione delle giovani coppie al sacramento delle nozze, tenendo presente la configurazione, per alcuni aspetti inedita, del modo di pensare e di vivere l’affettività, la sessualità, la preziosità del proprio corpo, la generazione dei figli e la loro educazione, nel mutato modo di sentire attuale su questi temi. Ognuno può constatare come il matrimonio e la famiglia si configurano culturalmente e sociologicamente in modo radicalmente diverso da 40 o 50 anni fa. Siccome il momento di crisi nel matrimonio prima o poi è quasi inevitabile, occorre offrire alle giovani coppie le ragioni per poter superare, anzi far evolvere in positivo, ogni momento di difficoltà nel matrimonio. Dire «crisi» è sovente dire occasione di crescita, occorre solo interpretarla bene.

Per questa situazione mutata in modo significativo nell’ultimo mezzo secolo, come consapevolezza del matrimonio, urge cambiare radicalmente la preparazione al sacramento nuziale delle giovani coppie. Ormai quasi tutti i Pastori della Chiesa sono coscienti che è il prima del matrimonio che deve essere affrontato in modo diverso da come si è fin qui fatto. Oggi si rischia di essere cristiani senza Cristo e senza Chiesa eppure, noi Pastori, diamo i sacramenti come se questa assenza non pesasse sulle decisioni che concernano la vita di fede.  Ci trinceriamo sovente dietro a luoghi comuni come: «ma che diritto ho io di rifiutare la celebrazione del matrimonio», oppure «noi dobbiamo dare il sacramento e la Grazia di Dio farà il resto»… Veri peccati di omissione di educazione alla fede della Chiesa!

 

3) Abbiamo attivato punti di riferimento competenti e umanamente accoglienti (Psicologi, psicoterapeuti, padri e madri spirituali) per aiutare le coppie in difficoltà e in crisi di significato. Le recenti statistiche in Ticino ci dicono che nel 2018 i matrimoni sono stati 419 e i divorzi 197. Quasi un divorzio ogni due matrimoni. È d’obbligo la domanda: la Chiesa che cosa sta facendo davanti a questa situazione? Probabilmente la maggior parte di queste persone hanno celebrato il loro matrimonio in Chiesa.

A questo proposito stiamo allestendo una inchiesta sociologica per capire che cosa capita e quali sono i motivi che sorreggono il momento della decisone di una coppia che si appresta a unirsi per tutta la vita.

 

4) Un’attenzione particolare la esprimiamo per le persone divorziate e che non intendono risposarsi, perché decidono di rimanere fedeli al loro primo matrimonio. Ci chiedono: come vivere questa situazione non facile non in modo negativo o disperato, ma come occasione di testimonianza consapevole e persino lieta all’interno della comunità cristiana?

 

«Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare». Questo il nuovo tema della Pastorale familiare…

Le tematiche di quest’anno, 2019, vogliono sollecitare a non rimanere fermi su posizioni che si presumono acquisite e conquistate, ma avere sempre la forza di ricominciare. Il tema del cammino, del pellegrinaggio, della vigilanza attiva sono essenziali temi evocativi per capire il mistero della vita e della fede. La Chiesa è in fondo un grande, entusiasmante, movimento; un esodo della persona, che provoca continuamente la persona ad affidare la propria esistenza a Dio che conduce.

L’atteggiamento più distruttivo nella cura pastorale è proprio quello dei «fuochi di artificio», che come dice bene la parola sono appunto artificiali; cioè corrispondono a iniziative abbaglianti, che risplendono per lo spazio di un mattino e non innescano un lavoro costante. Insomma, occorre «restare sul pezzo» con un impegno tanto creativo quanto perseverante. Oggi, il nostro compito non è di vincere singole e parziali battaglie è piuttosto vincere la guerra contro una mentalità corrosiva e destrutturante. Per questo un Centro diocesano, come la Commissione Diocesana per la famiglia, deve sprigionare input, ma poi il lavoro deve continuare nella base ecclesiale. Per questo motivo ogni Vicariato è rappresentato nella Commissione Diocesana da una coppia di sposi che insieme a un sacerdote sono responsabili di portare sul singolo territorio ciò che si studia come utile per tutta la Diocesi. Insomma, se i valori non diventano esperienza vissuta, se non creano realtà di comunione più consapevole tra famiglie, e se queste non diventano, a loro volta, cellule generative di nuclei familiari attivi e coscienti della Grazia di Cristo che portano in sé, tutto rimane nel vago e nel sentimentale. Certo occorre individuare delle priorità nella vita pastorale: senza un pensiero-locomotiva che fa da traino al resto, che certamente è buono, rischiamo la dispersione. È evidente che noi crediamo che la pastorale della famiglia nelle singole parrocchie possa essere la locomotiva trainate di un piano pastorale. Perché anche «in natura» le cose vanno così. Ci sono un uomo e una donna, uniti da una comunione indissolubile, ci sono dei figli da crescere e da educare e dunque da questa realtà naturale parte tutto. Infatti, il Creatore ha pensato così la sua creazione: la famiglia come germe iniziale di tutto. Quindi, occorre camminare, non restare fermi, conformandoci al paradigma caro a Papa Francesco della «Chiesa in uscita». Ma bisogna sapere e conoscere bene dove si va, per non uscire senza avere una meta certa.

5 Gennaio 2019 | 09:25
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