Cultura

Dallo spazio un aiuto per conservare gli antichi testi del Vaticano

Il Vaticano chiede «aiuto» alle missioni spaziali per la conservazione del patrimonio culturale del pianeta attraverso la digitalizzazione di antichi manoscritti e codici. I due campi del sapere uniscono gli sforzi grazie alla collaborazione nata cinque anni fa tra l’Agenzia Spaziale Europea (Esa) e la Biblioteca Apostolica Vaticana, che, fondata nel 1475, è una delle più antiche istitutizioni del pianeta.

Obiettivo del progetto – i cui primi risultati sono stati presentati pochi giorni fa in Vaticano – «è digitalizzare gli 82mila manoscritti vaticani», come ha spiegato il prefetto della Biblioteca Apostolica, Cesare Pasini. Alcuni di questi risalgono anche a 1.800 anni fa e sono circa 1,6 milioni i documenti stampati. «Al momento siamo a circa il 15% del totale», ha informato Pasini.

 

«Abbiamo cominciato la digitalizzazione già da anni e stiamo collaborando con diversi Paesi», ha sottolineato invece l’arcivescovo Jean Louis Brugues bibliotecario e archivista della Biblioteca Apostolica vaticana. Digitalizzare tutto il materiale, spiega, è utile e necessario «sia per conservare meglio i nostri tesori sia per renderli fruibili anche a distanza al nostro pubblico, «democratizzando» le procedure burocratiche».

 

I costi, però, «sono davvero enormi»: «Stiamo cercando sponsor, dal Giappone agli Usa alla Germania, perché la Santa Sede non ha la possibilità di sostenere questo sforzo economico», spiega il prelato. «La nostra istituzione ha sempre manifestato un interesse molto forte per l’aspetto scientifico della vita umana, penso ad esempio al fondo per l’astronomia o alla sala Gregoriana della torre dei venti dove è stato corretto il calendario internazionale. Con l’Esa stiamo scambiando dati e tecniche, prefigurando un ruolo più forte in futuro».

 

 

Da parte sua Josef Aschbacher, direttore del centro Esa per l’Osservazione della Terra Esrin di Frascati, afferma che la collaborazione con il Vaticano è «davvero molto importante e interessante». «Come noi dell’Esa, la Santa Sede ha il problema di possedere una grande mole di documenti e di scritture da digitalizzare e aprire a tutto il mondo: così, abbiamo applicato una tecnologia spaziale che noi già usiamo per l’osservazione della Terra e dell’Universo, lavorando insieme con costi davvero ridotti al minimo».

 

Più nel dettaglio, ha riferito Aschbacher, «il progetto facilita la conservazione e l’accesso futuro alle antiche collezioni della Biblioteca Vaticana grazie a un software sviluppato negli anni 70 da Nasa ed Esa per archiviare la grande mole di dati raccolta dalle missioni spaziali».

 

Basti pensare che solo i satelliti del progetto Copernicus per il monitoraggio della Terra, ha spiegato Simonetta Cheli, una delle responsabili della collaborazione, «a partire dal 2014 hanno prodotto 53 petabyte di dati, all’incirca quelli prodotti ogni giorno da Facebook». Grazie ai progressi nella tecnologia di archiviazione dei dati, spiegano gli esperti dell’Esa, è possibile conservare a lungo termine le immagini in formato elettronico. «Le istruzioni per leggere e decodificare i dati archiviati sono contenute negli stessi file digitalizzati – ha aggiunto Cheli – in modo da permettere anche in futuro di accedere alle informazioni».

VaticanInsider

19 Aprile 2018 | 16:47
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