Don Pietro Borelli e don Giuseppe Albisetti: sogno, servizio e fedeltà per maturare nell’amore

«Il prete è vero, quando scompare. Quando, dietro di sé, lascia indovinare, trasparire Qualcuno», scriveva don Alessandro Pronzato, il prete scrittore di Alessandria che per tanti anni visse in Ticino e aggiungeva: «È proprio questa la fonte più sicura della gioia di un sacerdote». Il prete di ieri e di oggi è chiamato ad annunciare e testimoniare, nel mondo e nella comunità cristiana che gli è affidata, l’amore di Cristo. Come? Camminando a fianco delle persone, partecipando con intensità alle speranze, alle attese e alle inquietudini di ogni uomo e donna. Una presenza, quella del sacerdote, con risvolti sociali, umani e culturali non indifferenti: segue le persone che soffrono, portando luce e solidarietà; educa al vero e al buono le nuove generazioni; accompagna le famiglie e quanti si preparano a formarla.

Domani, domenica 25 aprile, quarta domenica di Pasqua, si celebrerà la 58ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni dal tema «San Giuseppe: il sogno della vocazione«, nello speciale anno dedicato al patrono della Chiesa universale. E infatti alle cure paterne di san Giuseppe, al suo cuore mite, al suo essere completamente donato a Dio che papa Francesco affida le vocazioni di oggi. Nel Messaggio in occasione di questa Giornata, istituita da san Paolo VI nel 1964, il Pontefice racconta della vita ordinaria di questo «grande Santo». Ne parliamo attingendo alla loro saggezza con due sacerdoti ticinesi, da poco in «pensione», don Pietro Borelli e don Giuseppe Albisetti. Il primo vanta oltre ad una lunga esperienza di parroco tra Sopra e Sottoceneri, la missione per la nostra diocesi a Barranquilla in Colombia, mentre il secondo ha dalla sua una lunga esperienza di parroco in Ticino.

Partiamo da quest’ultimo. «San Giuseppe è un santo che sento molto vicino – ci confida don Giuseppe Albisetti – non solo perché porto il suo nome! Vedo in lui un esempio di preghiera, di presenza silenziosa e di disponibilità piena. Queste virtù, in fondo, dovrebbero essere di ogni cristiano». Il messaggio di papa Bergoglio per la giornata mondiale delle vocazioni si sviluppa intorno a tre parole chiave: sogno, servizio e fedeltà. «Ogni persona sogna di realizzarsi nella propria esistenza – osserva don Pietro Borelli ­- ma la vocazione all’amore, alla base di ogni scelta di vita, si nutre e cresce rimanendo fedeli al progetto di Dio. Come scoprirlo? Preghiera, lettura della Parola di Dio ed esperienze di servizio, fatte fin da piccoli, nei riguardi dei più deboli, di chi è svantaggiato, di chi soffre. Questi valori credo siano essenziali per maturare nell’amore. Ma per scoprirli e coltivarli da giovani è necessario seguire degli adulti maturi, perché i valori non sono idee astratte che si imparano sui libri».

Don Pietro Borelli, ordinato prete nel 1962, è stato per certi versi un pioniere. Basti pensare che diede il via, nel 1975, alla comunità del Cristo Risorto, sorta attorno all’omonima chiesa di Lugano, voluta dal vescovo Giuseppe Martinoli. Nel 1983 partì per la Colombia, per aprire la missione di Barranquilla, proposta dall’allora vescovo di Lugano, Ernesto Togni. Don Giuseppe Albisetti, nel corso dei suoi 39 anni di sacerdozio, ha curato ben sette comunità parrocchiali ticinesi.

Due preti immersi pienamente nella loro missione. Entrambi, per raggiunti limiti d’età, ora non hanno più l’impegno fisso di una parrocchia. Cosa è cambiato nella vita quotidiana? «Non è cambiato molto – ci dice don Giuseppe – perché continuo ad essere prete anche se non ho più degli impegni fissi. Sono a disposizione dei miei confratelli che mi chiedono un aiuto in determinati servizi pastorali ma ho un po’ più tempo per me stesso per qualche hobby e alcune gite in montagna con amici». Don Pietro Borelli riprende un’affermazione di San Paolo quando dice che tutto quello che facciamo «in parole e opere» si deve compiere «nel nome del Signore». «In questo senso – continua – non si va mai in «pensione». Avendo ora più tempo libero ho la possibilità di curare maggiormente le relazioni con le persone, anche nella cerchia dei miei familiari. Ho infatti due sorelle sposate e diversi nipoti. Ma ogni giorno ha la sua missione e ogni persona è sempre importante in qualsiasi stagione della vita». Missione è vocazione e viceversa, ci ricordano con la loro intensa vita spesa per la Chiesa i nostri due preti ticinesi. «Con il passare degli anni il pensiero che «il tempo si fra breve» è più presente. Forse nel «fare» quotidiano degli anni più giovanili l’idea della morte la si accantona un po’. Ma il cristiano è certo del mistero della Risurrezione. «Chi crede in me non morirà in eterno». Gesù è il Signore della vita non della morte. Mi sento testimone del Vivente e ogni giorno cerco l’oggi di Dio», conclude don Pietro.

di Federico Anzini

25 Aprile 2021 | 05:54
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