Per il disarmo e la pace – Firma e ratifica da parte della Santa Sede del trattato sulla proibizione delle armi nucleari

Il 20 settembre scorso, presso il palazzo delle Nazioni Unite a New York, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, ha firmato per la Santa Sede, anche a nome e per conto dello Stato della Città del Vaticano, il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, adottato il 7 luglio 2017 al termine della conferenza delle Nazioni Unite finalizzata a negoziare uno strumento giuridicamente vincolante per proibire le armi nucleari. L’atto ha avuto luogo nel corso della cerimonia di alto livello per l’apertura alla firma del Trattato. Contestualmente monsignor Gallagher ha consegnato il relativo strumento di ratifica. A norma dell’articolo 15, paragrafo 1, del Trattato, esso entrerà in vigore per la Santa Sede e per lo Stato della Città del Vaticano novanta giorni dopo il deposito del cinquantesimo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione.

Promuovere concretamente la cultura della vita e della pace, basata sulla dignità dell’essere umano e sul primato del diritto, attraverso un multilateralismo fondato sul dialogo e sulla cooperazione responsabile, onesta e coerente di tutti i membri della comunità delle nazioni. È questo l’obiettivo che da sempre anima le iniziative internazionali della Santa Sede. Si tratta di un traguardo che in certi momenti storici, come quello attuale, sembra molto difficile da raggiungere. Ma soprattutto nei periodi più tormentati è necessario ribadire il valore del disarmo come strumento fondamentale per la coesistenza pacifica. Per questo, il 20 settembre, la Santa Sede, nel Palazzo di Vetro a New York, ha firmato il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari e, contestualmente, ne ha consegnato lo strumento di ratifica sottoscritto da Papa Francesco.

La firma e il deposito dello strumento di ratifica sono stati compiuti, anche a nome e per conto dello Stato della Città del Vaticano, dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, nel corso della cerimonia di alto livello per l’apertura alla firma del Trattato nella sede delle Nazioni Unite.

Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari è stato adottato il 7 luglio scorso al termine della Conferenza dell’Onu finalizzata a negoziare uno strumento giuridicamente vincolante per proibire le armi nucleari. La conferenza si è svolta a New York dal 27 al 31 marzo e dal 15 giugno al 7 luglio 2017. In quell’occasione, Papa Francesco ha indirizzato un messaggio ai partecipanti, di cui è stata data lettura in apertura dell’incontro. Nel suo messaggio, il Pontefice, incoraggiando «a lavorare con determinazione per promuovere le condizioni necessarie per un mondo senza armi nucleari», sottolineava che «l’obiettivo finale dell’eliminazione totale [di tali ordigni] diventa sia una sfida sia un imperativo morale e umanitario».

«La pace e la stabilità internazionali — si legge ancora nel messaggio — non possono essere fondate su un falso senso di sicurezza, sulla minaccia di una distruzione reciproca o di totale annientamento, sul semplice mantenimento di un equilibrio di potere. […] Un approccio concreto dovrebbe promuovere una riflessione su un’etica della pace e della sicurezza cooperativa multilaterale che vada al di là della «paura» e dell’«isolazionismo» che prevale oggi in numerosi dibattiti. Il conseguimento di un mondo senza armi nucleari richiede processi di lungo periodo, basati sulla consapevolezza che «tutto è connesso», in un’ottica di ecologia integrale (cfr. Laudato si’, 117, 138). Il destino condiviso dell’umanità richiede di rafforzare, con realismo il dialogo e costruire e consolidare meccanismi di fiducia e di cooperazione, capaci di creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari. La crescente interdipendenza e la globalizzazione significano che qualunque risposta diamo alla minaccia delle armi nucleari, essa debba essere collettiva e concertata, basata sulla fiducia reciproca. Quest’ultima può essere costruita solo attraverso un dialogo che sia sinceramente orientato verso il bene comune e non verso la tutela di interessi velati o particolari; questo dialogo dovrebbe essere il più inclusivo possibile di tutti».

In tale prospettiva, Papa Francesco auspicava che «i lavori di questa Conferenza possano essere proficui e diano un contributo efficace nell’avanzamento di quell’etica della pace e della sicurezza cooperativa multilaterale, di cui oggi l’umanità ha tanto bisogno», ricordando che «in questo sforzo dobbiamo evitare quelle forme di recriminazione reciproca e di polarizzazione che intralciano il dialogo invece di incoraggiarlo».

Il Trattato è stato adottato con 122 voti a favore, tra cui quello della Santa Sede, l’astensione di Singapore e il voto contrario dei Paesi Bassi. Non hanno partecipato alla Conferenza di redazione del Trattato tutti i paesi possessori di armi nucleari, i paesi membri della Nato (ad eccezione dei Paesi Bassi) e gran parte di quelli beneficiari del cosiddetto ombrello nucleare. Va rilevato che nelle basi statunitensi situate nel territorio di alcuni Paesi della Nato, come Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia, stazionano armi nucleari.

