Charles Morerod: «Il migrante? L'unica cosa che porta con sé è la sua fede»

I rappresentanti delle tre maggiori religioni in Svizzera due giorni fa, a Berna, hanno firmato un appello per i rifugiati. Nell’appello si esortano le comunità, lo stato e il mondo politico ad assumersi responsabilmente i bisogni dei rifugiati. È stata la prima volta che ebrei, cristiani e musulmani in Svizzera si sono espressi ad una sola voce sulla questione dei rifugiati. Sotto il titolo «C’è sempre un essere umano di fronte», la dichiarazione interreligiosa di Berna assume un carattere unico e rappresenta un grande passo per il dialogo tra le religioni.

Tra i firmatari anche mons. Charles Morerod, Presidente della Conferenza dei Vescovi svizzeri e membro del Consiglio svizzero delle religioni. Ecco il suo commento:

Perché i membri del Consiglio svizzero delle religioni hanno dato avvio a questa iniziativa?

«Quando qualcuno soffre, anche noi soffriamo con questa persona. È pertanto importante mostrare, che noi non agiamo solo spinti dal nostro credo, ma perché anzitutto ci sta a cuore l’umanità intera».

Non è ovvio che le religioni debbano preoccuparsi congiuntamente della questione migratoria?

«No, non è ovvio. Le religioni possono anche essere all’origine di conflitti. Più importante, è mostrare che le religioni sostengono la pace e la solidarietà tra gli uomini. Dobbiamo mostrare che ne siamo in grado. Questo lo dicono anche i credenti della nostra religione: dobbiamo impegnarci tutti assieme per i migranti».

La dichiarazione congiunta è stata trasmessa alla Vicepresidente del Consiglio nazionale Marina Carobbio. Perché lei?

«È importante che società civile e comunità religiosa cooperino. Dai politici sentiamo spesso, che le comunità religiose debbano aiutare nella gestione della questione migratoria. Cosa farà di concreto Carobbio con la dichiarazione che le abbiamo consegnato, sta a lei deciderlo. Il Consiglio nel frattempo farà la stessa cosa con la Consigliera nazionale Sommaruga»

È la prima volta che il Consiglio delle religioni si ingaggia politicamente. Ci sono progetti futuri che vanno nella stessa direzione?

«No, in questo momento non ce ne sono».

Ci sono  allo stato attuale, in Svizzera, progetti interreligiosi concreti per i migranti?

«Ci sono molti esempi al riguardo. Una volta, durante una visita pastorale in un centro per richiedenti l’asilo a Ginevra, ho potuto constatare il contributo concreto delle religioni: cuochi e persone con cui ho mangiato erano membri di diverse religioni. Non è l’eccezione, a Ginevra questo accade tutti i giorni».

Nel suo contatto con i migranti, è uscita la questione della fede?

«Ho visitato molteplici centri per richiedenti l’asilo. Gli asilanti cristiani di questi centri mi dicono spesso che per loro è importante che io li venga a trovare. Queste persone hanno abbandonato tutto; hanno preso con loro solo la loro fede. Non avendo molto di più la fede anzi si rafforza. Si sentono membri della nostra comunità. Ed è importante per me dimostrare loro che lo sono».

Kath.ch/red

 

9 Novembre 2018 | 13:53
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