Commento

Commento al Vangelo della XVII Domenica del tempo ordinario

Calendario romano: Luca 11, 1-13

Un piccolo trattato sulla preghiera

L’Evangelista Luca, in questa domenica, ci fa da maestro su un elemento fondamentale dell’essere cristiano: la preghiera. La sua riflessione si colloca nella presentazione di Gesù in preghiera e nella richiesta di un discepolo. Gesù sta pregando e quando ha terminato, in risposta alla domanda di un suo discepolo, che parla a nome di tutti, il Signore insegna come si deve pregare, quali devono essere le intenzioni della preghiera e in quale spirito vanno rivolte a Dio per essere esaudite. In questo brano evangelico abbiamo un esempio di catechesi, un vero, seppur piccolo, trattato sulla preghiera.

Senza dubbio, l’Evangelista ha riunito in questo brano i vari insegnamenti che Gesù Cristo aveva dato sulla preghiera in circostanze diverse. Più che una formula di preghiera da recitare a memoria, il Signore ha voluto apertamente indicare con quale spirito bisogna parlare a Dio, affinché la nostra preghiera sia l’eco della sua. Gesù ci dice: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione».

Per questo, davanti ad un insegnamento forte che Gesù da oggi a ciascuno di noi, ci viene spontanea la domanda: «Perché pregare?», o meglio: «Come pregare?». Pregare è, prima di tutto, mettersi e restare alla presenza di Dio, è vivere nella sua intimità, è stare in ascolto della sua parola, meditarla, impegnarsi in tutto e per tutto a fare la sua volontà. Pregare, in una parola, significa amare, vivere di amore, rispondendo a tutte le sue esigenze.

La preghiera è la vita dell’anima. Infatti, un’anima che prega è un’anima che vive. Prima di noi, lo ha sperimentato Abramo, nostro padre nella fede (nella prima lettura), dove la sua preghiera è giunta a Dio con tutta semplicità e fiducia ed è stata esaudita. Poi, lo hanno sperimentato gli apostoli, accogliendo docilmente l’insegnamento di Gesù sull’importanza di pregare e pregare senza stancarsi.

Ora, non ci resta che sperimentarlo anche noi, giorno dopo giorno, affinché le nostre preghiere non si riducano a delle formule vuote, forse recitate svogliatamente, ma in piena comunione con Dio, abbandonandoci totalmente a Lui, fonte della vita.

Come gli apostoli, dobbiamo chiedere: «signore, insegnaci a pregare!» E allora, d’ora in poi, cerchiamo di recitare la preghiera del «Padre nostro », con vero spirito di figlie e figli di Dio, in unione alle tante sorelle e ai tanti fratelli che quotidianamente incontriamo sul nostro cammino di vita.

Don Simone Bernasconi

Calendario ambrosiano: Giovanni 6, 59-69

Anche nel dubbio una scelta d’amore

Il testo di Giovanni che leggiamo questa domenica fa parte del discorso di Gesù nella Sinagoga di Cafarnao. Il riferimento è all’eucaristia: Gesù nella prima parte afferma di essere Lui il pane di vita, il vero nutrimento mediante il suo corpo e il suo sangue, assimilabile però solo mediante la fede. Naturalmente i Giudei non comprendono, ad eccezione di Pietro e dei discepoli, per alcuni dei quali però «Questo linguaggio è troppo duro; chi può intenderlo? ». Gesù non fa nulla per ammorbidire il suo discorso, le sue parole sono destinate a provocare rottura. Egli diventa segno di contraddizione. C’è l’imbarazzo di una scelta che non ammette possibilità di alibi o di evasioni. «Questo vi scandalizza? Alcuni di voi non credono» (61,63).

La parola di Gesù invita, o meglio obbliga ad uscire da sé stessi per seguire Dio; a superare la carne per vivere nello Spirito; a non chiudersi nell’effimero, nel contingente, nel temporaneo, ma a puntare sull’eterno. Gesù esige la fede in Lui, una fede che comporta un’adesione, un’unione totale alla sua Persona, al suo mistero di morte e vita. È la decisione e l’adesione che qualifica il vero credente, il vero discepolo. La fede è possibile solo a coloro ai quali essa è data dal Padre (v.65), e che perciò riescono a giudicare secondo lo Spirito e non secondo la carne (v.63). Ma costoro sono pochi: i Dodici (v. 67-69) e per di più uno di loro è un diavolo (v.6,70). Essere discepoli significa accettare ogni giorno tutto il mistero di Cristo Gesù. La scelta che salva è l’adesione incondizionata e amorosa a Cristo: «Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che Tu sei il Santo di Dio» (v.69). Tale scelta è dono di Dio, ma è anche libera risposta di ciascuno di noi che riconosce i propri limiti e l’assoluto bisogno di salvezza, e il rifiuto di una autosalvezza.

Il discorso duro di Gesù ci ricorda che la conversione personale, comunitaria e strutturale non è mai un’operazione indolore. La Parola di Gesù è tagliente come spada, scuote, scandalizza, obbliga alle scelte fondamentali che sono alla radice della nostra fede, è «Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo»! L’Eucaristia mette tutti noi fedeli di fronte a Cristo e ci interpella, spingendoci ad una scelta decisiva per Lui. La Parola che risuona durante la Santa Messa è luce, e il pane che ci viene offerto è forza e nutrimento per una risposta positiva agli appelli di Cristo nella vita quotidiana, specialmente nei momenti di prova, sofferenza, dubbio, in cui ci rimane più difficile giudicare come Lui, scegliere, amare e sperare come Lui, in comunione con il Padre e lo Spirito Santo. Con amore e fiducioso abbandono ripetiamogli dunque: «Tu solo hai parole di vita eterna»!

Madre Sofia Cichetti, Badessa del monastero di Claro

27 Luglio 2019 | 09:01
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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