Commento al Vangelo della XXIX Domenica del Tempo ordinario
Calendario romano: Lc 18, 1-8
Durante un’intervista di dieci anni fa ad Angelo Branduardi, a Roma, ci trovammo a parlare della sua (splendida) interpretazione del Cantico delle Creature, per cui il menestrello lombardo attinse direttamente alle fonti francescane. Gli chiesi che tipo di folgorazione ci fosse dietro un album intero dedicato al poverello d’Assisi: «Dio sceglie sempre i peggiori» rispose, sorridendo. In effetti, il Vangelo è costellato di parabole centrate su cattivi esempi, usati però solo apparentemente con fini provocatori. Anche nelle scritture di questa settimana Gesù usa l’esempio di un giudice «iniquo» (come lo definiva la versione Cei del 74: l’aggettivo fu omesso nella revisione del 2008). Ne parlano dalla Facoltà di teologia di Lugano don Marcelo Da Silva e Dante Balbo, per le riprese televisive di Caritas Ticino. «Non è un esempio così strano» esordisce don Marcelo: «Gesù attinge dalla vita quotidiana, perché è in essa che Dio si rivela. Il Vangelo va spesso in profondità: per comprenderlo bisogna aprire il proprio cuore». Ma perché, chiede Dante Balbo, richiamare la figura di una vedova? «A quel tempo la perdita di un marito minacciava la sopravvivenza di una donna: da qui il richiamo alla tenacia, all’insistenza nel chiedere l’intervento del giudice. Quella tenacia dovrebbe essere la nostra nel pregare Dio. Non basta infatti farla, bisognerebbe desiderarla, quella volontà: magari non sempre corrisponde a ciò che chiediamo, ma se la creatura desidera ciò che Dio fa, Dio fa ciò che la creatura desidera ». Poi Gesù, in chiusura, chiede provocatoriamente se quando Dio arriverà, troverà la fede sulla Terra. Per don Marcelo «nel libero arbitrio possiamo scegliere di non seguire Gesù. Ma per scegliere bene, non dovremmo perdere la preziosa opportunità di conoscerlo».
Cristiano Proia – Dalla rubrica televisiva Il Vangelo in casa di Caritas Ticino a cura di Dante Balbo, con padre Marcelo Da Silva, in onda su TeleTicino e online su YouTube
Calendario ambrosiano: Lc 6, 43-48
Il 20 ottobre 1577 san Carlo celebrava la dedicazione del Duomo di Milano. Diventava dimora di Dio nel cuore della città e casa per il popolo di Dio il magnifico edificio iniziato due secoli prima completato con la facciata solo nel 1814. Oggi è festa della Chiesa ambrosiana che ha nel Duomo il suo centro e il suo cuore. L’evangelo di questa domenica, con l’uomo che costruisce la sua casa su solida roccia, ci ricorda che la nostra roccia è Dio stesso. La scelta di questo simbolo ci ricorda questa semplice verità: la Chiesa ha come suo unico fondamento Gesù Cristo, la pietra angolare: «Questo Gesù è la pietra che scartata da voi costruttori è diventata testata d’angolo. In nessun altro c’è salvezza». Così Pietro davanti al Sinedrio (At 4,11s.). Quando diciamo ›Chiesa’ il pensiero corre a Roma, alla basilica di san Pietro, a papa Francesco. In verità, dicendo ›Chiesa’ dovremmo volgerci anzitutto alla nostra chiesa locale, la Chiesa di Lugano. Secondo l’insegnamento del Concilio, la Chiesa si realizza interamente e pienamente, là dove un vescovo, successore degli Apostoli, raccoglie una comunità annunciando l’Evangelo e celebrando l’Eucaristia. La nostra Chiesa ha avuto ed ha pastori generosi e solleciti ma non dimentichiamo che l’unico grande Pastore è Gesù e che la roccia. Questo vuol dire che la Chiesa non ha parole sue da dire ma deve solo instancabilmente annunciare l’evangelo. Papa Francesco: «Gesù, questo è importante. Se andiamo avanti grazie all’organizzazione, ad altre cose, anche belle, ma senza Gesù allora non andiamo avanti, e questo non va bene. Niente è più importante di Gesù. Ora voglio farvi un piccolo rimprovero, con spirito fraterno, tra noi. Avete tutti gridato, qui sulla piazza: ›Francesco, Francesco’. Ma Gesù dov’era? Avrei voluto che voi gridaste ›Gesù, Gesù’: è il Signore ed è veramente in mezzo a noi». E ancora: «Vi è tanto bisogno di portare la presenza viva di Gesù misericordioso e ricco di amore: vuol dire ›uscire’». (Udienza del 27 marzo 2013).
Don Giuseppe Grampa