A due anni dal terremoto rimane alto il rischio dei bambini vittime di trafficking

Il 25 aprile sarà il secondo anniversario del terribile terremoto che ha colpito il Nepal. La tragedia ha causato 9 mila morti, distrutto più di 700 mila case e lasciato oltre tre milioni di persone in estremo bisogno di aiuto. «Dopo due anni, il Paese è ancora in ginocchio, anche se fatichiamo a sentire notizie che lo riguardino» si legge in una nota inviata a Fides dalla ong WeWorld, impegnata da quasi 20 anni a difendere i diritti dei bambini e delle donne più vulnerabili in Italia e nel Sud del Mondo.
Tra gli allarmi lanciati, la ong in particolare segnala un’emergenza silenziosa che vede nei bambini, rimasti orfani o appartenenti a famiglie cadute in miseria, la principale categoria sfruttata. «In questa situazione di emergenza, infatti, i bambini e le bambine, in particolare, corrono il rischio altissimo di divenire vittime di trafficking. Secondo le stime più ufficiali, ogni anno 12-15 mila bambini e bambine sono trafficati dal Nepal e destinati principalmente allo sfruttamento sessuale in India. Il problema del trafficking di bambini, specie in zone d’emergenza, è una piaga di cui tutti noi dobbiamo sentirci responsabili e non riguarda certo solo il Nepal. I Paesi maggiormente interessati da questo crimine sono quelli colpiti da conflitti, disastri naturali o povertà cronica. Le cause risiedono tanto nella povertà delle famiglie, quanto nella domanda criminale. Le famiglie infatti spesso non possono farsi carico dei bambini o non si curano della loro protezione o deliberatamente li cedono ai trafficanti in cambio di denaro. Turismo sessuale, lavoro nero, pericoloso e mal pagato e più di recente il traffico di organi, sono le cause principali che dal lato della domanda alimentano il traffico di bambini». «Nei distretti di Sindupalchock, Kavrepalanchok, e Kathmandu dove lavoriamo da anni a favore dell’educazioni di base – prosegue la nota della ong -, dopo il terremoto siamo intervenuti per garantire un ambiente protetto e sicuro per i bambini, costruendo 63 strutture temporanee in cui i piccoli potessero ristabilire uno stile di vita normale, uno spazio in cui giocare e rielaborare i traumi. L’importanza di ricostruire le scuole in Nepal non risponde solo al bisogno di dare ai bimbi luoghi sicuri a lungo termine dove studiare. Attraverso la scuola possiamo incidere sulle motivazioni che rendono il traffico dei bambini tanto diffuso nel Paese: li possiamo monitorare tenendoli lontani dai pericoli della strada e dai trafficanti. Inoltre, a scuola riceverebbero pasti sani e cure mediche, e graverebbero meno economicamente su famiglie che oggi spesso vivono a livelli sotto la soglia di sussistenza».

24 Aprile 2017 | 19:41
Tempo di lettura: ca. 2 min.
nepal (6), terremoto (42)
Condividere questo articolo!