Commento

Cina, quello sguardo comune di Benedetto e Francesco

C’è una via da percorrere perché la Chiesa cattolica in Cina sia «pienamente cinese e pienamente cattolica». L’ha indicata dieci anni fa Benedetto XVI con la sua Lettera ai cattolici cinesi, in un momento in cui, grazie al paziente lavoro della Segreteria di Stato, i rapporti con Pechino offrivano spiragli di speranza. La sta percorrendo Francesco, che più volte durante il suo pontificato ha mandato segnali di grande attenzione per il popolo cinese e il suo grande Paese. Ne parla in un’analisi approfondita sul nuovo numero de «La Civiltà Cattolica» padre Federico Lombardi, già direttore della Sala Stampa vaticana e oggi presidente della Fondazione Ratzinger.

 

Lombardi osserva innanzitutto che l’attenzione del Papa «è ricambiata in Cina», anche perché agli occhi dei cinesi, «Francesco ha alcuni vantaggi rispetto ai suoi predecessori. Non è un europeo, quindi non appartiene a quel continente di popoli colonizzatori che, soprattutto nel XIX e XX secolo, hanno fatto sentire alla Cina la loro potenza militare e il peso dei loro interessi economici; e non è neppure stato coinvolto direttamente nel confronto storico con l’ideologia comunista e i regimi che vi si ispiravano. È un figlio di emigrati che viene da un altro continente ed è profondamente radicato in una realtà popolare a cui fa continuamente riferimento. È membro di una famiglia religiosa che nella storia si è avvicinata alla Cina con rispetto e con una capacità di dialogo fecondo, che rappresenta da secoli il punto più alto del rapporto fra il grande Paese asiatico e l’Occidente». Come attestano i nomi di gesuiti quali Matteo Ricci, Adam Schall, Ferdinand Verbiest, Giuseppe Castiglione.

 

Padre Lombardi scrive che «quando Francesco parla con convinzione della necessità di costruire la pace fra i popoli, i cinesi sentono l’eco di un ideale di «armoniaˮ che è loro familiare e, dato che egli non può vantare alcun potere militare o economico, non hanno alcun motivo di dubitare della sua sincerità». Anche grazie a quella «cultura dell’incontro» che Bergoglio non soltanto propone ma «si impegna a vivere».

 

C’è chi giudica eccessive le parole di apertura e di simpatia verso la Cina usate dal Papa, ad esempio nell’intervista con Francesco Sisci per Asia Times, ma lo sguardo positivo, l’»empatiaˮ – altro termine molto amato da Francesco – «diventano – spiega Lombardi – proprio la sfida di cui l’interlocutore ha bisogno per fare quel passo avanti che lo porta al di là del limite che finora lo chiudeva in sé e lo tratteneva». Tra i messaggi del Papa che suscitano maggiore interesse in Cina c’è «la sua insistenza sulla solidarietà», l’attenzione «ai poveri e la denuncia delle forme di sfruttamento», la «dura condanna di ogni forma di corruzione» e l’attenzione per la custodia della «casa comune» esemplificata dall’enciclica Laudato si’.

 

Nell’articolo pubblicato dalla rivista dei gesuiti si ricordano, a proposito della situazione cinese, le «gravissime conseguenze di un lungo periodo di diffusione sistematica dell’ideologia atea e antireligiosa e di distruzione dei valori sociali e morali della tradizione, a cui succede una spinta verso il progresso economico, che diffonde una mentalità non meno materialistica della precedente. Anche il tessuto familiare tradizionale e l’equilibrio demografico sono stati profondamente turbati e scossi dalla violenta «politica del figlio unicoˮ». Di fronte a tutto questo è presente in Cina una «rinascita del religioso» e anche le autorità politiche «si rendono conto che la dimensione religiosa va riconosciuta come una componente permanente della realtà della vita e come un contributo importante all’armonia e alla coesione della società». Qui si inserisce il messaggio della misericordia che Francesco ripete, invitando non solo i cattolici ma l’intero popolo cinese a «riconciliarsi con la sua storia, comprese le sue luci e le sue ombre, compresi gli errori stessi».

