«Cari migranti, molti non vi conoscono e hanno pauraˮ

«Molti non vi conoscono e hanno paura». È un antidoto contro la paura dell’altro, del diverso, dell’immigrato, la prima tappa della visita lampo del Pontefice a Bologna. Una visita che inizia dall’Hub Regionale dove sono accolti i migranti. Ce ne sono un migliaio ad attenderlo e salutarlo in questo «porto di approdo» emiliano. La parte più lunga e significativa dell’incontro non è quella dedicata al discorso, ma quella del saluto personale con gli ospiti.

 

Al suo arrivo, il Papa è accolto da una operatrice musulmana con il velo che lavora nel centro e che gli mette al polso un braccialetto giallo con un numero identificativo, identico a quello indossato da tutti gli ospiti dell’Hub. Bergoglio si ferma lungamente, sotto la pioggia e senza ombrello, per salutare uno ad uno gli immigrati disposti lungo due file di transenne, andando avanti e indietro da lato all’altro, perché nessuno rimanga escluso. Ci sono numerosi africani e un gruppo del Bangladesh. Moltissimi chiedono di poter fare un selfie. «I like Papa, I am from Senegal» gli dice uno degli ospiti abbracciandolo. Un altro gli regala un ritratto dipinto da lui. Un cartello recita: «Ho già visto troppa guerra». In un altro, scritto su un cartone, alcuni ragazzi africani scrivono: «Abbiamo bisogno dei documenti». Migliaia di mani che portano sul polso il braccialetto giallo stringono quella affaticata ma resistente del Papa, accolto da canti, cori da stadio e dalla gioia esuberante di gruppi di ragazze.

 

Prendendo la parola da una piccola pedana sormontata da una tenda, Francesco parla di conoscenza, vicinanza, integrazione. E chiede gestione trasparente del fenomeno migratorio, con meccanismi chiari, mettendo in guardia da «distorsioni e sfruttamenti ancora più inaccettabili perché fatti sui poveri». «Ho voluto che fosse proprio qui il mio primo incontro con Bologna, questo è il «porto» di approdo di coloro che vengono da più lontano e con sacrifici che a volte non riuscite nemmeno a raccontare. Molti non vi conoscono e hanno paura. Questa li fa sentire in diritto di giudicare e di poterlo fare con durezza e freddezza credendo anche di vedere bene. Ma non è così».

 

Infatti, spiega il Papa, «si vede bene solo con la vicinanza che dà la misericordia. Senza questa, l’altro resta un estraneo, addirittura un nemico, e non può diventare il mio prossimo. Da lontano possiamo dire e pensare qualsiasi cosa, come facilmente accade quando si scrivono frasi terribili e insulti via internet. Se guardiamo il prossimo senza misericordia, non ci rendiamo conto della sua sofferenza, dei suoi problemi. Se guardiamo gli altri senza misericordia, anche rischiamo che Dio ci guardi senza misericordia. Oggi vedo solo tanta voglia di amicizia e di aiuto».

 

Francesco dice: «In voi vedo, come in ogni forestiero che bussa alla nostra porta, Gesù Cristo, che si identifica con lo straniero, di ogni epoca e condizione, accolto o rifiutato». Poi parla di come si accoglie, facendo un nuovo appello ai Paesi coinvolti. «Il fenomeno richiede visione e grande determinazione nella gestione, intelligenza e strutture, meccanismi chiari che non permettano distorsioni o sfruttamenti, ancora più inaccettabili perché fatti sui poveri. Credo davvero necessario che un numero maggiore di Paesi adottino programmi di sostegno privato e comunitario all’accoglienza e aprano corridoi umanitari per i rifugiati in situazioni più difficili, per evitare attese insopportabili e tempi persi che possono illudere».

 

L’integrazione, spiega ancora il Pontefice «inizia con la conoscenza. Il contatto con l’altro porta a scoprire il «segreto» che ognuno porta con sé e anche il dono che rappresenta, ad aprirsi a lui per accoglierne gli aspetti validi, imparando così a volergli bene e vincendo la paura, aiutandolo ad inserirsi nella nuova comunità che lo accoglie. Ognuno di voi – aggiunge a braccio – ha la propria storia e questa storia è qualcosa di sacro, dobbiamo rispettarla, aiutarla, riceverla e aiutare ad andare avanti».

 

Bergoglio ricorda la presenza dei minorenni, che «hanno un particolare bisogno di tenerezza e hanno diritto alla protezione, che preveda programmi di custodia temporanea o di affidamento». 

 

«Vengo in mezzo a voi – aggiunge il Papa – perché voglio portare nei miei i vostri occhi – ho guardato i vostri occhi! – nel mio il vostro cuore. Voglio portare con me i vostri volti che chiedono di essere ricordati, aiutati, direi «adottati», perché in fondo cercate qualcuno che scommetta su di voi, che vi dia fiducia, che vi aiuti a trovare quel futuro la cui speranza vi ha fatto arrivare fino a qui. Ma, sapete cosa siete voi? Siete dei «lottatori di speranza». Qualcuno non è arrivato perché è stato inghiottito dal deserto o dal mare. Gli uomini non li ricordano, ma Dio conosce i loro nomi e li accoglie accanto a sé. Facciamo tutti un istante di silenzio ricordandoli e pregando per loro».

 

«La speranza non diventi delusione o, peggio, disperazione – dice ancora Francesco – grazie a tanti che vi aiutano a non perderla. Nel mio cuore voglio portare la vostra paura, le difficoltà, i rischi, l’incertezza… E anche le tante scritte: «aiutaci ad avere dei documentiˮ. Le persone che amate, che vi sono care e per le quali vi siete messi a cercare un futuro. Portarvi negli occhi e nel cuore ci aiuterà a lavorare di più per una città accogliente e capace di generare opportunità per tutti. Per questo vi esorto ad essere aperti alla cultura di questa città, pronti a camminare sulla strada indicata dalle leggi di questo Paese».

 

Francesco ha concluso ricordando la grande tradizione di ospitalità bolognese, in parrocchie, istituzioni ma anche famiglie: «Come vorrei che queste esperienze, possibili per tutti, si moltiplicassero! La città non abbia paura di donare i cinque pani e i due pesci: la Provvidenza interverrà e tutti saranno saziati». Infine ha ricordato che Bologna è stata la prima città in Europa, 760 anni fa, «a liberare i servi dalla schiavitù. Erano esattamente 5855. Tantissimi. Eppure Bologna non ebbe pauraVennero riscattati dal Comune, cioè dalla città. Forse lo fecero anche per ragioni economiche, perché la libertà aiuta tutti e a tutti conviene. Non ebbero timore di accogliere quelle che allora erano considerate «non persone» e riconoscerle come esseri umani. Scrissero in un libro i nomi di ognuno di loro! Come vorrei che anche i vostri nomi fossero scritti e ricordati per trovare assieme, come avvenne allora, un futuro comune».

2 Ottobre 2017 | 12:10
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bologna (5), migranti (422), Papa (1255)
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