Ticino e Grigionitaliano

Da Salorino una croce per papa Francesco

Da apprendista a meccanico. Da Salorino all’Accademia d’arte di Brera a Milano. E poi a Roma da papa Francesco. Enrico Sala, classe 1943, ha vissuto molte vite.

«Io ne ho fatte di tutti i colori, sono sempre stata una persona molto estroversa. Da ragazzo giocavo con le macchinette piccoline malgrado fossimo poveri. Mio padre lavorava in cava. Quando ho avuto l’età di andare a fare l’apprendista ho fatto il meccanico. Ma anche se ero bravo non mi piaceva. Dopo aver aperto e lavorato in diverse ditte ero talmente bravo che facevo gli stampi anche a Como. Facevo il pendolare alla rovescia! E poi una mattina mi sono tagliato un dito, mi sono licenziato e seguito il cuore e la mia vera passione»

Qui la vita di Enrico Sala cambia. La brezza di aria fresca che lo attirava era l’arte. E cosi…

«Mi sono messo a studiare all’accademia di Brera come pittore. Perché avevo un fatto un quadro nel 1971 che è stato risposto a Villa Ciani in un concorso di pittori e da lì è partito la realizzazione di un sogno».

Partito da zero, del primo giorno si ricorda ancora che doveva dipingere una modella, insieme a una bella classe piena di ragazzi. Enrico si mise in fondo, con un foglietto di carta, mentre gli altri erano tutti molto più bravi ed esperti, erano usciti dal liceo artistico. Mentre lui non aveva nessuna formazione.

«Il docente disse indicandomi: «Quello lì è uno svizzerotto, vengono qui e sono digiuni di tutto, e allora domani mattina se non porta con una stecca di sigarette lo buttiamo fuori!»

«Lavoravo come un dannato, andavo due / tre volte a settimana a Brera, avevo una piccola macchina, c’era nebbia spaventosa per andare a Milano», ricorda.

Enrico Sala aveva già a 29 anni, ma fosse fuoricorso completo gli studi all’Accademia di Brera rapidamente. Cambiò corso, però, passa dalla pittura alla scultura.

Poi arriva il giorno dell’esame finale con la commissione venuta da Roma. Erano in pochi, perché si parte in tanti, ma 5/6 si laureano.

Qui il ricordo di Enrico Sala si carica di commozione: «Hanno parlato con tutti i candidati, presentato i lavori di tutti. Ma a me non mi chiamavano più… io pensavo mi avessero bocciato! Avevo diverse sculture, realizzate con dei sacchi di cemento bianchi e con la sabbia dei campi da tennis trasportati con la Mini Morris: un torso di donna appoggiato su un piedistallo, una figura stesa…»

Ma ciaman mia… pensavo

«E infine dicono: «Abbiamo l’ultimo, Enrico Sala, quello che è partito da outsider merita il 30 e lode!»

Ancora una nuova vita

La vita lavorativa lo riporta in Ticino. E’ stato docente alla scuola di Valcolla… Si ricorda molti episodi ma questo in particolare: «E’ stata un’avventura d’inverno, i bambini mi aspettavano fuori dalla scuola con tanta neve ed erano felici quando mi vedeva dicevano: maestro ce l’ha fatta ad arrivare, bravo!»

«Dopo aver girato un po’ di qua un po’ di là, alla fine sono arrivato al ginnasio di Lugano e poi ho mollato tutto perché la scuola non mi dava più soddisfazioni».

Ed ecco la terza o quarta vita di Enrico Sala: «Ho riattato delle vecchie stalle a Salorino e ho fatto la mia galleria. Ho lavorato come un dannato, ho fatto, in una quindicina d’anni, più di 450 sculture, ne vendevo 10-20 all’anno».

«Ho fatto una Madonna per la chiesa di Somazzo con la pietra di Salorino, poi ho fatto una croce azzurro cielo alla chiesa di Cragno. A Salorino ho fatto la Madonna in marmo di Arzo col piedistallo fatto con il salto di Salorino. Adesso la galleria è chiusa».

Mi sono consacrato alla scultura finché un medico mi ha tagliato dei nervi per un’operazione sbagliata alla schiena.

Da quella operazione: il buio. «Sono stato in crisi diversi anni. Fino a quando mia sorella Flora mi disse di scolpire una croce per il papa».

Continua Enrico Sala: «Avevo dei pezzi azzurri di marmo che portai da Carrara di celeste azul argentino».

La caduta e la rinascita

«Dopo la scultura per il papa ho mollato tutto per i guai fisici. E’ rimasta lì diversi anni. Poi mia sorella mi ha messo in contatto con un religioso a Roma, sono andato dal papa a Santa Marta».

«Quando ha preso la mia mano tra le sue due mani… E’ stata una cosa che non la dimenticherò mai».

Enrico Sala è uscito rinfrancato nel cuore e nello spirito da quell’incontro ed è nuovamente desideroso che qualcuno si interessi alla sua arte, qualcuno a cui raccontare il suo stile e mostrare le sue opere.

13 Novembre 2020 | 11:59
Tempo di lettura: ca. 3 min.
croce (12), Papa (1254), ticino (898)
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