 

Per quanto riguarda la Chiesa cinese, Lombardi ricorda la solidarietà «sempre manifestata chiaramente dai Papi» ai cristiani di quel Paese. Nel lungo periodo della «Rivoluzione culturale» (1966-1976) la persecuzione aveva accomunato tutti i cattolici – non solo quelli non aderenti all’Associazione patriottica, ma anche quelli che vi avevano aderito – e, oltre a loro, tutti i credenti di ogni fede religiosa. I messaggi di Papa Begoglio sulla misericordia e sulla riconciliazione, culminati nel recente Anno giubilare (che in Cina ha avuto vasto seguito, con l’apertura di centinaia di «porte della misericordia» in tutto il Paese), «sono – scrive Lombardi – quanto mai pertinenti alla comunità cattolica cinese, la quale ha vissuto al suo interno, e continua a vivere, divisioni e tensioni conseguenti alle persecuzioni e pressioni subite e alle diverse modalità assunte per rispondervi o adattarvisi».

 

«La Civiltà Cattolica» fa qui notare, al di là di interpretazioni parziali e spesso interessatamente furovianti, la «chiara continuità» di Francesco con il suo predecessore, «la cui Lettera poneva l’unità della Chiesa al primo posto e indicava la via per realizzarla nella comunione, nella carità e nella disponibilità ad atteggiamenti concreti e reciproci di misericordia e di riconciliazione ai vari livelli della vita ecclesiale, fra vescovi, sacerdoti e fedeli».

 

Anche se la situazione è migliorata, non mancano ancora tensioni interne, le quali «per quanto comprensibili alla luce del passato – osserva padre Lombardi – sono uno dei principali ostacoli sulla via della testimonianza, della credibilità e dello slancio apostolico della comunità cattolica, e perciò vanno coraggiosamente superate». L’autore dell’articolo ricorda la «tradizione formidabile di impegno fattivo di carità» della Chiesa cinese, che anche qui è «un ospedale da campo», come auspica il Papa, e «ciò favorisce molto una sua positiva accoglienza da parte della società cinese». La prospettiva comune tra Benedetto XVI e il suo successore si può sintetizzare «nel rilancio dell’evangelizzazione».

 

«La comunità cattolica nasce, cresce, opera e dà il suo contributo nella realtà cinese – scrive ancora Lombardi – non in forza di un vincolo esterno ed estraneo, ma come frutto del seme del Vangelo… La comunità cattolica in Cina vuole e deve essere pienamente cinese, vuole essere per la Cina, per offrirle il Vangelo di Gesù senza cercare nulla per se stessa, ma solo per servire il bene delle persone e del popolo. Ma per essere davvero tale e portare i suoi frutti non dev’essere separata dalla comunità cattolica universale, perché è proprio dall’unione viva con questa, con le sue radici di fede e le ricchezze della sua tradizione e delle sue esperienze, che essa trae la sua vitalità e la profondità della sua ispirazione e della sua dottrina. Separate dalla comunità universale, le Chiese particolari sentono di venire a perdere una loro dimensione essenziale».

 

In questa prospettiva trova il suo senso « la questione dei contatti e del dialogo dell’autorità che governa la Chiesa cattolica universale – la Santa Sede – con le autorità della Repubblica popolare cinese» che oggi sono in corso, e che sono finalizzati «a garantire alla comunità cattolica in Cina le condizioni essenziali perché possa essere se stessa, vivere e svolgere il suo servizio nel modo migliore, essendo cioè allo stesso tempo pienamente cinese e pienamente cattolica, inserita nel suo popolo e partecipe della comunità universale della Chiesa».

