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Europa, la Chiesa si interroga sulle vocazioni

Invitiamo «tutti a compiere uno sforzo per ricostruire la fiducia reciproca in una società come la nostra, che offre una grande pluralità culturale, politica e religiosa. La coesione sociale, l’armonia, il sentirsi più vicini gli uni agli altri e il rispetto dei diritti di tutte le persone che vivono in Catalogna devono essere uno dei nostri obiettivi prioritari in questo momento». Non bisogna «ignorare né trascurare» che «esiste un problema politico di primo ordine» per il quale occorre trovare «una soluzione giusta», che «sia accettabile per tutti, attraverso un grande dialogo nella verità, con generosità e nella ricerca del bene comune di tutti».

Lo affermano i dieci vescovi delle diocesi catalane in una lettera diffusa all’inizio della Quaresima. I pastori della Catalogna, dopo i dolorosi eventi dell’anno scorso – l’autoproclamato referendum per l’autonomia, la dura repressione voluta dal governo spagnolo, la dichiarazione di indipendenza e la fuga del presidente Carles Puigdemont in Belgio – incoraggiano i parlamentari catalani eletti il 21 dicembre 2017 a «promuovere meccanismi democratici per la formazione di un nuovo governo della Generalitat che agisca con senso di responsabilità verso tutto il Paese» e si adoperi per «superare le conseguenze della crisi istituzionale, economica e sociale in cui viviamo». I vescovi catalani nella lettera citano anche «la detenzione preventiva di alcuni ex membri del governo e di alcuni leader di organizzazioni sociali»: senza entrare nello specifico, i pastori catalani chiedono «una seria riflessione su questo fatto, al fine di favorire il clima di dialogo di cui abbiamo tanto bisogno». Difendendo anche «la legittimità morale delle opzioni per la struttura politica della Catalogna che sono basate sul rispetto per l’inalienabile dignità delle persone e dei popoli e difese pacificamente e democraticamente».

 

Lo scontro con il governo di Madrid che ha portato al referendum dichiarato anticostituzionale ma ugualmente celebrato, insieme alle immagini della dura repressione dei cittadini avvenuta in alcuni seggi da parte dei militari spagnoli, hanno lasciato una ferita profonda nella società catalana. Una società da tempo attraversata da fermenti antireligiosi, che non rappresentano affatto una novità: per constatarlo basta documentarsi su quale prezzo i cattolici hanno pagato durante la guerra civile degli anni Trenta e quante siano state le chiese distrutte dagli uomini del Fronte popolare repubblicano.

 

Eppure proprio la memoria condivisa di quelle sofferenze, e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e religioso presente in una regione tradizionalmente aperta e accogliente rappresenta la migliore risposta per affrontare da un punto di vista nuovo difficoltà politiche, aspirazioni indipendentiste, accordi possibili basati sul dialogo e su posizioni condivise. Nel 2022 Manresa, splendida città medioevale a poche decine di chilometri da Barcellona, celebrerà i 500 anni dell’arrivo di sant’Ignazio, proveniente da Loyola. Che qui rimase quasi un anno, dormendo in un ospizio per poveri e ritirandosi quotidianamente a pregare in una grotta nella quale iniziò a concepire quelli che sarebbero diventati gli Esercizi tipici della spiritualità gesuita.

 

Nella città catalana, sovrastata dalla cattedrale gotica del Trecento dedicata alla Madonna e chiamata «la Seuˮ, la «sedeˮ, perché i manresani avevano sperato – invano – che diventasse sede episcopale, le autorità civili e religiose propongono già da ora la possibilità di un pellegrinaggio «Camino Ignacianoˮ, ripercorrendo il tragitto compiuto dal santo fondatore dei gesuiti. A Manresa ci sono 22 luoghi legati alla vita e alla permanenza di sant’Ignazio. Il più noto è certamente il Santuario della Grotta (»la Cuevaˮ), sovrastato dalla grande costruzione del centro di spiritualità ignaziana, un «polmoneˮ spirituale che attira migliaia di studenti, giovani, pellegrini, religiosi e religiose.

 

In questo luogo Ignazio, dopo aver abbandonato la vita politica e militare per dedicarsi alla vita contemplativa, era arrivato nel 1522 durante il pellegrinaggio da Loyola, sua terra natale, a Gerusalemme. Qui, secondo il suo stesso racconto, il fondatore dei gesuiti aveva vissuto alcune esperienze mistiche che hanno assunto un significato chiave nella redazione della sua opera più importante, gli Esercizi Spirituali. Viveva da povero penitente, era caduto malato, e aveva trovato assistenza presso alcune famiglie della città. Tra le testimonianze storiche sopravvissute all’orda distruttiva della guerra civile, c’è una la piccola chiesa che ingloba l’antico ospedale dove Ignazio trovava rifugio insieme ai poveri.

 

Ma la città, vero cuore della Catalogna, vale la visita anche al di là del percorso ignaziano, per l’offerta di musei, luoghi di ritrovo, occasioni culturali e per la strada medioevale sotterranea conservatasi esattamente come si presentava più di 700 anni fa.

 

Dalla «cuevaˮ di Manresa, dalla grotta dove trascorreva lunghe giornate di preghiera, sant’Ignazio poteva ammirare di fronte a sé la catena montuosa formata di meteriale sedimentario addolcito e arrotondato dall’acqua e dal tempo, al cui interno, incastonato, sorge il monastero benedettino di Montserrat (che tradotto significa «monte tagliatoˮ, perché gli angeli lo avrebbero sezionato così da creare un trono per la Vergine). È il santuario catalano più famoso dedicato alla Madonna patrona della Catalogna, che sorge nel luogo dove si trovavano i rifugi di alcuni eremiti. Monastero benedettino dall’XI secolo, è stato raso al suolo da Napoleone e poi ricostruito. I monaci lo dovettero abbandonare durante la guerra civile che vide alcuni di loro subire il martirio.

 

A mille anni dalla sua fondazione è meta continua di pellegrinaggi per la devozione che in Catalogna, in Spagna e nel mondo viene tributata alla Vergine di Montserrat. Ogni fine settimana migliaia di persone si riversano nei grandi spazi del complesso dal quale si gode di una vista strepitosa verso Barcellona e verso il mare. Proprio questa caratteristica popolare, che unisce e accomuna, rappresenta un valore nel difficile momento che la Catalogna sta vivendo

Federico Piana – VaticanNews

28 Febbraio 2018 | 18:30
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