Giovani

Dalla Svizzera all'Albania per creare ponti di amicizia

«Cercare il non conforto»: è stato questo il motto che ha accompagnato la trentina di giovani svizzeri, fra i quali c’erano anche alcuni ticinesi, che dal 22 luglio al 1. agosto hanno partecipato al campo di lavoro in Albania proposto dal movimento dei Focolari.

A Bize, un paese immerso nella natura e con la vista sul mare, e insieme ad un gruppo di giovani albanesi, hanno avuto l’opportunità di partecipare ad un progetto sociale, «sporcandosi le mani» in lavori quali la pulizia di bio-coltivazioni di rosmarino e alloro, o la raccolta dei cornioli. In gruppi misti, sono stati coinvolti a turno in varie attività quotidiane come lavare i piatti e aiutare in cucina, ma anche nella preparazione di momenti di riflessione o l’organizzazione di giochi. Durante questa esperienza i giovani hanno avuto anche la possibilità di fare degli incontri particolari come ad esempio con il vescovo Asti Bakallbashi, della chiesa ortodossa di Tirana, con le suore albanesi della città cattolica di Shkodra, con una giovane famiglia di Puka, una regione montana molto povera dell’Albania, con il giovane avvocato Alfred, che ha promosso un progetto di coltivazione di castagni. «All’inizio di questa esperienza pensavo ci fosse una grande distanza tra albanesi e svizzeri, ma con il passare dei giorni ho visto questo distacco dissolversi», racconta la ticinese Silvia, 15 anni. E aggiunge: «Mi è piaciuto conoscere altri punti di vista, sia tra gli albanesi che tra gli svizzeri e ho apprezzato i momenti di discussione nei quali potevamo ascoltare ed esprimere le nostre opinioni liberamente ». Per Klarissa, giovane albanese di 13 anni, è stata una nuova esperienza ed è pronta a ripeterla. «Il workcamp mi è piaciuto molto: ho fatto nuove amicizie e mi sono divertita. Non pensavo che gli svizzeri fossero così amichevoli e aperti. Anche se era faticoso mi è piaciuto lavorare in compagnia nei campi». Julian, 17 anni, di Zurigo, sottolinea il fatto che è stata un’opportunità per conoscere una nuova cultura e apprezza la positività delle persone che hanno frequentato questo campo. «Non tutti all’inizio avevano tanta voglia di lavorare nei campi, ma alla fine tutti hanno dato il meglio di se stessi». Anche al ticinese Jody, 15 anni, il campo è piaciuto ed in particolare ha apprezzato «di poter essere me stesso con tutti senza avere paura di essere giudicato. La sera era uno dei momenti più belli della giornata perché si poteva giocare a carte o semplicemente parlare per sfogarsi». E aggiunge: «In questo workcamp, diversamente da altri, non si utilizza il telefono, perché ci si diverte anche senza». La sensazione emersa dai racconti è che, come in Lituania negli scorsi due anni, anche in Albania l’esperienza è stata molto positiva, da ripetere. Ai giovani piace questa «vacanza» un po’ particolare dove si mescolano la scoperta di nuovi luoghi e culture, l’amicizia, gli incontri, il mettersi in gioco, la solidarietà.

Katia Guerra

18 Agosto 2019 | 14:43
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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