Colombia, l’ex ministro dell’Ambiente: «Speriamo che il Papa porti la pace»

«Molte persone si aspettano che con l’arrivo del Papa si riduca la polarizzazione politica che c’è nel paese intorno alla pace; e che serva, in qualche maniera, a creare un clima di più intesa e maggiore comprensione tra tutte le parti in conflitto». Così Manuel Rodríguez Becerra, ex ministro dell’Ambiente, docente universitario e ambientalista, racconta le attese per l’imminente viaggio di Francesco in Colombia, in programma dal 6 all’11 settembre. «Ci sono molte aspettative perché la Colombia è uno dei paesi più cattolici dell’America Latina, anche se sempre meno praticante – spiega a Vatican Insider – ad ogni modo, le Chiese cristiane diverse da quella cattolica sono molto cresciute negli ultimi vent’anni, un fenomeno tutto nuovo in Colombia».

 

Soprattutto dopo la vittoria del fronte del «no» all’accordo di pace nel referendum 2016…

«La cosa più importante che sia capitata in Colombia negli ultimi decenni è che le Farc, il principale gruppo guerrigliero, abbiano lasciato le armi, ma è paradossale che sia riuscito in questo intento uno dei governi più impopolari nella storia della Colombia, anche per la forma nella quale si è sviluppato il processo di pace. Sfortunatamente quelli che avevano vinto con il «no» pensano di essere stati ingannati dal governo, che ha comunque portato avanti un nuovo negoziato con le Farc senza prendere in troppa considerazione la visione del gruppo del «no». Io, personalmente, avevo votato per il «sì», ma penso che il governo non abbia incassato bene la forte sconfitta nel processo di pace. E questo ha fatto sì che il paese restasse ancor più paralizzato, con una polarizzazione politica molto grande, soprattuto in vista della campagna per le elezioni presidenziali. È triste che ci sia questa polarizzazione di fronte a un fatto storico di tale portata come la consegna delle armi, e anche per questo motivo – insisto – sono tante le aspettative per la visita del Papa, che potrebbe creare un clima più positivo».

 

Francesco e la diplomazia vaticana sono stati, in una certa misura, protagonisti nel processo di negoziazione…

«Il Papa ha seguito da vicino il dialogo e i negoziati, ma, in generale, anche i Papi precedenti hanno condannato la guerra in Colombia e i massacri avvenuti. I Pontefici del passato sono stati anche molto attenti al tema della guerra, e in Colombia la Chiesa ha dato un contributo importante e positivo al processo di pace, senza dubbio; in alcune regioni, che sono molto violente, ha svolto un ruolo di moderazione e anche di resistenza civile di fronte alla guerra. Anche se, paradossalmente, una delle guerriglie, l’ELN, che non ha firmato la pace, fosse guidato tempo fa da alcuni preti spagnoli. Ci sono ancora queste situazioni di guerra del passato. Si è cominciato un processo di negoziazione con l’ELN, ma è troppo lento e, probabilmente, ricadrà sul prossimo governo».

 

C’è qualche rapporto tra il processo di pace e il degrado ambientale nel paese?

«Con la pace e il post-conflitto sembra accelerarsi la distruzione ambientale, ad esempio nella regione amazzonica, dove è aumentato in maniera allarmante il tasso di deforestazione. Tuttavia, la Colombia ha una grande opportunità di generare un tipo di sviluppo che abbia proprio la sua ricchezza naturale come uno dei fondamenti per frenare il degrado».

 

Cosa pensa dell’enciclica Laudato si’ di Francesco?

«È un’enciclica straordinariamente ricca, netta nelle diagnosi e nelle denunce. È, senza dubbio, il documento sullo sviluppo sostenibile più importante scritto da un leader religioso e politico negli ultimi anni. Ha anche un’incidenza molto positiva, perché costituisce un granello nella storia della concezione dello sviluppo sostenibile, secondo la quale si devono rispettare i limiti imposti dalla natura e, allo stesso tempo, sradicare la povertà, l’ingiustizia, per creare una società più inclusiva. Tutti temi molto importanti per la Colombia, dove l’enciclica del Papa ha avuto un impatto molto forte con la sua idea di cambiamenti o modifiche al modello di sviluppo. Non bisogna dimenticare che i più poveri della Colombia vivono in zone vulnerabili a livello climatico, in zone che non sono urbanizzabili».

 

Potrebbe fare un esempio concreto sul rapporto tra il degrado ambientale e l’ingiustizia sociale in Colombia?

«C’è una città che visiterà il Papa, Cartagena, che simboleggia l’opulenza (oggi vive il momento di maggiore prosperità nella sua storia), ma è anche una città nella quale non c’era mai stata così tanta ingiustizia sociale e nemmeno così tanta distruzione ambientale. E le vittime sono i più poveri. Ad esempio, c’è un posto, chiamato Sierra de la Virgen, nel quale abitano persone in condizioni di miseria e povertà inconcepibili, e così sono anche vittime degli alluvioni, delle inondazioni e altre calamità. E anche a Cartagena si concentra una grande popolazione di sfollati dalla guerra, che vive nell’indigenza».

 

Alla povertà si lega poi lo sfruttamento delle risorse naturali…

«La Colombia è uno dei paesi con maggiori conflitti socio-ambientali al mondo, ed esiste un movimento molto forte contro le miniere e le industrie del petrolio che nasce dalla storia di tante regioni colombiane, ma anche dell’America Latina, nelle quali ci sono stati grossi sfruttamenti che hanno lasciato povertà, miseria e tante volte distruzione. C’è una grande resistenza, molte comunità sono contro l’estrazione miniera, e temono che vengano rovinate le loro fonti di acqua e che questo tipo di attività non portino alcun beneficio, anzi, soltanto un peggioramento nelle loro condizioni di vita, come, infatti, accade in Perù e in Ecuador, giusto per citarne alcuni».

 

Quale è stato il ruolo della Chiesa nella difesa dell’ambiente e della giustizia sociale?

«In Colombia la Chiesa e, soprattutto la commissione del Pacifico colombiano, zona tropicale molto fitta dove si registra un’immensa povertà nonostante la sua ricchezza in biodiversità e oro, e nella quale militano ancora l’ELN e alcuni gruppi paramilitari, è stata fondamentale. Se non fosse per la Chiesa la situazione sarebbe molto peggio; ha avuto una posizione molto coraggiosa nella difesa degli interessi delle comunità afro-colombiane e indigene, e, certamente, mediando in tutto il conflitto e cercando che le miniere non facciano veri e propri disastri. Un ruolo, quindi, assolutamente centrale in questa regione».

 

Alla luce di tutto questo, qual è il suo auspicio per la visita di Francesco?

«Penso che la visita del Santo Padre potrebbe essere molto positiva in tutte le dimensioni dello sviluppo, anche per incoraggiare questo paese caratterizzato da un’ingiustizia sociale tremenda (perché molti della élite colombiana continuano ad essere troppo irresponsabili). Sarà molto positivo che qualcuno con l’autorità del Papa (non solo tra i cattolici, ma, grazie al suo carisma, anche nell’opinione pubblica) torni a parlare sul tema della povertà in Colombia, torni sul tema della necessità di rinforzare il processo di riconciliazione nella strada verso la pace, torni sul tema della difesa dell’ambiente».

Pablo Lombo – VaticanInsider

30 Agosto 2017 | 12:00
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