Commento al Vangelo della XXVII Domenica del Tempo Ordinario
Calendario romano: Luca 17, 5-10
Una fede per essere forti e restare umili
Tra le nuove comunità missionarie insediate in Ticino, una ha attraversato l’Atlantico fino ad arrivare nel Vecchio continente. Un lungo viaggio dalle coste di San Paolo alle sponde del Ceresio ha portato la comunità Mar A Dentro ad approdare a Lugano. Padre Marcelo José Da Silva Sampaio è brasiliano e responsabile di questa missione, potremmo dire, al contrario: «Il nome significa prendere il largo, affrontare acque profonde. Dal vangelo di Luca impariamo ad avere fiducia nella parola del Signore e nei nostri mezzi. Gesù ci indica la strada, e noi andiamo: ad evangelizzare, portare sollievo, formare uomini nuovi per un mondo nuovo».
«Il Vangelo in Casa» porta Caritas Ticino questa settimana alla Facoltà di Teologia di Lugano, dove padre Marcelo si divide tra un dottorato in Teologia dogmatica e il ruolo di assistente del rettore. «L’evagelista Luca ci spiega che bisogna avere fede» esordisce Dante Balbo «e che per fare grandi cose ne basta anche poca. Questa domenica, infatti, Gesù ricorda ai discepoli come basterebbe una fede pari a un granello di senape per chiedere ad un gelso di trapiantarsi in mare ». Potremmo, insomma, fare molto di più di quanto pensiamo, fidandoci del Signore. Una fede che aiuta anche a capire il nostro ruolo nel mondo: ma perché allora Gesù ci chiama servi inutili? «E’ un passo non semplice» continua padre Marcelo, «da una parte il Messia ci ricorda che anche con poca fede siamo forti. Ma dall’altra ci ammonisce a non cercare di riuscire a tutti i costi e a restare umili, a fare ciò che Lui ci chiede. Un’iperbole utile alla consapevolezza che, alla fine, il compimento di tutto spetta al Signore. Come nella santità che non è un mio impegno, ma dono di Dio al mio cammino».
Cristiano Proia (Dalla rubrica televisiva Il Vangelo in casa di Caritas Ticino a cura di Dante Balbo, con padre Marcelo Da Silva, in onda su TeleTicino e online su YouTube)
Calendario ambrosiano: Matteo 10, 40-42
Accogliere i «diversi» e i «lontani» come Gesù
Il filo rosso dell’accoglienza congiunge i tre testi di questa domenica. La prima lettura celebra l’ospitalità offerta dalla vedova di Sarepta al profeta Elia. Una ospitalità che non intaccherà le modeste risorse di quella povera donna, anzi garantirà olio e farina a quella casa ospitale. Nella pagina di Paolo incontriamo il più bell’elogio dell’ospitalità: «Alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli Angeli». E infine nel breve testo evangelico ben sei volte ritorna il verbo accogliere. Accogliere un discepolo del Signore sarà accogliere il Signore stesso, anzi accogliere il Padre che ha mandato il suo Figlio. Messaggio antico quello dell’accoglienza del forestiero. Leggiamo nel libro del Levitico, tra i testi più antichi della Scrittura sacra: «Se uno straniero abita con voi nella vostra terra non molestatelo. Ma sia tra voi come uno dei vostri e tu amalo come te stesso, perchè anche voi siete stati stranieri nella terra d’Egitto». Certo, oggi questo appello all’accoglienza non è molto gradito. Ma perchè accogliere? La prima ragione dell’accoglienza nei confronti di ogni essere umano è il suo essere creato a immagine e somiglianza di Dio. Accogliere l’uomo vuol dire accogliere Dio stesso. Guardiamo a Gesù e al suo agire: accogliente soprattutto nei confronti dei «diversi», dei «lontani» degli «emarginati». Emblematico il suo rapporto con i Samaritani. Proprio in questa comunità «bastarda e infedele» agli occhi degli Ebrei del tempo, Gesù sceglie i modelli esemplari di veri discepoli. Dovrebbero bastare questi rapidi cenni per sconfiggere troppi atteggiamenti di ostilità, diffidenza, chiusura che impediscono l’accoglienza, raccomandata anche da ragioni di convenienza per i nostri Paesi segnati da forte invecchiamento. Ma come discepoli di Gesù non possiamo accettare logiche di chiusura ed esclusione. Ce lo impedisce l’Evangelo.
Don Giuseppe Grampa