 

Lombardi ricorda il «duro periodo delle divisioni fra i cattolici e nell’episcopato», dopo la creazione, nel 1957, dell’Associazione Patriottica e leordinazioni di vescovi validi ma senza l’approvazione del Papa. Mentre da Roma si erano concesse «facoltà speciali» ai vescovi rimasti in comunione con Pietro, così da permettere loro di ordinare nuovi vescovi autonomamente, per stato di necessità. Una fase che la Santa Sede ritiene definitivamente superata, dato che lo stesso Papa Ratzinger ha revocato le «facoltà speciali». «Vi è – spiega Lombardi – un crescente numero di vescovi «illegittimi», aderenti all’Associazione, che chiedono in maniera riservata e ottengono la comunione con il Santo Padre, trovandosi così nella condizione di essere riconosciuti dalle due parti. A questa situazione, impropriamente descritta come coesistenza di una «Chiesa clandestinaˮ e di una «Chiesa patriotticaˮ in tensione fra loro, intende porre fine con chiarezza e decisione la Lettera di Benedetto XVI», offrendo indicazioni per la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni eucaristiche con un «sapiente spazio di valutazione e discernimento agli interessati» e proponendo «come evidente e indiscutibile l’obiettivo di arrivare a costituire una Conferenza episcopale unita».

 

È sempre la Lettera di Benedetto XVI ad auspicare «esplicitamente la ripresa di un dialogo della Santa Sede con le autorità cinesi, riconoscendo che nella vita della Chiesa non dev’essere considerato normale il fatto di trovarsi in situazione di «clandestinitàˮ». Un dialogo che «deve mirare anzitutto a risolvere le questioni aperte circa la nomina dei vescovi (è necessario che si riconosca che il mandato dell’ordinazione deve venire dal Papa); può inoltre mirare a facilitare il pieno esercizio della fede dei cattolici nel rispetto di un’autentica libertà religiosa e, infine, la normalizzazione dei rapporti fra la Santa Sede e il governo di Pechino».

 

Dopo alcuni anni di freddezza, questo dialogo «è stato ripreso sistematicamente nel corso del pontificato di Francesco, grazie al nuovo clima che si è creato». Il «sano realismo» a cui ci invita il Papa «comporta – osserva padre Lombardi – uno sguardo attento sulla realtà effettiva, che spesso non è descritta adeguatamente dalle definizioni formali. Queste infatti presentano il rischio dell’astrattezza o del tracciare confini rigidi fra il «biancoˮ e il «neroˮ, che non rendono ragione della complessità e della varietà delle situazioni. Perciò l’approccio di Francesco insiste sul «discernimento», perché nell’applicazione dei princìpi generali alle situazioni concrete si tenga conto di circostanze e aspetti particolari, così da giungere a una valutazione complessiva più adeguata degli atteggiamenti da assumere e delle decisioni da prendere».

 

La Chiesa in Cina – conclude l’articolo de «La Civiltà Cattolicaˮ – «pienamente cinese, deve impegnarsi con rinnovato slancio nella missione di evangelizzazione, per contribuire nel modo più efficace al bene del popolo cinese, con il suo messaggio religioso e morale e con il suo impegno caritativo e sociale: questa è l’urgenza prima e più grande. In questa opera essa è accompagnata e sostenuta dalla sincera attenzione e simpatia di Papa Francesco per il popolo cinese, e dalla solidarietà e unione spirituale con la Chiesa cattolica universale. Il dialogo della Santa Sede con le autorità della Repubblica popolare cinese mira esclusivamente a mettere la Chiesa cattolica cinese nelle condizioni migliori per svolgere tale missione, coerentemente con la sua natura religiosa».

Andrea Tornielli – VaticanInsider

| © vaticanmedia
3 Novembre 2017 | 12:00
Tempo di lettura: ca. 6 min.
benedetto XVI (48), cina (108), p.lombardi (1), Papa (1255)
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