La cattedrale di San Lorenzo a Lugano.
Ticino e Grigionitaliano

Capodanno con il vescovo Valerio in Cattedrale

di Gianni Ballabio


Il Vescovo ha aperto la celebrazione del mattino in cattedrale, rivolgendo un «augurio affettuoso» ai fedeli presenti e a quanti seguivano la Santa Messa alla RSI. Ha elevato al Signore «il grazie per l’anno trascorso», invocandone «la benedizione sul nuovo e il dono della pace per tutta l’umanità». Con Mons. Lazzeri, assistito da due diaconi, hanno concelebrato l’arciprete del Capitolo Azzolino Chiappini, i canonici Nicola Zanini, Aldo Aliverti, Ernesto Volonté e il cerimoniere vescovile Emanuele Di Marco. Il canto era affidato a un gruppo di coristi, diretti dal maestro Giovanni Conti, con all’organo Walter Zweifel. «Ogni anno il mattino del primo giorno di gennaio – ha sottolineato il Vescovo aprendo la sua omelia – ci regala l’effimera sensazione che qualcosa possa ricominciar anche in noi», nella possibilità di «archiviare una serie di vicende che hanno finito per stancarci» e di «poter aprire una pagina nuova, bianca, disponibile», in cui «cominciare a scrivere una storia diversa, più bella, più significativa, più libera dagli errori già commessi altre volte». Eppure, ha subito aggiunto, «sappiamo benissimo che questo effetto di capodanno dura poco e che i cosiddetti buoni propositi non fanno fatica a scivolare via dalla nostra coscienza», anche se «non dobbiamo ridicolizzare questo bisogno di novità», perché «è un’esigenza umana vera». Partendo da questa premessa, Mons. Lazzeri ha richiamato che «l’essere umano ha fame e sete di parole capaci di rinnovare da dentro i suoi modi di pensare, le mentalità e le abitudini inveterate. Ci occorrono parole di gratuità, che devono diventare pratiche di speranza da trasmettere a un intero popolo». E’ la realizzazione della «promessa antica»; è «l’auspicio di Dio che si concretizza e si manifesta a Natale», quando «il Nome, risuonato dal cielo, si posa sull’umanità concreta del Figlio e il racconto che Dio ha voluto da sempre fare di sé diventa udibile e percepibile in una carne umana singolare sulla terra».

Immediato il richiamo al «mistero della divina maternità di Maria che non a caso celebriamo in questo primo giorno dell’anno civile», ha sottolineato mons. Lazzeri, ricordando che la fede di Maria dà a questo Nome «la possibilità di imprimersi indelebilmente nel profondo del nostro essere, come il sigillo divino che ci fa passare dalla schiavitù alla figliolanza», fino a poter chiamare Dio: «Abbà, Padre».
Si comprende allora dove ha la sua radice vera «il desiderio di voltare pagina, l’ansia di fare qualcosa per rinnovare la nostra vita, il bisogno di lasciarci alle spalle un passato da cui non vogliamo più lasciarci appesantire». Non si tratta infatti «di una nostra invenzione, di un’idea ridicola o di una bizzarria insensata», ma è «il riflesso di quello che siamo e che vuole vivere in noi. E’ il bisogno di nascere realmente dopo essere venuti al mondo, di essere riconosciuti e illuminati dal Suo sguardo». Infatti «se il volto dell’uomo non risplende di luce divina, ciò che abbiamo da trasmetterci non sarà che la paura che ci induce a difenderci». Inoltre se «il Nome di Dio non è realmente posto nelle nostre esistenze concrete, potremo forse accordarci su ciò che ci piace, su ciò che è utile o conviene», ma «non potremo gustare nel tempo quell’anticipo di pienezza a cui siamo destinati». Ecco allora «la nostra missione di cristiani : tenere viva nel mondo questa specifica fiamma di speranza, questa inconfondibile qualità divina di vita umana», che «solo da Dio sarebbe potuta venirci e in Cristo ci è stata concretamente data». Con una preghiera: «ci guidi nel nuovo anno la fede incrollabile della Madre di Dio», mentre «il tempo che passa, la storia con i suoi travagli e le sue fatiche, è l’ambito vero in cui fare l’incontro che salva». Ha così invitato ad abbracciare «senza reticenze il nuovo anno» e a camminare «insieme verso il compimento in Cristo, di cui sin da oggi possiamo cogliere tra noi i sorprendenti riflessi». Al termine della celebrazione, prima della benedizione finale, il Vescovo ha rinnovato il suo augurio, rivolgendo un pensiero particolare alle persone provate dalla malattia o dalla solitudine. Ha invitato ad «affidare al Signore il nostro cammino nel tempo in attesa del giorno senza fine».

La cattedrale di San Lorenzo a Lugano.
1 Gennaio 2020 | 16:25
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capodanno (11), lugano (400), vescovo (110)
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