Diocesi

Don Carlo Vassalli: «Il Signore mi chiama alla testimonianza»

Sono passati 20 anni da quando Riva San Vitale ha festeggiato l’ordinazione sacerdotale di  un prete della comunità: allora fu don Simone Bernasconi. A due decadi di distanza, il 2 giugno 2018, Carlo Vassalli di Riva, nato a Mendrisio nel 1984, sarà ordinato prete nella Cattedrale di Lugano con un rito presieduto alle 9.30 dal vescovo di Lugano Valerio Lazzeri. Con don Carlo saranno ordinati altri due giovani, provenienti dall’Italia. Dopo gli studi liceali Carlo è dal 2001 collaboratore delle parrocchie di Riva San Vitale, Capolago e Brusino Arsizio prendendo in particolare la responsabilitàÌ»dei giovani all’Oratorio Beato Manfredo. Nel 2011 intraprende un anno di direzione spirituale che lo porta nel settembre 2012 a iniziare il cammino di formazione e discernimento presso il Seminario San Carlo. Dopo l’ordinazione diaconale avvenuta un anno fa, Carlo ha svolto il suo servizio presso la parrocchia di Gordola. «Dopo il liceo mi era venuta l’idea di entrare in Seminario, poi però l’ho accantonata pensando di essere piuttosto fatto per un servizio di laico in parrocchia «. Tuttavia la vocazione al sacerdozio non ha lasciato quieto il cuore di Carlo. «Alla GmG di Madrid, nel 2011, mi sono posto alcune domande forti. Allora avevo anche una ragazza, quindi le ho detto che necessitavo di un anno di tempo per capire.  Questa scelta è stata decisiva: ho messo fuoco la mia vocazione, così sono entrato, nel settembre del 2012, in Seminario a Lugano». Ne ha parlato alla redazione di catt in occasione di un evento in cui è doveroso non perdere la sua testimonianza.

Don Carlo, come si fa a capire di essere fatti per diventare preti?

Io sono sempre stato piuttosto un trascinatore, se penso all’oratorio e ai giovani. Nel periodo in cui ho messo a fuoco la mia vocazione e negli anni di Seminario ho vissuto un altro ruolo: da trascinatore sono diventato qualcuno che si è lasciato guidare da un Altro, affidandomi -nel concreto- a chi è stato incaricato di occuparsi del mio percorso formativo e di discernimento.

Come ti senti tra la gente da diacono e da prete?

Da parte mia il rapporto con la gente non è cambiato, è però vero che le persone ti guardano in modo diverso. Non si tratta solo di anteporre il «don» al nome, ma è anche l’avvertire un rispetto e un’autorevolezza che la persona ordinata richiama in virtù del ministero. Sento di essere chiamato a dare una testimonianza viva dentro le cose che faccio: dalla celebrazione, al momento di preghiera, all’accompagnamento di una famiglia in difficoltà…

Che domande pongono i giovani ad un loro quasi coetaneo che diventa prete?

Fanno tante domande su chi sono il prete e il diacono. Ai più manca un vocabolario, non conoscono. Invece i ragazzi che sono più vicini ad un cammino di fede invece mi chiedono della mia scelta. Suscita curiosità la questione del celibato, ma sono anche affascinati da chi sceglie di dare tutto per il Signore e i fratelli. Sentono che c’è qualcosa di altro rispetto al trend comune. Non so poi se si pongono la domanda di una vocazione di questo tipo, anche se devo dire che i ragazzi non la rifiutano a priori. Ne ho la testimonianza diretta incontrando i giovani, soprattutto dopo un’esperienza forte come un ritiro, un pellegrinaggio o una GmG.

Quindi Dio bussa ancora al cuore dei giovani, ma poi cosa capita?

La quotidianità oggi è veloce e fatta di mille cose altre rispetto all’esperienza di fede. La società è laicizzata, spesso distrae dal coltivare la domanda e la possibile risposta.

Le vocazioni in Occidente sono in calo costante. Ti fa problema?

Guardo l’aspetto positivo: la Chiesa Universale ha tante vocazioni altrove nel mondo, persone con una comune fede declinata con sfumature diverse, che colte nell’insieme rappresentano soprattutto un arricchimento.

Chi o cosa ti ha aiutato a mettere a fuoco la tua vocazione?

La dimensione del servizio e il rapporto tra parrocchia e Azione cattolica. Sono entrato in oratorio a 17 anni per occuparmi del gruppo adolescenti ma dopo 6 mesi ero responsabile di tutte le attività dei giovani. Devo ringraziare don Mario Cassol e coloro che in parrocchia si sono fidati di me, un diciassettenne che con affetto hanno accompagnato in un percorso dove successi ma anche di inevitabili errori si sono alternati. La parrocchia e l’Azione Cattolica sono innestate l’una nell’altra, non c’è concorrenza ma complementarietà. Un altro segno concreto della mia vocazione l’ho colto leggendo il fatto che ho sempre dedicato il mio tempo libero non alle vacanze, ma all’impegno per la Chiesa, declinato nell’Azione cattolica, nei Grest, nei campi estivi, in Pastorale giovanile, negli oratori o in altri servizi.

 

 

 

 

2 Giugno 2018 | 06:30
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