Nei sui aspetti più rilevanti, il Trattato prevede la proibizione di: sviluppo, sperimentazione, produzione, acquisto, possesso, deposito, trasferimento, ricevimento, uso, minaccia di uso, stazionamento, installazione e spiegamento di armi nucleari o altri ordigni esplosivi. Vengono inoltre proibiti l’assistenza, l’incoraggiamento o l’induzione a qualsiasi attività vietata dal Trattato. In base all’accordo, ogni Stato dovrà sottoporre al Segretario generale dell’Onu una dichiarazione sul possesso e il controllo, presenti o passati, di armi o altri ordigni esplosivi nucleari o se essi sono allocati all’interno della propria giurisdizione. Gli Stati aderenti che possiedono o controllano armi o altri ordigni esplosivi nucleari o impianti legati ad essi dovranno eliminarli, convertirne l’uso e rimuoverne immediatamente lo status operativo, cooperando con l’Autorità internazionale designata dallo stesso Trattato. Gli Stati aderenti dovranno inoltre garantire assistenza alle vittime delle armi nucleari presenti nel loro territorio, così come prendere misure appropriate per risanare gli ambienti contaminati. Gli Stati che hanno usato o sperimentato armi nucleari hanno la responsabilità di fornire adeguata assistenza agli Stati colpiti. Il Trattato entrerà in vigore 90 giorni dopo il deposito del cinquantesimo strumento di ratifica.

Molte disposizioni del Preambolo richiamano in maniera diretta o indiretta la centralità della persona umana, del paradigma umanitario e delle strette connessioni del Trattato con la pace. Tra i passaggi più significativi vanno segnalati: l’impegno a non usare mai più le armi nucleari in nessuna circostanza; le catastrofiche conseguenze umanitarie di qualsiasi uso di armi nucleari; gli imperativi etici per il disarmo nucleare; l’obiettivo di un mondo libero da armi nucleari e il disarmo nucleare; la sofferenza delle vittime e l’impatto sulle popolazioni indigene, i principi del diritto umanitario internazionale; il ruolo della coscienza pubblica; l’importanza della pace e dell’educazione alla pace; la critica alle dottrine nucleari e alla dispersione di risorse umane ed economiche; la valorizzazione delle zone libere da armi nucleari; il principio dell’utilizzo dell’energia nucleare a scopi pacifici.

Come detto, il Trattato riconosce l’importanza dell’educazione alla pace e al disarmo in tutti i suoi aspetti e della sensibilizzazione sui rischi e sulle conseguenze delle armi nucleari per le generazioni attuali e future. Sono questi passaggi che potrebbero portare a iniziative interessanti, non solo negli ambiti educativi, ma anche nel campo dei media e della cultura.

Il voto a favore del Trattato manifesta del resto la profonda preoccupazione di gran parte della comunità internazionale di fronte alle conseguenze catastrofiche di qualsiasi utilizzo di armi nucleari, le quali, attraverso il Trattato, non sono più da essere considerate un legittimo strumento bellico, ma rappresentano, al contrario, una minaccia reale di distruzione del pianeta. L’obiettivo principale del Trattato è, infatti, quello di vietare le armi nucleari in maniera inequivocabile, inserendole nella stessa categoria di altre armi di distruzioni di massa come le armi chimiche e quelle biologiche, già proibite. Tale processo rappresenta, inoltre, una tappa fondamentale nel percorso verso un mondo libero da armi nucleari, rafforzando le norme giuridiche e politiche contro il loro possesso e utilizzo, e facendo avanzare il cammino di delegittimazione e di stigmatizzazione di tali ordigni e del loro impiego nelle dottrine militari.

La Santa Sede è Parte ai principali Trattati multilaterali sul disarmo e ha aderito a tutti i Trattati multilaterali sulle armi di distruzione di massa: il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, il Trattato sulla messa a bando degli esperimenti nucleari, la Convenzione sulla proibizione delle armi biologiche, la Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche. Il Trattato aperto il 20 settembre alla firma, che vieta le armi nucleari, servirebbe a chiudere il vuoto giuridico attualmente esistente; una grave anomalia poiché quelle nucleari sono le uniche armi di distruzione di massa non ancora vietate dal diritto internazionale in modo globale e universale. È ben noto inoltre che, come Papa Francesco ha evidenziato rivolgendosi alla Conferenza sull’impatto umanitario delle armi nucleari, con il suo messaggio del 7 dicembre 2014, «spendere in armi nucleari dilapida la ricchezza delle nazioni. Dare priorità a simili spese è un errore e uno sperpero di risorse che sarebbero molto meglio investite nelle aree dello sviluppo umano integrale, dell’educazione, della salute e della lotta all’estrema povertà. Quando tali risorse sono dilapidate, i poveri e i deboli che vivono ai margini della società ne pagano il prezzo».

È del resto importante che la comunità internazionale eviti un approccio miope ai problemi della sicurezza nazionale e mondiale, ed assuma invece un comportamento lungimirante per promuovere la pace e la sicurezza. Il perseguimento di un reale processo di disarmo internazionale non può infatti che recare grandi benefici allo sviluppo. E uno sviluppo umano integrale non può non avere profonde e benefiche ripercussioni sulle stesse questioni della sicurezza.

News.va

22 Settembre 2017 | 07:00
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