Etiopia, dove le comboniane donano una nuova vita alle giovani madri

Amina (il nome è di fantasia, ndr) è una delle madri che ha trovato una nuova vita nella »Casa Rifugio Emmaus» di Addis Abeba. Come lei tante altre donne che scappavano dalle violenze familiari sono rinate grazie all’opera delle comboniane. Missionarie come suor Angela Mantini, in Etiopia dal 1974 prima come insegnante e successivamente nella gestione economica. Suor Mantini vive in una comunità con altre tre religiose: due suore autoctone, Manna e Lidia, e Purificación di origini spagnole.

 

La capitale, come tutti i grandi centri urbani, deve fare i conti con un’immigrazione massiccia di giovani provenienti dalle zone rurali. «Cercano lavoro e benessere, ma rischiano di entrare nelle reti della droga, della prostituzione e dello sfruttamento». «Casa Rifugio Emmaus» è la risposta a due domande: «Cosa possiamo fare per le donne in difficoltà? Cosa possiamo fare per prevenire l’emigrazione verso i Paesi Arabi e verso l’Europa?». «Nel 2012 – racconta suor Angela – abbiamo iniziato a collaborare con il progetto Nigat gestito dai volontari laici salesiani che hanno stipulato un accordo con il Governo. In pratica, accogliamo le giovani madri per tre/quattro mesi. In seguito vengono inserite nel Nigat dove sono formate per raggiungere una piena autonomia una volta lasciato lo Shelter (la fase del riparo)».

 

Ogni anno sono circa 20 le mamme che vivono a stretto contatto con le suore «in un ambiente sereno e protetto dove non si sentono né minacciate né tantomeno giudicate». Camminano con la certezza di avere un compagno di strada, Gesù, che non le ha abbandonate e non le abbandona. Riescono così a superare «lo shock subito a causa di violenze di ogni genere e il rifiuto del partner, della famiglia e della società». A Emmaus trovano una struttura, riconosciuta dalla realtà locale, che offre loro una seconda possibilità. Stanno pensando, inoltre, di accogliere altre ragazze giovani, utilizzando altre strutture e coinvolgendo personale qualificato.

 

La Congregazione che ripercorre le orme di San Daniele Comboni è molto attiva nel Paese. Oltre all’esperienza della «Casa Rifugio», ad Hawassa gestiscono una scuola superiore e promuovono dei corsi alberghieri. La Chiesa ricopre un ruolo importante nel campo sociale, in particolare «è impegnata nell’educazione e nell’ambito sanitario con scuole, ospedali e altri percorsi riservati alle donne». Accanto a questo, c’è tutto il lavoro dedicato alla pace e allo sviluppo sociale che trova anche una buona collaborazione da parte degli ortodossi, dei protestanti e dei musulmani. «I responsabili delle differenti religioni non mancano di far sentire la loro voce a favore della giustizia e della non violenza in una nazione che raccoglie al suo interno etnie, culture e lingue diverse».

 

Tendenzialmente, come sottolinea suor Angela, i rapporti quotidiani e concreti con le altre religioni sono buoni: «Condividono tutti le stesse strutture educative e sanitarie e collaborano a livello sociale. Tutti i leader religiosi si adoperano per una convivenza pacifica, ma questo deve essere un impegno che riguarda tutti, non solo le Chiese, se l’Etiopia vuole continuare a vivere senza conflitti». In uno Stato «molto complesso e con profonde diversità al suo interno (basti pensare che si parlano 80 lingue differenti)», la Chiesa continua ad annunciare il Vangelo e a testimoniare la pace.

Luciano Zanardini – VaticanInsider

13 Novembre 2017 | 18:20
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